Carissimi,
credo sia utile riportare alcuni pensieri significativi del Santo Padre su varie tematiche.
Brevi frasi che offrano spunti di riflessione e, se qualcuno volesse dare il proprio contributo, di approfondimento e di dialogo.
Vi aspetto numerosi per un confronto costruttivo.
Il Cristianesimo promette la vita eterna
(Omelia Solennità Assunzione Beata Vergine Maria 15 agosto 2010)
"Il Cristianesimo non annuncia solo una qualche salvezza dell'anima in un impreciso aldilà, nel quale tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette la vita eterna, la vita del mondo che verrà: niente di ciò che ci è prezioso e caro andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio”.
Vivere l'attimo fuggente non porta la felicità duratura
(Udienza generale 25 agosto 2010)
"Spesso si preferisce vivere solo l'attimo fuggente, illudendosi che porti felicità duratura; si ha paura di cercare la Verità o forse si ha paura che la Verità ci trovi, ci afferri e ci cambi la vita".
Cristo modello di umiltà e di gratuità
(Angelus 29 agosto 2010)
Guardiamo a Cristo come modello di umiltà e di gratuità, da Lui apprendiamo la pazienza nelle tentazioni, la mitezza nelle offese, l’obbedienza a Dio nel dolore.
Un vero rinnovamento della comunità ecclesiale non si ottiene tanto con il cambiamento delle strutture, quanto con un sincero spirito di penitenza e un cammino operoso di conversione.
(Udienza generale di mercoledì 8 settembre 2010)
Il segreto del Cristianesimo: la Misericordia di Dio
(Angelus 12 settembre 2010)
Cari amici, come non aprire il nostro cuore alla certezza che, pur essendo peccatori, siamo amati da Dio? Egli non si stanca mai di venirci incontro, percorre sempre per primo la strada che ci separa da Lui.
Il Papa ai giovani cattolici di Scozia
(Glasgow 16 settembre 2010)
Vi esorto a vivere una vita degna di nostro Signore e di voi stessi. Vi sono molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno: droga, denaro, sesso, pornografia, alcool, che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione. C’è una sola cosa che permane: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed amatelo, ed Egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell’esistenza seducente ma superficiale frequentemente proposta dalla società di oggi. Lasciate da parte ciò che non è degno di valore e prendete consapevolezza della vostra dignità di figli di Dio.
Il Papa ai giovani: SIAMO STATI FATTI PER AMARE
(Londra - Cattedrale di Westminster 18 settembre 2010)
Chiedo a ognuno di voi di guardare dentro al proprio cuore, pensate a tutto l'amore per ricevere il quale il vostro cuore è stato creato e a tutto l'amore che esso è chiamato a donare. In fin dei conti siamo stati fatti per amare.
Il nostro “destino eterno”
(Angelus 26 settembre 2010)
Il nostro destino eterno è condizionato dal nostro atteggiamento, sta a noi seguire la strada che Dio ci ha mostrato per giungere alla vita, e questa strada è l’amore, non inteso come sentimento, ma come servizio agli altri, nella carità di Cristo.
IL CAPOLAVORO DELL'ESSERE UMANO E' OGNI SUO ATTO DI AMORE AUTENTICO
(Venerdì 1 ottobre 2010, in Aula Paolo VI, al termine di un concerto in onore del Santo Padre)
L’opera d’arte più bella, il capolavoro dell’essere umano , è ogni suo atto di amore autentico, dal più piccolo, nel martirio quotidiano, fino all’estremo sacrificio. Qui la vita stessa si fa canto, un anticipo di quella sinfonia che canteremo insieme in Paradiso.
IL DONO PIù GRANDE: ESSERE CHIESA
(Palermo, domenica 3 ottobre 2010)
Ecco il dono più grande che abbiamo ricevuto: essere Chiesa, essere in Cristo segno e strumento di pace, di unità, di vera libertà. Nessuno può toglierci questa gioia! Nessuno può toglierci questa forza! Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi!
IL CENTRO DI UNA VITA FELICE E' L'AMICIZIA CON GESU'
(Udienza generale del 6 ottobre 2010)
Il centro di una vita felice, di una vera vita, è l’amicizia con Gesù. Questa amicizia s’impara nell’amore per la Sacra Scrittura, nell’amore per la liturgia, nella fede profonda, nell’amore per Maria, per conoscere sempre più realmente Dio stesso e così la vera felicità, meta della nostra vita.
SIAMO INVITATI A LASCIARCI GUIDARE DA MARIA
(Angelus 10 ottobre 2010)
Il mese di ottobre è detto il mese del Rosario. Si tratta, per così dire, di un’intonazione spirituale data dalla memoria liturgica della Beata Vergine Maria del Rosario, che si celebra il giorno 7. Siamo dunque invitati a lasciarci guidare da Maria in questa preghiera antica e sempre nuova, che a Lei è specialmente cara perché ci conduce direttamente a Gesù, contemplato nei suoi misteri di salvezza: gioiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi. Sulle orme del Venerabile Giovanni Paolo II, vorrei ricordare che il Rosario è preghiera biblica, tutta intessuta di Sacra Scrittura. E’ preghiera del cuore, in cui la ripetizione dell’"Ave Maria" orienta il pensiero e l’affetto verso Cristo, e quindi si fa supplica fiduciosa alla Madre sua e nostra. E’ preghiera che aiuta a meditare la Parola di Dio e ad assimilare la Comunione eucaristica, sul modello di Maria che custodiva nel suo cuore tutto ciò che Gesù faceva e diceva, e la sua stessa presenza.
OCCORRE PREGARE SEMPRE, SENZA STANCARSI
(P.zza S.Pietro, domenica 17 ottobre 2010)
Dio è la generosità in persona, è misericordioso, e quindi è sempre disposto ad ascoltare le preghiere. Pertanto, non dobbiamo mai disperare, ma insistere sempre nella preghiera.
I CRISTIANI TRASCORRONO L'ESISTENZA SULLA TERRA, MA SONO CITTADINI DEL CIELO
(Angelus 24 ottobre 2010)
Il compito missionario non è rivoluzionare il mondo, ma trasfigurarlo, attingendo la forza da Gesù Cristo che "ci convoca alla mensa della sua Parola e dell’Eucaristia, per gustare il dono della sua Presenza, formarci alla sua scuola e vivere sempre più consapevolmente uniti a Lui, Maestro e Signore" (Messaggio per la 84.ma Giornata Missionaria Mondiale).
Anche i cristiani di oggi mostrano come sia meravigliosa e straordinaria la loro vita associata. Trascorrono l’esistenza sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro modo di vivere oltrepassano le leggi. Sono condannati a morte, e da essa traggono vita. Pur facendo il bene, sono perseguitati e crescono di numero ogni giorno.
ESSERE GRANDI VUOL DIRE AMARE TANTO GESU'
(discorso ai giovani dell'Azione Cattolica radunati in Piazza San Pietro sabato 30 ottobre 2010)
Troppo spesso oggi l’amore è ridotto a merce di scambio, da consumare senza rispetto di se stessi e degli altri. Così - spiega il Papa - l'immagine dell'amore proposto dai media e da internet è spesso egoismo, chiusura, illusione di un momento, qualcosa che vi lega come una catena, qualcosa che soffoca il pensiero e quella forza insopprimibile che è l’amore vero che, certo, costa anche sacrificio.
Sappiate che il mondo degli adulti è chiamato in causa seriamente, perchè ha il dovere di esservi di esempio, di dirvi parole vere e alte.
Cari ragazzi, essere grandi vuol dire amare tanto Gesù ascoltandolo e parlando con lui nella preghiera, incontrarlo nei sacramenti, nella confessione ed anche nei più poveri, negli ammalati, per crescere insieme.
DIO VEDE IN OGNUNO UN'ANIMA DA SALVARE
(Angelus 31 ottobre 2010)
Dio non si lascia condizionare dai nostri pregiudizi umani, ma vede in ognuno un’anima da salvare ed è attratto specialmente da quelle che sono giudicate perdute e che si considerano esse stesse tali.
Gesù Cristo, incarnazione di Dio, ha dimostrato questa immensa misericordia, che non toglie nulla alla gravità del peccato, ma mira sempre a salvare il peccatore, ad offrirgli la possibilità di riscattarsi, di ricominciare da capo, di convertirsi.
DIO E' AMORE
(Udienza generale mercoledì 1 dicembre 2010)
Dio è amore e solo quando ci si apre totalmente a questo amore e si lascia che esso diventi l'unica guida dell'esistenza, tutto viene trasfigurato, si trovano la vera pace e la vera gioia.
LA MISERICORDIA DI DIO È PIÙ POTENTE DEL MALE
(Solennità dell’Immacolata Concezione – 8 dicembre 2010)
In mezzo alle prove della vita e specialmente alle contraddizioni che l’uomo sperimenta dentro di sé e intorno a sé, Maria, Madre di Cristo, ci dice che la Grazia è più grande del peccato, che la misericordia di Dio è più potente del male e sa trasformarlo in bene. Purtroppo ogni giorno noi facciamo esperienza del male, che si manifesta in molti modi nelle relazioni e negli avvenimenti, ma che ha la sua radice nel cuore dell’uomo, un cuore ferito, malato, e incapace di guarirsi da solo.
Questa donna, la Vergine Maria, ha beneficiato in anticipo della morte redentrice del suo Figlio e fin dal concepimento è stata preservata dal contagio della colpa. Perciò, con il suo cuore immacolato, Lei ci dice: affidatevi a Gesù, Lui vi salverà.
Alla sua intercessione affido le necessità più urgenti della Chiesa e del mondo. Ella ci aiuti soprattutto ad avere fede in Dio, a credere nella sua Parola, a rigettare sempre il male e a scegliere il bene.
LA LUCE DELLA VERITA’ CAMBIA IL MONDO
(S. Messa celebrata nella Parrocchia romana di S. Massimiliano Kolbe nella terza Domenica di Avvento – 12 dicembre 2010)
Non è la violenta rivoluzione che cambia il mondo, ma la silenziosa luce della verità, segno della presenza di Dio, che ci da' la certezza che siamo amati e non siamo il prodotto del caso ma di una volontà d'amore.
IL NATALE E' MOTIVO DI SPERANZA PER OGNI UOMO
(dal Messaggio di Natale 2010)
La Nascita di Gesù è motivo di speranza per tutti gli uomini.
Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi, Dio non è lontano, non è uno sconosciuto, ma ha un volto, quello di Gesù.
La rivelazione che il Verbo si è fatto carne, è un messaggio sempre nuovo, sempre sorprendente, perché oltrepassa ogni nostra più audace speranza. Soprattutto perché non è solo un annuncio: è un avvenimento, un accadimento, che testimoni credibili hanno veduto, udito, toccato nella Persona di Gesù di Nazareth.
Tuttavia, come può la Parola eterna e onnipotente diventare un uomo fragile e mortale?
Non c’è che una risposta: l’Amore. Chi ama vuole condividere con l’amato, vuole essere unito a lui, e la Sacra Scrittura ci presenta proprio la grande storia dell’amore di Dio per il suo popolo, culminata in Gesù Cristo.
Il Verbo si fece carne. La luce di questa verità si manifesta a chi la accoglie con fede, perché è un mistero d’amore. Solo quanti si aprono all’amore sono avvolti dalla luce del Natale. Così fu nella notte di Betlemme, e così è anche oggi.
L’incarnazione del Figlio di Dio è un avvenimento che è accaduto nella storia, ma nello stesso tempo la oltrepassa, perché si è accesa una luce nuova, che si lascia vedere dagli occhi semplici della fede, dal cuore mite e umile di chi attende il Salvatore.
LA GUERRA È IL VOLTO ORRENDO DELLA STORIA
(S.Messa del giorno 1 gennaio 2011 - Solennità della Madre di Dio)
La pace che Dio ha donato con suo Figlio al mondo rischia ogni giorno di essere soffocata dalle guerre, che sono il volto orrendo della storia. Violenze che mettono a rischio interi popoli e, fra loro, la comunità cristiana troppo spesso discriminata. Per cui non bastano le parole, ma serve che le nazioni agiscano con un rinnovato spirito di pace.
E’ bene iniziare un nuovo tratto di cammino ponendosi con decisione sulla via della pace. Oggi, vogliamo raccogliere il grido di tanti uomini, donne, bambini e anziani vittime della guerra, che è il volto più orrendo e violento della storia.
La libertà religiosa è elemento imprescindibile di uno Stato di diritto; non la si può negare senza intaccare nel tempo tutti i diritti e le libertà fondamentali, essendone sintesi e vertice.
L’umanità non può mostrarsi rassegnata alla forza negativa dell’egoismo e della violenza; non deve fare l’abitudine a conflitti che provocano vittime e mettono a rischio il futuro dei popoli. Di fronte alle minacciose tensioni del momento, di fronte specialmente alle discriminazioni, ai soprusi e alle intolleranze religiose, che oggi colpiscono in modo particolare i cristiani, ancora una volta rivolgo il pressante invito a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione.
Per questo difficile compito non bastano le parole, occorre l’impegno concreto e costante dei responsabili delle nazioni, ma è necessario soprattutto che ogni persona sia animata dall’autentico spirito di pace, da implorare sempre nuovamente nella preghiera e da vivere nelle relazioni quotidiane, in ogni ambiente.
LA PAROLA DI DIO E' LA VERA STELLA
(S.Messa del giorno 6 gennaio 2011 - Solennità dell'Epifania)
La potenza di Dio si manifesta in modo del tutto differente: a Betlemme, dove incontriamo l’apparente impotenza del suo amore. Ed è là che noi dobbiamo andare, ed è là che ritroviamo la stella di Dio.
Così ci appare ben chiaro anche un ultimo elemento importante della vicenda dei Magi: il linguaggio del creato ci permette di percorrere un buon tratto di strada verso Dio, ma non ci dona la luce definitiva. Alla fine, per i Magi è stato indispensabile ascoltare la voce delle Sacre Scritture: solo esse potevano indicare loro la via.
E’ la Parola di Dio la vera stella, che, nell’incertezza dei discorsi umani, ci offre l’immenso splendore della verità divina. Cari fratelli e sorelle, lasciamoci guidare dalla stella, che è la Parola di Dio, seguiamola nella nostra vita, camminando con la Chiesa, dove la Parola ha piantato la sua tenda.
La nostra strada sarà sempre illuminata da una luce che nessun altro segno può darci. E potremo anche noi diventare stelle per gli altri, riflesso di quella luce che Cristo ha fatto risplendere su di noi.
LA FEDE, IL DONO PIU’ PREZIOSO NELLA VITA
(Omelia della S. Messa per la festa del Battesimo del Signore, nella quale il Santo Padre ha battezzato 21 bambini)
Donandoci la fede, il Signore ci ha dato ciò che vi è di più prezioso nella vita, e cioè il motivo più vero e più bello per cui vivere.
La collaborazione tra comunità cristiana e famiglia è quanto mai necessaria nell’attuale contesto sociale in cui l’istituto familiare è minacciato da più parti e si trova a far fronte a non poche difficoltà nella sua missione di educare alla fede.
Il venir meno di stabili riferimenti culturali e la rapida trasformazione della società, rendono davvero arduo l’impegno educativo, perciò è necessario che le parrocchie si adoperino sempre più nel sostenere le famiglie, piccole chiese domestiche, nel loro compito di trasmissione della fede.
LA BELLEZZA E LA GIOIA DI ESSERE BATTEZZATI
(Angelus del 9 gennaio 2011)
Desidero incoraggiare tutti i fedeli a riscoprire la bellezza di essere battezzati, di appartenere alla grande famiglia di Dio e a dare gioiosa testimonianza della propria fede, affinché essa generi frutti di bene e di concordia.
Ogni battezzato acquista il carattere di figlio di Dio a partire dal nome cristiano, segno inconfondibile che lo Spirito Santo fa nascere di nuovo l’uomo dal grembo della Chiesa.
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITA' DEI CRISTIANI (18-25 gennaio)
(Angelus del 16 gennaio 2011)
La Chiesa è segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano, per questo è fondamentale che i cristiani, pur essendo sparsi in tutto il mondo e, perciò, diversi per culture e tradizioni, siano una cosa sola, come vuole il Signore.
E’ questo lo scopo della "Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani", che avrà luogo nei prossimi giorni, dal 18 al 25 gennaio. Quest’anno essa si ispira ad un passo degli Atti degli Apostoli: "Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" (At 2,42).
L’Ottavario per l’unità dei cristiani è preceduto, domani, dalla Giornata del dialogo ebraico-cristiano: un accostamento molto significativo, che richiama l’importanza delle radici comuni che uniscono ebrei e cristiani.
IL SERIO IMPEGNO DI CONVERSIONE A CRISTO E' LA VIA CHE CONDUCE LA CHIESA ALLA PIENA UNITA' VISIBILE
(Angelus del 23 gennaio 2011)
In questi giorni, dal 18 al 25 gennaio, si sta svolgendo la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Quest’anno essa ha per tema un passo del libro degli Atti degli Apostoli, che riassume in poche parole la vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme: “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera” (At 2,42).
Anche oggi, per essere nel mondo segno e strumento di intima unione con Dio e di unità tra gli uomini, noi cristiani dobbiamo fondare la nostra vita su questi quattro “cardini”: l’ascolto della Parola di Dio trasmessa nella viva Tradizione della Chiesa, la comunione fraterna, l’Eucaristia e la preghiera.
Solo in questo modo, rimanendo saldamente unita a Cristo, la Chiesa può compiere efficacemente la sua missione, malgrado i limiti e le mancanze dei suoi membri, malgrado le divisioni, che già l’apostolo Paolo dovette affrontare nella comunità di Corinto, come ricorda la seconda Lettura biblica di questa domenica: “Vi esorto, fratelli – scrive san Paolo – ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire” (1,10). L’Apostolo, infatti, aveva saputo che nella comunità cristiana di Corinto erano nate discordie e divisioni; perciò, con grande fermezza, aggiunge: “E’ forse diviso il Cristo?” (1,13).
Così dicendo, egli afferma che ogni divisione nella Chiesa è un’offesa a Cristo; e, al tempo stesso, che è sempre in Lui, unico Capo e Signore, che possiamo ritrovarci uniti, per la forza inesauribile della sua grazia.
LE BEATITUDINI, UN NUOVO PROGRAMMA DI VITA
(Angelus del 30 gennaio 2011)
La Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società spesso attratta dal benessere materiale e dal potere mondano, perché come scrive san Paolo, «quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono» (1 Cor 1,27-28).
Quando Gesù proclama beati i poveri in spirito, gli afflitti, i misericordiosi, quanti hanno fame della giustizia, i puri di cuore, i perseguitati, non presenta una nuova ideologia, ma un insegnamento che viene dall’alto e tocca la condizione umana ed è diretto a tutto il mondo, nel presente e nel futuro… e può essere compreso e vissuto solo nella sequela di Gesù, nel camminare con Lui.
Le Beatitudini, infatti, "sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri".
Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei Cieli. Le Beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell’esistenza dei discepoli. Esse rispecchiano la vita del Figlio di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza.
SIATE “SALE DELLA TERRA” E “LUCE DEL MONDO”
(Angelus del 6 febbraio 2011)
I discepoli del Signore sono chiamati a donare nuovo sapore al mondo e a preservarlo dalla corruzione, con la sapienza di Dio che risplende pienamente sul volto del Figlio, perché Egli è la luce vera che illumina ogni uomo.
Uniti a Lui, i cristiani possono diffondere in mezzo alle tenebre dell’indifferenza e dell’egoismo la luce dell’amore di Dio, vera sapienza, che dona significato all’esistenza e all’agire degli uomini.
TUTTI I PRECETTI DI GESU' SI RIASSUMONNO NEL COMANDAMENTO DELLA CARITA'
(Angelus del 13 febbraio 2011)
Ogni precetto datoci da Gesù diventa vero come esigenza d’amore, e tutti si ricongiungono in un unico comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso.
La novità di Gesù consiste, essenzialmente, nel fatto che Lui stesso riempie i comandamenti con l’amore di Dio, con la forza dello Spirito Santo che abita in Lui. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito Santo, che ci rende capaci di vivere l’amore divino.
Forse non è un caso che la prima grande predicazione di Gesù si chiami “Discorso della montagna”. Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la Legge di Dio e portarla al Popolo eletto. Gesù è il Figlio stesso di Dio che è disceso dal Cielo per portarci al Cielo, all’altezza di Dio, sulla via dell’amore. Anzi, Lui stesso è questa via: non dobbiamo far altro che seguire Lui, per mettere in pratica la volontà di Dio ed entrare nel suo Regno, nella vita eterna.
Una sola creatura è già arrivata alla cima della montagna: la Vergine Maria. Grazie all’unione con Gesù, la sua giustizia è stata perfetta: per questo la invochiamo Speculum iustitiae. Affidiamoci a Lei, perché guidi anche i nostri passi nella fedeltà alla Legge di Cristo.
PURIFICATE LA VOSTRA VITA PER INCONTRARE CRISTO
(Udienza Generale del giorno 16 febbraio 2011)
Il lungo e faticoso processo di purificazione esige, certo, lo sforzo personale, ma il vero protagonista è Dio: tutto quello che l'uomo può fare è disporsi, essere aperto all'azione divina e non porle ostacoli.
LA PERFEZIONE E’ FARE LA VOLONTA’ DI DIO
(Angelus del 20 febbraio 2011)
Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volontà di Dio, a realizzare una nuova forma di esistenza animata dall’amore e destinata all’eternità.
Quando si soffre per il male, la persecuzione, l’ingiustizia, evitiamo la rivincita, la vendetta e l’odio, e preghiamo per i persecutori. Affidiamo a Dio tutte queste avversità per raggiungere la libertà e la pace spirituale.
Se ascoltiamo, poi, Gesù, nel quale Dio ha assunto un corpo mortale per farsi prossimo di ogni uomo e rivelare il suo amore infinito per noi, ritroviamo quella stessa chiamata, quello stesso audace obiettivo.
Grande cosa è l’amore –leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo– un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo.
PRIVO DI FEDE L’UNIVERSO E’ UN SEPOLCRO SENZA FUTURO
(dal Messaggio per la Quaresima 2011)
Privo della luce della fede l'universo intero finisce rinchiuso dentro un sepolcro senza futuro, senza speranza.
La fede nella risurrezione dei morti e la speranza della vita eterna aprono il nostro sguardo al senso ultimo della nostra esistenza: Dio ha creato l'uomo per la risurrezione e per la vita e questa verità dona la dimensione autentica e definitiva alla storia degli uomini, alla loro esistenza personale e al loro vivere sociale, alla cultura, alla politica, all'economia.
Il nostro immergerci nella morte e risurrezione di Cristo attraverso il Sacramento del Battesimo, ci spinge ogni giorno a liberare il nostro cuore dal peso delle cose materiali, da un legame egoistico con la terra, che ci impoverisce e ci impedisce di essere disponibili e aperti a Dio e al prossimo.
Attraverso le pratiche tradizionali del digiuno, dell'elemosina e della preghiera, espressioni dell'impegno di conversione, la Quaresima educa a vivere in modo sempre più radicale l'amore di Cristo.
NON SI POSSONO SERVIRE DUE PADRONI: DIO E LA RICCHEZZA
(Angelus del 27 febbraio 2011)
Di fronte alla situazione di tante persone, vicine e lontane, che vivono in miseria, questo discorso di Gesù potrebbe apparire poco realistico, se non evasivo. In realtà, il Signore vuole far capire con chiarezza che non si può servire a due padroni: Dio e la ricchezza. Chi crede in Dio, Padre pieno d’amore per i suoi figli, mette al primo posto la ricerca del suo Regno, della sua volontà. E ciò è proprio il contrario del fatalismo o di un ingenuo irenismo. La fede nella Provvidenza, infatti, non dispensa dalla faticosa lotta per una vita dignitosa, ma libera dall’affanno per le cose e dalla paura del domani.
E’ chiaro che questo insegnamento di Gesù, pur rimanendo sempre vero e valido per tutti, viene praticato in modi diversi a seconda delle diverse vocazioni: un frate francescano potrà seguirlo in maniera più radicale, mentre un padre di famiglia dovrà tener conto dei propri doveri verso la moglie e i figli. In ogni caso, però, il cristiano si distingue per l’assoluta fiducia nel Padre celeste, come è stato per Gesù.
E’ proprio la relazione con Dio Padre che dà senso a tutta la vita di Cristo, alle sue parole, ai suoi gesti di salvezza, fino alla sua passione, morte e risurrezione. Gesù ci ha dimostrato che cosa significa vivere con i piedi ben piantati per terra, attenti alle concrete situazioni del prossimo, e al tempo stesso tenendo sempre il cuore in Cielo, immerso nella misericordia di Dio.
Alla luce della Parola di Dio di questa domenica vi invito ad invocare la Vergine Maria con il titolo di Madre della divina Provvidenza. A lei affidiamo la nostra vita, il cammino della Chiesa, le vicende della storia. In particolare, invochiamo la sua intercessione perché tutti impariamo a vivere secondo uno stile più semplice e sobrio, nella quotidiana operosità e nel rispetto del creato, che Dio ha affidato alla nostra custodia.
L’AMORE CRISTIANO È UN VINCOLO CHE LIBERA
(Visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia – 4 marzo 2011)
L’amore cristiano è un vincolo, ma un vincolo che libera.
Nel Battesimo dobbiamo conformarci a Cristo, trovare questo spirito dell’essere miti, senza violenza, di convincere con l’amore e con la bontà. Tuttavia occorre anche forza di volontà e impegno perseverante per rinnovare il dono del Battesimo, perché la grazia di questo sacramento non produce automaticamente una vita coerente.
Il Battesimo è quindi un impegno che costa e comporta un prezzo da pagare di persona, perché ciascuno è chiamato personalmente ad essere di Cristo e a vivere in Lui. Dio, infatti, instaura con ognuno una relazione, ognuno è chiamato con il nome suo, così che l’unità della Chiesa non è data da uno ‘stampo’ imposto dall’esterno, ma è il frutto di una concordia, di un comune impegno di comportarsi come Gesù, in forza del suo Spirito.
La chiamata di ogni cristiano è il mistero dell’incontro con Gesù, mediante il quale Dio Padre ci chiama alla comunione con Sé e per questo ci vuole donare il suo Spirito.
La vita cristiana comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta fino alla fine. Essere sacerdoti implica umiltà, conformarsi a Cristo, imitare il Dio che scende fino a me, che è così grande che si fa mio amico, soffre per me, è morto per me. Questa è l’umiltà da imparare.
L’amore cristiano è così un vincolo con il quale ci leghiamo sia gli uni agli altri, sia con Dio. Non una catena che ferisce o dà crampi alle mani, ma le lascia libere.
Bisogna avere mani e cuore legati da quel vincolo d’amore che Lui stesso ha accettato per noi facendosi nostro servo.
PERCHE’ LA QUARESIMA? PERCHE’ LA CROCE?
(Angelus del 13 marzo 2011)
Se ci domandiamo: perché la Quaresima? perché la Croce?, la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male.
Ma questa affermazione non è affatto scontata, e la stessa parola "peccato" da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell’uomo.
In effetti è vero: se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato.
Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal "senso di colpa" come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio.
Lo esprime il Salmo Miserere, attribuito al re Davide in occasione del suo duplice peccato di adulterio e di omicidio: "Contro di te – dice Davide rivolgendosi a Dio – contro te solo ho peccato" (Sal 51,6).
Di fronte al male morale, l’atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore. Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva.
Per salvare l’umanità, Dio interviene: lo vediamo in tutta la storia del popolo ebraico, a partire dalla liberazione dall’Egitto. Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà. E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato.
Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: per liberare gli uomini dal dominio di Satana, "origine e causa di ogni peccato". Lo ha mandato nella nostra carne mortale perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce.
Contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, che viene proclamato ogni anno nella Prima Domenica di Quaresima. Infatti, entrare in questo Tempo liturgico significa ogni volta schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa – il combattimento spirituale contro lo spirito del male.
GESU’ E’ LA PERFETTA RIVELAZIONE DEL PADRE
(S.Messa di domenica 20 marzo 2011 nella Parrocchia romana di San Corbiniano)
La Trasfigurazione è una rivelazione della persona di Gesù, della sua realtà profonda. Infatti, i testimoni oculari dell’evento, cioè i tre Apostoli, furono avvolti da una nube, anch’essa luminosa – che nella Bibbia annuncia sempre la presenza di Dio – e udirono una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». Con questo evento i discepoli vengono preparati al mistero pasquale di Gesù: a superare la terribile prova della passione e anche a comprendere bene il fatto luminoso della risurrezione.
Il racconto parla anche di Mosè ed Elia, che apparvero e conversavano con Gesù. Effettivamente questo episodio ha un rapporto con altre due rivelazioni divine. Mosè era salito sul monte Sinai, e lì aveva avuto la rivelazione di Dio. Aveva chiesto di vedere la sua gloria, ma Dio gli aveva risposto che non l’avrebbe visto in faccia, ma solo di spalle.
In modo analogo, anche Elia ebbe una rivelazione di Dio sul monte: una manifestazione più intima, non con una tempesta, con un terremoto, o con il fuoco, ma con una brezza leggera.
A differenza di questi due episodi, nella Trasfigurazione non è Gesù ad avere la rivelazione di Dio, bensì è proprio in Lui che Dio si rivela e che rivela il suo volto agli Apostoli. Quindi, chi vuole conoscere Dio, deve contemplare il volto di Gesù, il suo volto trasfigurato: Gesù è la perfetta rivelazione della santità e della misericordia del Padre.
Inoltre, ricordiamo che sul monte Sinai Mosè ebbe anche la rivelazione della volontà di Dio: i dieci Comandamenti. E, sempre sul monte, Elia ebbe da Dio la rivelazione divina di una missione da compiere. Gesù, invece, non riceve la rivelazione di ciò che dovrà compiere: già lo conosce; sono piuttosto gli Apostoli a sentire, nella nube, la voce di Dio che comanda: «Ascoltatelo».
La volontà di Dio si rivela pienamente nella persona di Gesù. Chi vuole vivere secondo la volontà di Dio, deve seguire Gesù, ascoltarlo, accoglierne le parole e, con l’aiuto dello Spirito Santo, approfondirle.
GESU’ CI ASPETTA PER PARLARE AL NOSTRO CUORE
(Angelus del 27 marzo 2011)
L'onnipotenza dell'Amore rispetta sempre la libertà dell'uomo; bussa al suo cuore e attende con pazienza la sua risposta.
La sete di Cristo alberga nel cuore degli uomini. Dio Padre Lo ha mandato a saziare la nostra sete di vita eterna, donandoci il Suo amore; ma per farci sentire questo dono, Gesù chiede la nostra fede.
Ciascuno di noi, quindi, può immedesimarsi con la donna samaritana. Gesù infatti ci aspetta, specialmente in questo tempo di Quaresima, per parlare al nostro cuore.
Fermiamoci un momento in silenzio nella nostra stanza, o in una chiesa, o in un luogo appartato, per ascoltare la voce del Padre Celeste che ci chiama alla vera felicità.
GESU', LUCE DEL MONDO
(Angelus del 3 aprile 2011)
È da evidenziare come una persona semplice e sincera, in modo graduale, compie un cammino di fede: in un primo momento incontra Gesù come un “uomo” tra gli altri, poi lo considera un “profeta”, infine i suoi occhi si aprono e lo proclama “Signore”.
In Lui, rinvigoriti dallo Spirito Santo, riceviamo la forza per vincere il male e operare il bene. Infatti la vita cristiana è una continua conformazione a Cristo, immagine dell’uomo nuovo, per giungere alla piena comunione con Dio.
Il Signore Gesù è “la luce del mondo”, perché in Lui risplende la conoscenza della gloria di Dio, che continua a rivelare nella complessa trama della storia quale sia il senso dell’esistenza umana.
Nel rito del Battesimo la consegna della candela, accesa al grande cero pasquale simbolo di Cristo Risorto, è un segno che aiuta a cogliere ciò che avviene nel Sacramento. Quando la nostra vita si lascia illuminare dal mistero di Cristo, sperimenta la gioia di essere liberata da tutto ciò che ne minaccia la piena realizzazione.
In questi giorni che ci preparano alla Pasqua ravviviamo in noi il dono ricevuto nel Battesimo, quella fiamma che a volte rischia di essere soffocata. Alimentiamola con la preghiera e la carità verso il prossimo.
CRISTO ABBATTE IL MURO DELLA MORTE
(Angelus del 10 aprile 2011)
Cristo abbatte il muro della morte, in Lui abita tutta la pienezza di Dio, che è vita, vita eterna.
La morte rappresenta per noi come un muro che ci impedisce di vedere oltre; eppure il nostro cuore si protende al di là di questo muro, e anche se non possiamo conoscere quello che esso nasconde, tuttavia lo pensiamo, lo immaginiamo, esprimendo con simboli il nostro desiderio di eternità.
Anche tra i cristiani, la fede nella risurrezione e nella vita eterna si accompagna non raramente a tanti dubbi, a tanta confusione, perché si tratta pur sempre di una realtà che oltrepassa i limiti della nostra ragione, e richiede un atto di fede.
Nel Vangelo di oggi Gesù afferma: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”. Ecco la vera novità che irrompe e supera ogni barriera! Cristo abbatte il muro della morte, in Lui abita tutta la pienezza di Dio, che è vita, vita eterna. Per questo la morte non ha avuto potere su di Lui; e la risurrezione di Lazzaro è segno del suo pieno dominio sulla morte fisica, che davanti a Dio è come un sonno.
Ma c’è un’altra morte che è costata a Cristo la più dura lotta, addirittura il prezzo della croce: è la morte spirituale, il peccato, che minaccia di rovinare l’esistenza di ogni uomo. Per vincere questa morte Cristo è morto, e la sua Risurrezione non è il ritorno alla vita precedente, ma l’apertura di una realtà nuova, una “nuova terra”, finalmente ricongiunta con il Cielo di Dio.
Per questo san Paolo scrive: “Se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”.
Cari fratelli, rivolgiamoci alla Vergine Maria, che già partecipa di questa Risurrezione, perché ci aiuti a dire con fede: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”, a scoprire veramente che Lui è la nostra salvezza.
GESU' CRISTO CI CONDUCE IN ALTO
(S.Messa della Domenica delle Palme)
Da sempre gli uomini sono stati ricolmi – e oggi lo sono quanto mai – del desiderio di essere come Dio, di raggiungere essi stessi l’altezza di Dio. In tutte le invenzioni dello spirito umano si cerca, in ultima analisi, di ottenere delle ali, per potersi elevare all’altezza dell’Essere, per diventare indipendenti, totalmente liberi, come lo è Dio. Tante cose l’umanità ha potuto realizzare: siamo in grado di volare. Possiamo vederci, ascoltarci e parlarci da un capo all’altro del mondo. E tuttavia, la forza di gravità che ci tira in basso è potente. Insieme con le nostre capacità non è cresciuto soltanto il bene. Anche le possibilità del male sono aumentate e si pongono come tempeste minacciose sopra la storia. Anche i nostri limiti sono rimasti: basti pensare alle catastrofi che in questi mesi hanno afflitto e continuano ad affliggere l’umanità.
L’uomo sta nel punto d’intersezione tra due campi di gravitazione. C’è anzitutto la forza di gravità che tira in basso, verso l’egoismo, verso la menzogna e verso il male; la gravità che ci abbassa e ci allontana dall’altezza di Dio. Dall’altro lato c’è la forza di gravità dell’amore di Dio: l’essere amati da Dio e la risposta del nostro amore ci attirano verso l’alto.
Il cuore, quel centro dell’uomo in cui si uniscono l’intelletto, la volontà e il sentimento, il corpo e l’anima, ha bisogno di essere elevato. Eppure noi da soli siamo troppo deboli per sollevare il nostro cuore fino all’altezza di Dio. Non ne siamo in grado. Proprio la superbia di poterlo fare da soli ci tira verso il basso e ci allontana da Dio. Dio stesso deve tirarci in alto, ed è questo che Cristo ha iniziato sulla Croce. Egli è disceso fin nell’estrema bassezza dell’esistenza umana, per tirarci in alto verso di sé, verso il Dio vivente. Egli è diventato umile, ci dice la seconda lettura. Soltanto così la nostra superbia poteva essere superata: l’umiltà di Dio è la forma estrema del suo amore, e questo amore umile attrae verso l’alto.
Manifestiamo al Signore il nostro desiderio di diventare giusti e Lo preghiamo: Attiraci Tu verso l’alto! Rendici puri! Fa’ che valga per noi la parola che cantiamo col Salmo processionale; che possiamo appartenere alla generazione che cerca Dio, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. Amen.
LA VIA AL PADRE E’ LASCIARSI GUIDARE DA GESU’
(Regina Caeli del 22 maggio 2011)
Per arrivare a Dio Padre bisogna lasciarsi guidare da Gesù. Il Vangelo della Quinta Domenica di Pasqua propone un duplice comandamento sulla fede: credere in Dio e credere in Gesù. Il Signore, infatti, dice ai suoi discepoli: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Non sono due atti separati, ma un unico atto di fede, la piena adesione alla salvezza operata da Dio Padre mediante il suo Figlio Unigenito. Il Nuovo Testamento ha posto fine all’invisibilità del Padre. Dio ha mostrato il suo volto.
Con la sua incarnazione, morte e risurrezione, infatti, Gesù ci ha liberati dalla schiavitù del peccato per donarci la libertà dei figli di Dio e ci ha fatto conoscere il volto di Dio che è amore: Dio si può vedere, è visibile in Cristo.
Solo credendo in Cristo, rimanendo uniti a Lui, i discepoli, tra i quali siamo anche noi, possono continuare la sua azione permanente nella storia.
La fede in Gesù comporta seguirlo quotidianamente, nelle semplici azioni che compongono la nostra giornata. Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di vedere.
Per i cristiani, per ciascuno di noi, dunque, la Via al Padre è lasciarsi guidare da Gesù, dalla sua parola di Verità, e accogliere il dono della sua Vita.
L’impegno di annunciare Gesù Cristo, la Via, la Verità e la Vita, costituisce il compito principale della Chiesa. Invochiamo la Vergine Maria perché assista sempre i Pastori e quanti nei diversi ministeri annunciano il lieto Messaggio di salvezza, affinché la Parola di Dio si diffonda e il numero dei discepoli si moltiplichi.
GESU’, VERA “PARABOLA DI DIO”, NON CI COSTRINGE A CREDERE, MA CI ATTIRA A SE’
(Castel Gandolfo, Angelus del 10 luglio 2011)
La vera ‘Parabola’ di Dio è Gesù stesso, la Sua Persona che, nel segno dell’umanità, nasconde e al tempo stesso rivela la divinità. In questo modo Dio non ci costringe a credere in Lui, ma ci attira a Sé con la verità e la bontà del Suo Figlio incarnato: l’amore, infatti, rispetta sempre la libertà.
Riferendosi al Vangelo della domenica XV, anno, A, che riporta la parabola del seminatore (Matteo 13, 1-23), il Papa si è soffermato sul “metodo” della parabola nella predicazione di Gesù: “Perché a loro parli con parabole?” – domandano i discepoli (Mt 13,10). E Gesù risponde ponendo una distinzione tra loro e la folla: ai discepoli, cioè a coloro che si sono già decisi per Lui, Egli può parlare del Regno di Dio apertamente, invece agli altri deve annunciarlo in parabole, per stimolare appunto la decisione, la conversione del cuore; le parabole, infatti, per loro natura richiedono uno sforzo di interpretazione, interpellano l’intelligenza ma anche la libertà.
Per il Pontefice, la parabola del seminatore è “autobiografica”, perché “riflette l’esperienza stessa di Gesù, della sua predicazione: Egli si identifica con il seminatore, che sparge il buon seme della Parola di Dio, e si accorge dei diversi effetti che ottiene, a seconda del tipo di accoglienza riservata all’annuncio. C’è chi ascolta superficialmente la Parola ma non l’accoglie; c’è chi l’accoglie sul momento ma non ha costanza e perde tutto; c’è chi viene sopraffatto dalle preoccupazioni e seduzioni del mondo; e c’è chi ascolta in modo recettivo come il terreno buono: qui la Parola porta frutto in abbondanza”.
NEL MISTERO EUCARISTICO NASCE IL SERVIZIO DELLA CARITA’
(dall'Angelus del 31 luglio 2011)
Il Vangelo di questa domenica descrive il miracolo della moltiplicazione dei pani, che Gesù compie per una moltitudine di persone che lo hanno seguito per ascoltarlo ed essere guariti da varie malattie.
Il miracolo consiste nella condivisione fraterna di pochi pani che, affidati alla potenza di Dio, non solo bastano per tutti, ma addirittura avanzano, fino a riempire dodici ceste.
Il Signore sollecita i discepoli affinché siano loro a distribuire il pane per la moltitudine; in questo modo li istruisce e li prepara alla futura missione apostolica: dovranno infatti portare a tutti il nutrimento della Parola di vita e dei Sacramenti.
In questo segno prodigioso si intrecciano l’incarnazione di Dio e l’opera della redenzione. Gesù, infatti, scende dalla barca per incontrare gli uomini.
Il Signore ci offre qui un esempio eloquente della Sua compassione verso la gente. Cristo è attento al bisogno materiale, ma vuole donare di più, perché l’uomo è sempre affamato di qualcosa di più, ha bisogno di qualcosa di più. Nel pane di Cristo è presente l’amore di Dio; nell’incontro con Lui ci nutriamo, per così dire, dello stesso Dio vivente, mangiamo davvero il «pane dal cielo».
Nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo.
IL SIGNORE CI VIENE INCONTRO PER PORTARCI ALLA SUA ALTEZZA
(dall’Angelus de 7 agosto 2011)
Commento al vangelo della domenica (XIX durante l’Anno A), che presenta il miracolo della tempesta sedata e il salvataggio di Pietro dalle acque.
E’ un episodio del quale i Padri della Chiesa hanno colto una grande ricchezza di significato. Il mare simboleggia la vita presente e l’instabilità del mondo visibile; la tempesta indica ogni sorta di tribolazione, di difficoltà, che opprime l’uomo. La barca, invece, rappresenta la Chiesa edificata su Cristo e guidata dagli Apostoli. Gesù vuole educare i discepoli a sopportare con coraggio le avversità della vita, confidando in Dio, in Colui che si è rivelato al profeta Elia sull’Oreb nel ‘sussurro di una brezza leggera’.
Sant’Agostino, immaginando di rivolgersi all’apostolo, commenta: il Signore ‘sì è abbassato e t'ha preso per mano. Con le tue sole forze non puoi alzarti. Stringi la mano di Colui che scende fino a te’. Pietro cammina sulle acque non per la propria forza, ma per la grazia divina, in cui crede, e quando viene sopraffatto dal dubbio, quando non fissa più lo sguardo su Gesù, ma ha paura del vento, quando non si fida pienamente della parola del Maestro, vuol dire che si sta allontanando la Lui ed è allora che rischia di affondare nel mare della vita.
Il Signore prima ancora che lo cerchiamo o lo invochiamo, è Lui stesso che ci viene incontro, abbassa il cielo per tenderci la mano e portarci alla sua altezza; aspetta solo che ci fidiamo totalmente di Lui.
Invochiamo la Vergine Maria, modello di affidamento pieno a Dio, perché, in mezzo a tante preoccupazioni, problemi, difficoltà che agitano il mare della nostra vita, risuoni nel cuore la parola rassicurante di Gesù: Coraggio, sono io, non abbiate paura!, e cresca la nostra fede in Lui.
ABBIAMO BISOGNO DEL SILENZIO PER ASCOLTARE LA VOCE DI DIO
(Udienza generale del 10 agosto 2011)
Il silenzio è la condizione ambientale che meglio favorisce il raccoglimento, l’ascolto di Dio, la meditazione. Già il fatto stesso di gustare il silenzio, di lasciarsi, per così dire, riempire dal silenzio, ci predispone alla preghiera.
Dio parla nel silenzio, ma bisogna saperlo ascoltare. Per questo i monasteri sono "oasi" in cui Dio parla all’umanità; e in essi si trova il chiostro, luogo simbolico, perché è uno spazio chiuso, ma aperto verso il cielo.
Ricordando che il giorno 11 agosto ricorre la memoria di Santa Chiara d’Assisi, il Papa ha rivolto il pensiero al piccolo convento di San Damiano, “oasi dello spirito”, cara alla famiglia francescana e a tutti i cristiani. Presso quella chiesetta restaurata da San Francesco dopo la sua conversione, Chiara e le sue compagne stabilirono la loro comunità, vivendo di preghiera e di piccoli lavori.
Si chiamavano le Sorelle povere, e la loro forma di vita era la stessa dei Frati Minori: “Osservare il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo, conservando l’unione della scambievole carità e osservando in particolare la povertà e l’umiltà vissute da Gesù e dalla sua santissima Madre”. In questo luogo come in tante altre oasi dello spirito, si può vedere un riflesso dell’armonia spirituale che le comunità monastiche cercano di realizzare.
Guardando le cose in un’ottica spirituale, questi luoghi dello spirito sono una struttura portante del mondo. E non è un caso che molte persone, specialmente nei periodi di pausa, visitino questi luoghi e vi si fermino per alcuni giorni: anche l’anima, grazie a Dio, ha le sue esigenze.
SOLO LE COSE DI DIO MERITANO "FRETTA"
(dall'Omelia nella Solennità dell'Assunzione in Cielo di Maria - 15 agosto 2011)
Il vangelo di Luca ci mostra quest’arca vivente, che è Maria, in movimento. Lasciata la sua casa di Nazaret, Maria si mette in viaggio verso la montagna per raggiungere in fretta una città di Giuda e recarsi nella casa di Zaccaria e di Elisabetta.
Mi sembra importante sottolineare l’espressione “in fretta”: le cose di Dio meritano fretta, anzi le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle di Dio, che hanno la vera urgenza per la nostra vita.
Allora Maria entra in questa casa di Zaccaria e di Elisabetta, ma non entra sola. Vi entra portando in grembo il figlio, che è Dio stesso fatto uomo. Certamente c’era attesa di Lei e del suo aiuto in quella casa, ma l’evangelista ci guida a comprendere che questa attesa rimanda ad un’altra, più profonda. Zaccaria, Elisabetta e il piccolo Giovanni Battista sono, infatti, il simbolo di tutti i giusti di Israele, il cui cuore, ricco di speranza, attende la venuta del Messia salvatore.
Ed è lo Spirito Santo ad aprire gli occhi di Elisabetta e a farle riconoscere in Maria la vera arca dell’alleanza, la Madre di Dio, che viene a visitarla. E così l’anziana parente l’accoglie dicendole “a gran voce”: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?”. Ed è lo stesso Spirito Santo che davanti a Colei che porta il Dio fattosi uomo, apre il cuore di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta. Elisabetta, esclama: “Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”.
Qui l’evangelista Luca usa il termine “skirtan”, cioè “saltellare”, lo stesso termine che troviamo in una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento per descrivere la danza del Re Davide davanti all’arca santa che è tornata finalmente in patria. Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all’arca dell’Alleanza, come Davide; e riconosce così: Maria è la nuova arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo, che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre condividendo la grazia di Dio. E così – come dice la preghiera – Maria realmente è “causa nostrae laetitiae”, l’arca nella quale realmente il Salvatore è presente tra di noi.
Cari fratelli, stiamo parlando di Maria, ma, in un certo senso, stiamo parlando anche di noi, di ciascuno di noi: anche noi siamo destinatari di quell’amore immenso che Dio ha riservato, certo in una maniera assolutamente unica e irripetibile, a Maria.
In questa Solennità dell’Assunzione guardiamo a Maria: Ella ci apre alla speranza, ad un futuro pieno di gioia e ci insegna la via per raggiungerlo: accogliere nella fede, il suo Figlio; non perdere mai l’amicizia con Lui, ma lasciarci illuminare e guidare dalla Sua parola; seguirlo ogni giorno, anche nei momenti in cui sentiamo che le nostre croci si fanno pesanti.
Maria, l’arca dell’alleanza che sta nel santuario del Cielo, ci indica con luminosa chiarezza che siamo in cammino verso la nostra vera Casa, la comunione di gioia e di pace con Dio. Amen.
NON SI PUO’ SEPARARE CRISTO DALLA CHIESA
(S.Messa per la GMG – Madrid 21 agosto 2011)
La Chiesa non è una semplice istituzione umana, come qualsiasi altra, ma è strettamente unita a Dio. Non è possibile separare Cristo dalla Chiesa, come non si può separare la testa dal corpo.
Permettetemi che, come Successore di Pietro , vi ricordi che seguire Gesù nella fede è camminare con Lui nella comunione della Chiesa. Non si può seguire Gesù da soli. Chi cede alla tentazione di andare «per conto suo» o di vivere la fede secondo la mentalità individualista, che predomina nella società, corre il rischio di non incontrare mai Gesù Cristo, o di finire seguendo un’immagine falsa di Lui.
Aver fede significa appoggiarsi sulla fede dei tuoi fratelli, e che la tua fede serva allo stesso modo da appoggio per quella degli altri.
Vi chiedo, cari amici, di amare la Chiesa.
Non è possibile incontrare Cristo e non farlo conoscere agli altri. Quindi, non conservate Cristo per voi stessi. Comunicate agli altri la gioia della vostra fede. Il mondo ha bisogno della testimonianza della vostra fede, ha bisogno certamente di Dio.
SEGUIRE IL SIGNORE SULLA STRADA DELLA CROCE
(dall'Angelus del 28 agosto 2011)
Ciascuno di noi sappia seguire il Signore sulla strada della croce e si lasci trasformare dalla grazia divina, rinnovando il modo di pensare "per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".
Appare evidente la divergenza tra il disegno d’amore del Padre, che giunge fino al dono del Figlio Unigenito sulla croce per salvare l’umanità, e le attese, i desideri, i progetti dei discepoli. E questo contrasto si ripete anche oggi: quando la realizzazione della propria vita è orientata solamente al successo sociale, al benessere fisico ed economico, non si ragiona più secondo Dio, ma secondo gli uomini.
Pensare secondo il mondo è mettere da parte Dio, non accettare il Suo progetto di amore, quasi impedirgli di compiere il Suo sapiente volere. Per questo Gesù dice a Pietro una parola particolarmente dura: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo».
Il Signore insegna che «il cammino dei discepoli è un seguire Lui, il Crocifisso. Come ai discepoli, così anche a noi Gesù rivolge l’invito: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Il cristiano segue il Signore quando accetta con amore la propria croce, che agli occhi del mondo appare una sconfitta e una “perdita della vita", sapendo di non portarla da solo, ma con Gesù, condividendo il suo stesso cammino di donazione.
Accettando volontariamente la morte, Gesù porta la croce di tutti gli uomini e diventa fonte di salvezza per tutta l’umanità.
CORREZIONE FRATERNA E PREGHIERA COMUNE
(dall’Angelus del 4 settembre 2011)
L’amore fraterno comporta anche un senso di responsabilità reciproca, per cui, se il mio fratello commette una colpa contro di me, io devo usare carità verso di lui e, prima di tutto, parlargli personalmente. Questo si chiama correzione fraterna: essa non è una reazione all’offesa subita, ma è mossa dall’amore per il fratello.
E se il fratello non mi ascolta? Gesù nel Vangelo odierno indica una gradualità: prima tornare a parlargli con altre due o tre persone, per aiutarlo meglio a rendersi conto di quello che ha fatto; se, malgrado questo, egli respinge ancora l’osservazione, bisogna dirlo alla comunità; e se non ascolta neppure la comunità, occorre fargli percepire il distacco che lui stesso ha provocato, separandosi dalla comunione della Chiesa.
Tutto questo indica che c’è una corresponsabilità nel cammino della vita cristiana: ciascuno, consapevole dei propri limiti e difetti, è chiamato ad accogliere la correzione fraterna e ad aiutare gli altri con questo particolare servizio.
Un altro frutto della carità nella comunità è la preghiera concorde. La preghiera personale è certamente importante, anzi, indispensabile, ma il Signore assicura la sua presenza alla comunità che, pur se molto piccola, è unita e unanime, perché essa riflette la realtà stessa di Dio Uno e Trino, perfetta comunione d’amore.
Dobbiamo esercitarci sia nella correzione fraterna , che richiede molta umiltà e semplicità di cuore, sia nella preghiera, perché salga a Dio da una comunità veramente unita in Cristo.
Domandiamo tutto questo per intercessione di Maria Santissima, Madre della Chiesa, e di San Gregorio Magno, Papa e Dottore, che ieri abbiamo ricordato nella liturgia.
EUCARISTIA PANE DELLA VITA
(dalla Omelia dell’ 11 settembre 2011 ad Ancona, a conclusione del 25° Congresso Eucaristico Nazionale)
Dio, nel donare quotidianamente se stesso nell’Eucaristia ci offre la via per non restare estranei o indifferenti alle sorti dei fratelli, ma entrare nella stessa logica di amore e di dono del sacrificio della Croce.
Chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, chi riceve il Corpo del Signore non può non essere attento, nella trama ordinaria dei giorni, alle situazioni indegne dell’uomo, e sa piegarsi in prima persona sul bisognoso, sa spezzare il proprio pane con l’affamato, condividere l’acqua con l’assetato, rivestire chi è nudo, visitare l’ammalato e il carcerato.
L’uomo è incapace di darsi la vita da se stesso, egli si comprende solo a partire da Dio: è la relazione con Lui a dare consistenza alla nostra umanità e a rendere buona e giusta la nostra vita. Nel Padre nostro chiediamo che sia santificato il Suo nome, che venga il Suo regno, che si compia la Sua volontà.
E’ anzitutto il primato di Dio che dobbiamo recuperare nel nostro mondo e nella nostra vita, perché è questo primato a permetterci di ritrovare la verità di ciò che siamo, ed è nel conoscere e seguire la volontà di Dio che troviamo il nostro vero bene.
Dare tempo e spazio a Dio, perché sia il centro vitale della nostra esistenza. Da dove partire, come dalla sorgente, per recuperare e riaffermare il primato di Dio? Dall’Eucaristia: qui Dio si fa così vicino da farsi nostro cibo, qui Egli si fa forza nel cammino spesso difficile, qui si fa presenza amica che trasforma.
Una spiritualità eucaristica, allora, è vero antidoto all’individualismo e all’egoismo che spesso caratterizzano la vita quotidiana, porta alla riscoperta della gratuità, della centralità delle relazioni, a partire dalla famiglia, con particolare attenzione a lenire le ferite di quelle disgregate.
Una spiritualità eucaristica è anima di una comunità ecclesiale che supera divisioni e contrapposizioni e valorizza le diversità di carismi e ministeri ponendoli a servizio dell’unità della Chiesa, della sua vitalità e della sua missione.
Una spiritualità eucaristica è via per restituire dignità ai giorni dell’uomo e quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione.
Una spiritualità eucaristica ci aiuterà anche ad accostare le diverse forme di fragilità umana consapevoli che esse non offuscano il valore della persona, ma richiedono prossimità, accoglienza e aiuto.
Dal Pane della vita trarrà vigore una rinnovata capacità educativa, attenta a testimoniare i valori fondamentali dell’esistenza, del sapere, del patrimonio spirituale e culturale; la sua vitalità ci farà abitare la città degli uomini con la disponibilità a spenderci nell’orizzonte del bene comune per la costruzione di una società più equa e fraterna.
CRISTO, LUCE DEL MONDO
(Visita apostolica in Germania - Saluto ai giovani a Friburgo il 24 settembre 2011)
La luce del mondo è Cristo, che è risorto dai morti e brilla nel modo più chiaro proprio dove, secondo il giudizio umano, tutto sembra cupo e privo di speranza.
Anche la vita di chi crede non è sempre facile, ma c'è sempre una luce chiara che gli indica la via alla Vita in abbondanza.
Cristo ci dice anche: "voi siete la luce del mondo", anche se a volte siamo cristiani tiepidi, che recano grande danno alla Chiesa.
Cristo non si interessa tanto a quante volte nella vita vacilliamo e cadiamo, bensì a quante volte noi, con il Suo aiuto, ci rialziamo.
Non esige azioni straordinarie, ma vuole che la Sua luce splenda in voi; non vi chiama perché siete buoni e perfetti, ma perché Egli è buono e vuole rendervi Suoi amici.
IL “SÌ” DI MARIA E’ RIVOLTO A TUTTI NOI
(Angelus - Friburgo 25 settembre 2011)
L'Angelus ci fa ricordare sempre di nuovo l’inizio storico della nostra salvezza.
L’Arcangelo Gabriele presenta alla Vergine Maria il piano di salvezza di Dio, secondo il quale Ella avrebbe dovuto diventare la Madre del Redentore. Maria rimane turbata. Ma l’Angelo le dice una parola di consolazione: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Così Maria può dire il suo grande SI’.
Questo “sì” all’essere serva del Signore è l’affermazione fiduciosa al piano di Dio e alla nostra salvezza.
Maria dice questo “sì” a tutti noi, che sotto la croce le siamo affidati come figli. Non revoca mai questa promessa. Ed è per questo che Ella deve essere chiamata felice, anzi, beata perché ha creduto nel compimento di ciò che le era stato detto dal Signore.
Possiamo unirci al “sì” di Maria e aderire fiduciosamente alla bellezza del piano di Dio e della provvidenza che Egli, nella sua grazia, ha riservato per noi. In questo modo, anche nella nostra vita l'amore di Dio diventerà quasi carne, prenderà sempre più forma.
Non dobbiamo avere paura in mezzo a tutte le nostre preoccupazioni, Dio è buono.
Allo stesso tempo, possiamo sentirci sostenuti dalla comunità dei tanti fedeli che in quest’ora pregano l’Angelus con noi, in tutto il mondo.
DIO CI DONA SE STESSO, MA PUNISCE ANCHE I MALVAGI
(dall'Angelus del 2 ottobre 2011)
Siamo come un tralcio che non può portare frutto, se non rimane nella vite, che è Cristo, la pietra angolare.
Il Papa ha ricordato il monito di Gesù nel Vangelo, rivolto ai capi dei sacerdoti, ai quali verrà tolto il regno di Dio per darlo a chi produrrà frutti. Parole -ha detto- che fanno pensare alla grande responsabilità di chi è chiamato a lavorare nella vigna del Signore, specialmente con ruolo di autorità, e spingono a rinnovare la piena fedeltà a Cristo.
Dio ha un progetto per i Suoi amici, ma purtroppo la risposta dell’uomo è spesso orientata alla infedeltà, che si traduce in rifiuto.
Dio consegna Se stesso nelle nostre mani, accetta di farsi mistero di debolezza e resta fedele ad un disegno d’amore che prevede, però, la giusta punizione per i malvagi.
Il Signore ci accompagna anche con la presenza dei Suoi Angeli, gli Angeli custodi; dall’inizio fino alla morte la vita dell’uomo è circondata dalla loro incessante protezione, come da quella della Beata Vergine del Rosario, che in questo mese di ottobre accoglie la nostra supplica perché il male sia sconfitto e si riveli in pienezza la bontà di Dio.
SANTITA’ E’ SEGUIRE CRISTO E CONFORMARSI A LUI
(dall’Angelus del 1 novembre 2011)
Non c’è un modo specifico per diventare santi o uno stile di vita unico che porti alla santità. E tutti i cristiani sono chiamati alla santità.
Oggi veneriamo proprio questa innumerevole comunità di tutti i santi, i quali, attraverso i loro differenti percorsi di vita, ci indicano diverse strade di santità, accomunate da un unico denominatore: seguire Cristo e conformarsi a Lui, fine ultimo della nostra vicenda umana. Tutti gli stili di vita, infatti, possono diventare, con l’azione della grazia e con l’impegno e la perseveranza di ciascuno, vie di santificazione.
La Solennità di Tutti i Santi è occasione propizia per elevare lo sguardo dalle realtà terrene, scandite dal tempo, alla dimensione di Dio, la dimensione dell’eternità e della santità. La santità, è vocazione di ogni battezzato e tutti i membri del popolo di Dio sono chiamati a diventare santi. Per questo della Chiesa occorre guardare non la dimensione terrena di fragilità, ma quella di comunione dei santi.
Inoltre, ricordando la Solennità dei Defunti, il Papa ha affermato che la preghiera per i morti è non solo utile, ma necessaria, in quanto essa non solo li può aiutare, ma rende al contempo efficace la loro intercessione in nostro favore.
Anche la visita ai cimiteri, mentre custodisce i legami di affetto con chi ci ha amato in questa vita, ci ricorda che tutti tendiamo verso un’altra vita, al di là della morte. Il pianto, dovuto al distacco terreno, non prevalga perciò sulla certezza della risurrezione, sulla speranza di giungere alla beatitudine dell’eternità, momento colmo di appagamento, in cui la totalità ci abbraccia e noi abbracciamo la totalità.
E' DIO IL VERO "PADRONE" DEL MONDO
(dall’Angelus del 27 novembre 2011 – Prima domenica di Avvento)
Il messaggio di Gesù – che nel Vangelo odierno ci esorta: “Vegliate!” – è un richiamo salutare a ricordarci che la vita non ha solo la dimensione terrena, ma è proiettata verso un “oltre”, come una pianticella che germoglia dalla terra e si apre verso il cielo.
L’uomo, in tal senso, è come una “pianticella pensante” che è dotata di libertà e responsabilità, quindi ognuno di noi, nel giorno del Giudizio, dovrà rendere conto di come ha vissuto e utilizzato i propri talenti e capacità: se le ha tenute per sé o le ha fatte fruttare anche per il bene dei fratelli.
Oggi, in gran parte del mondo, la vita diventa anonima e orizzontale e l’uomo si sente l’unico padrone, l’artefice e il regista di tutto. Salvo poi, quando in questo mondo che appare quasi perfetto accadono cose sconvolgenti, o nella natura, o nella società, per cui noi pensiamo che Dio si sia come ritirato, ci abbia, per così dire, abbandonati a noi stessi.
Il vero “padrone” del mondo, tuttavia, non è l’uomo ma Dio. L’Avvento, quindi, ci ricorda che il “padrone di casa” tornerà un giorno senza preavviso e non dovremo farci trovare addormentati.
Il periodo liturgico che precede il Natale, giunge ogni anno per sollecitarci a ritrovare il giusto orientamento, verso il volto di Dio, nella nostra vita. Un volto che, comunque, non è quello di un “padrone” ma di un Padre e di un Amico.
DIO SI E’ FATTO UOMO ED E’ VENUTO IN MEZZO A NOI
(Udienza generale del 21 dicembre 2011)
L’Incarnazione è un mistero che viviamo nelle celebrazioni liturgiche, che risponde alla domanda: “come posso prendere oggi parte alla nascita avvenuta più di 2000 anni fa”. In tutte le celebrazioni natalizie si canta “Oggi è nato per noi il Salvatore”. Questo “oggi”, nella liturgia, passa il limite dello spazio e del tempo, il suo effetto perdura pur nello scorrere degli anni e dei secoli, la nascita investe e permea tutta la storia, rimane una realtà alla quale possiamo arrivare attraverso la liturgia.
Il Natale, per noi credenti, rinnova la certezza che Dio è presente anche oggi, pur essendo col Padre è vicino a noi e possiamo incontrare in un oggi che non ha tramonto quel bambino nato a Betlemme.
L’uomo di oggi fa sempre più fatica ad aprire gli occhi ed entrare nel mondo di Dio, ma quell’evento dice che Dio si è fatto uomo, è entrato nei limiti del tempo e dello spazio per rendere possibile incontrarlo. E’ un evento che interessa l’uomo e tutti gli uomini; quando diciamo che oggi è nato per noi il Salvatore intendiamo dire che Dio ci offre oggi, adesso, a me e a ognuno, la possibilità di riconoscerlo e accoglierlo come fecero i pastori a Betlemme, perché trasformi la nostra vita e la illumini con la sua presenza.
L’Incarnazione e la nascita di Gesù ci invitano già ad indirizzare lo sguardo verso la sua morte e la sua risurrezione: Natale e Pasqua sono entrambe feste della redenzione. La Pasqua la celebra come vittoria sul peccato e sulla morte: segna il momento finale, quando la gloria dell’uomo-Dio splende come la luce del giorno; il Natale la celebra come l’entrare di Dio nella storia facendosi uomo per riportare l’uomo a Dio: segna, per così dire, il momento iniziale, quando si intravede il chiarore dell’alba. Ma proprio come l’alba precede e fa già presagire la luce del giorno, così il Natale annuncia già la croce e la gloria della Risurrezione.
Anche i due periodi dell’anno, in cui sono collocate le due grandi feste, almeno in alcune aree del mondo, possono aiutare a comprendere questo aspetto. Infatti, mentre la Pasqua cade all’inizio della primavera, quando il sole vince le dense e fredde nebbie e rinnova la faccia della terra, il Natale cade proprio all’inizio dell’inverno, quando la luce e il calore del sole non riescono a risvegliare la natura, avvolta dal freddo, sotto la cui coltre, però, pulsa la vita.
Viviamo con gioia il Natale che si avvicina, un evento meraviglioso, il Figlio di Dio nasce ancora oggi. Dio è veramente vicino a ciascuno i noi e vuole portarci alla vera luce; viviamo l’attesa contemplando il cammino dell’amore immenso di Dio che ci ha innalzati a Sé attraverso l’Incarnazione, la morte e Risurrezione del Figlio.
GESU' CRISTO E' LA VERA RISPOSTA AL GRIDO DELL’UOMO
(dal Messaggio di Natale – 25 dicembre 2011)
Contro ogni pretesa dell’uomo d’oggi di cavarsela da solo, in questo Natale più che mai è necessario gridare: “Signore vieni a salvarci”.
Un’antica antifona liturgica proclama: Veni ad salvandum nos! Vieni a salvarci! Questo è il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli. Ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui.
Nascendo a Betlemme dalla Vergine Maria, Gesù è quindi la mano che Dio ha teso all’umanità, per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi sulla roccia, la salda roccia della sua Verità e del suo Amore.
Riconoscere che Dio è il Salvatore e noi quelli che si trovano nel pericolo, è un primo passo verso la salvezza, verso l’uscita dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio.
Gesù Cristo è la vera risposta che Dio ha dato ascoltando il grido dell’uomo e questa risposta supera infinitamente la nostra attesa.
Solo il Dio che è amore e l’amore che è Dio poteva scegliere di salvarci attraverso questa via, che è certamente la più lunga, ma è quella che rispetta la verità sua e nostra: la via della riconciliazione, del dialogo, della collaborazione.
IL BATTESIMO CI RENDE FIGLI DI DIO
(dall’Angelus di domenica 8 gennaio 2012)
Anzitutto partiamo dal nostro essere semplicemente figli: questa è la condizione fondamentale che ci accomuna tutti. Non tutti siamo genitori, ma tutti sicuramente siamo figli. Venire al mondo non è mai una scelta, non ci viene chiesto prima se vogliamo nascere.
Ma durante la vita, possiamo maturare un atteggiamento libero nei confronti della vita stessa: possiamo accoglierla come un dono e, in un certo senso, diventare ciò che già siamo: diventare figli. Questo passaggio segna una svolta di maturità nel nostro essere e nel rapporto con i nostri genitori, che si riempie di riconoscenza. E’ un passaggio che ci rende anche capaci di essere a nostra volta genitori, non biologicamente, ma moralmente.
Anche nei confronti di Dio siamo tutti figli. Dio è all’origine dell’esistenza di ogni creatura, ed è Padre in modo singolare di ogni essere umano: ha con lui o con lei una relazione unica, personale. Ognuno di noi è voluto, è amato da Dio. E anche in questa relazione con Dio noi possiamo, per così dire, “rinascere”, cioè diventare ciò che siamo.
Questo accade mediante la fede, mediante un “sì” profondo e personale a Dio come origine e fondamento della mia esistenza. Con questo “sì” io accolgo la vita come dono del Padre che è nei Cieli, un Genitore che non vedo ma in cui credo e che sento nel profondo del cuore essere il Padre mio e di tutti i miei fratelli in umanità, un Padre immensamente buono e fedele.
Su che cosa si basa questa fede in Dio Padre? Si basa su Gesù Cristo: la sua persona e la sua storia ci rivelano il Padre, ce lo fanno conoscere, per quanto è possibile in questo mondo.
Credere che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, consente di “rinascere dall’alto”, cioè da Dio, che è Amore. Dice San Giovanni a proposito di Gesù: “A quanti l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. Questo è il senso del sacramento del Battesimo: è una nuova nascita, che avviene grazie allo Spirito Santo nel grembo della Chiesa.
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