Nella lettera di indizione dell'Anno Sacerdotale il Santo Padre ha rivolto un pensiero particolare ai "tanti Sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue".
Nella parte finale della lettera il Papa esorta i Sacerdoti, sull'esempio del Santo Curato d'Ars, a lasciarsi conquistare da Cristo "per essere, nel mondo di oggi, messaggeri di speranza, di riconciliazione, di pace".
Ho voluto sintetizzare in queste due frasi un messaggio di portata ben più ampia, che vi invito a commentare nei suoi molteplici aspetti.
Sarebbe bello anche poter leggere le vostre preghiere, di modo che la preghiera di ognuno possa diventare la preghiera di tutti.
Grazie per l'attenzione.
""Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina"" (San Giovanni Maria Vianney).
Signore, ti ringrazio per il dono dei Sacerdoti, custodiscili nel Tuo amore e moltiplicali, affinchè il lieto messaggio di salvezza possa raggiungere gli estremi confini della terra.
PREGHIERA PER I SACERDOTI
O Gesù, sommo ed eterno sacerdote,
custodisci il tuo sacerdote dentro il Tuo Sacro Cuore.
Conserva immacolate le sue mani unte
che toccano ogni giorno il Tuo Sacro Corpo.
Custodisci pure le sue labbra
arrossate dal Tuo Prezioso Sangue.
Mantieni puro e celeste il suo cuore
segnato dal Tuo sublime carattere sacerdotale.
Fa' che cresca nella fedeltà e nell'amore per Te
e preservalo dal contagio del mondo.
Col potere di trasformare il pane e il vino
donagli anche quello di trasformare i cuori.
Benedici e rendi fruttuose le sue fatiche
e dagli un giorno la corona della vita eterna.
(Santa Teresa di Gesù Bambino)
Dedico questa preghiera in modo particolare ai Sacerdoti Mercedari, nel giorno in cui si celebra il 791° Anniversario della Fondazione dell'Ordine.
Atto d’amore del Santo Curato d’Ars
Io ti amo, o mio Dio: mio solo desiderio è di amarti fino all’ultimo respiro della mia vita.
Io ti amo, o Dio infinitamente amabile, e preferisco morire amandoti che vivere un solo istante senza amarti.
Io ti amo, o mio Dio, e non desidero il cielo se non per avere il piacere di amarti perfettamente.
Io ti amo, o mio Dio, e temo l’inferno solamente perché non ci sarà mai la dolce consolazione di amarti.
O mio Dio, se la mia lingua non può dire ad ogni istante che ti amo, voglio almeno che il mio cuore te lo ripeta ad ogni respiro.
Ah! Fammi la grazia di soffrire amandoti, di amarti soffrendo e di spirare un giorno amandoti e sentendo che ti amo. Più mi avvicino alla mia fine più ti scongiuro di accrescere il mio amore, e di renderlo più perfetto. Amen.
DALL' UDIENZA DEL SANTO PADRE DI MERCOLEDI' 19 AGOSTO 2009
“Donatevi a Gesù – ha detto il Santo padre rivolgendosi ai presbiteri con le parole di San Giovanni Eudes –per entrare nell’immensità del suo grande Cuore, che contiene il Cuore della sua Santa Madre e di tutti i santi, e per perdervi in questo abisso di amore, di carità, di misericordia, di umiltà, di purezza, di pazienza, di sottomissione e di santità”.
Dal videomessaggio del Santo Padre diffuso lunedì 28 ottobre al ritiro internazionale dei Sacerdoti ad Ars:
Il presbitero, "uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza".
"Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini".
"In questo Anno Sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo Sommo Sacerdote e che ci ha tutti consacrati nella verità".
Il sacerdote, "scelto fra gli uomini", "resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio".
Inoltre, citando San Paolo (2 Cor 4,7): "la nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che conserviamo in vasi di creta".
Il Santo Padre ha quindi salutato "con un affetto particolare" i sacerdoti "che si prendono cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunità", sottolineando che la riconoscenza della Chiesa nei loro confronti è "immensa".
"Non perdetevi d'animo, ma continuate a pregare e a far pregare affinché molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi".
PREGHIERA PER I SACERDOTI
Signore Gesù, Tu hai chiamato Pietro e Andrea,
Giacomo e Giovanni e una schiera innumerevole di uomini
ai quali hai regalato la tua fiducia per continuare la tua opera,
per seminare la vera speranza, per curare l’infelicità umana.
Grazie, Signore, per il dono del sacerdozio!
Grazie per aver chiamato degli uomini peccatori
a lottare contro il peccato degli uomini !
Donaci, o Signore, uno stupore inesauribile
e una fede grande per accogliere questo dono,
che nasconde il dono del tuo Amore.
Grazie, Signore, per averci amato così.
Grazie per il sacerdote che ci ha battezzato,
per il sacerdote che ci ha dato il primo perdono,
per i sacerdoti che ci perdonano ogni giorno
e ogni giorno ci regalano la Santa Eucaristia;
grazie per il sacerdote che ci darà l’ultimo perdono
nell’ultimo giorno della nostra vita !
Signore, abbi pietà di noi e manda oggi
santi sacerdoti alla tua Chiesa! AMEN !
Card. Angelo Comastri
Preghiera per il dono del sacerdozio
O Gesù, Maestro Divino, ringrazio e benedico il tuo cuore amantissimo per l’istituzione del Sacerdozio.
I Sacerdoti sono mandati da Te, come tu fosti mandato dal Padre.
Ad essi hai consegnato i tesori della tua dottrina, della tua legge, della tua grazia, le anime stesse.
Concedimi la grazia di amarli, di ascoltarli, di lasciarmi guidare da loro nelle tue vie.
Manda buoni operai alla tua messe, o Gesù.
Siano i Sacerdoti sale che purifica e preserva; siano la luce del mondo; siano la città posta sul monte;
siano tutti fatti secondo il tuo cuore; abbiano un giorno in cielo attorno a sé, come corona e gaudio, un gran numero di anime conquistate.
D. Giacomo Alberione
Signore, ricordati dei preti
(padre Andrea Gasparino di Cuneo)
Signore, donaci dei preti plasmati su di te.
Preti adatti al mondo di oggi,
che resistano a tutti gli sbandamenti e a tutte le mode.
Preti pieni di Spirito Santo,
preti innamorati di te, dell'Eucaristia, della Parola,
preti spezzati alla preghiera.
Preti che anche nei mille impegni mantengono l'unione con te,
preti capaci di custodire sempre nel cuore la preghiera,
come faceva Gesù.
Preti che insegnano a pregare.
Preti appassionati dei giovani, dei poveri, degli ultimi.
Preti che sanno accogliere tutti;
capaci di misericordia e di tenerezza
per tutte le disperazioni del mondo di oggi.
Signore, mandaci dei preti da battaglia, umili,
senza storie per la testa; umili e fedeli alla Chiesa.
Mandaci preti allenati al sacrificio,
che sanno parlare ai giovani di sacrificio,
che sappiano condividere con semplicità.
Mandaci preti aggiornati, con le idee chiare,
che rifiutano i compromessi mondani.
Mandaci preti di punta, preti creativi,
dal cuore grande come il cuore di Cristo,
instancabili nell'insegnare, nel guidare, nel formare.
Preti costanti, resistenti tenaci.
Mandaci preti che non si scandalizzano di nessuna miseria umana.
Mandaci preti che si sentano peccatori come noi,
preti limpidi, che portino il Vangelo
stampato nella loro vita più che nelle loro parole.
Signore, donaci il coraggio di chiedere preti santi
e di meritarli un poco,
almeno con la preghiera umile, costante e coraggiosa.
Maria, Madre dei preti, Madre della Chiesa,
aggiungi tu quello che manca a questa preghiera
e presentala a Cristo per noi.
Amen.
"Senza il cibo essenziale della preghiera, il presbitero si ammala, il discepolo non trova la forza per seguire il Maestro, e così muore per denutrizione. In conseguenza, il suo gregge si disperde e, a sua volta, muore”.
"Nella vita del presbitero la preghiera occupa necessariamente uno dei posti centrali perché coltiva l’intimità del discepolo col suo Maestro, Gesù Cristo”.
“Egli è un discepolo molto speciale di Gesù, il quale lo ha chiamato e, per il sacramento dell’Ordine, lo ha configurato a Sé, come Capo e Pastore della Chiesa”, il che comporta “un legame essenziale del presbitero con la comunità ecclesiale”.
“Egli non può fare a meno di questa sua responsabilità, dato che la comunità senza pastore muore”.
Il sacerdote deve essere “un uomo di preghiera, un uomo che vive nell’intimità del Signore”, così come ha bisogno “di essere confortato dalla preghiera della Chiesa e di ogni cristiano”.
“Le pecore preghino per il loro pastore!"
“In quest’Anno Sacerdotale, vogliamo pregare, con perseveranza e tanto amore, per i Preti e con i Preti”.
“Nel presepe il Bambino Gesù ci invita a rinnovare riguardo a Lui quell’intimità di amico e discepolo, per rinviarci come i suoi evangelizzatori!”.
(Frasi tratte da una lettera scritta ai Presbiteri dal Cardinale Cláudio Hummes, Arcivescovo Emerito di San Paolo (Brasile) e Prefetto della Congregazione per il Clero)
BENEDETTO XVI - Incontro di inizio Quaresima con il clero di Roma
Il sacerdote deve immergersi nella sofferenza del suo tempo
Il sacerdote deve entrare come Cristo al centro dei dolori e delle tentazioni del mondo, per fare da “mediatore” e “ponte” tra il divino e l'umano.
Nella sua riflessione il Papa è partito dai brani tratti dai capitoli 5, 7 e 8 della Lettera agli Ebrei, dove si parla di Cristo sommo sacerdote.
Il Santo Padre ha sottolineato inoltre che il prete, come Gesù, è uomo di Dio ma anche “uomo in tutti i sensi”, chiamato a coltivare intelligenza, sentimenti e affetti secondo la volontà del Creatore.
Questo non vuol dire – ha precisato il Santo Padre – conformarsi alla mentalità che giustifica come “umani” comportamenti come la menzogna o la disonestà.
“Il peccato non è umano”, ha detto il Papa, invitando i preti a educarsi invece ai valori della giustizia, della prudenza, della saggezza.
Al contrario, la fisionomia del vero essere umano a immagine di Dio è frutto di “un processo di vita” che comincia dagli anni della formazione e deve continuare per tutta l'esistenza del sacerdote.
Benedetto XVI ha indicato nella “compassione” una dimensione essenziale del ministero del presbitero, il quale non può vivere in una sorta di distacco platonico dalle cose del mondo, ma deve prendere su di sé quotidianamente la sofferenza del suo tempo, della sua parrocchia, delle persone affidate a lui.
Per il Santo Padre, dunque, l'accettazione e l'offerta delle sofferenze nella vita pastorale costituiscono un'azione sacerdotale in senso pieno.
PREGHIERA PER L'ANNO SACERDOTALE
Signore Gesù, che in San Giovanni Maria Vianney hai voluto donare alla Chiesa una toccante immagine della tua carità pastorale, fà che, in sua compagnia e sorretti dal suo esempio, viviamo in pienezza quest'Anno Sacerdotale.
Fà che, sostando come lui davanti all'Eucaristia, possiamo imparare quanto sia semplice e quotidiana la tua parola che ci ammaestra; tenero l'amore con cui accogli i peccatori pentiti; consolante l'abbandono confidente alla tua Madre Immacolata.
Fà, o Signore Gesù, che, per intercessione del Santo Curato d'Ars, le famiglie cristiane divengano "piccole chiese", in cui tutte le vocazioni e tutti i carismi, donati dal tuo Santo Spirito, possano essere accolti e valorizzati.
Amen.
BENEDETTE LE TUE MANI
Le mani! Ogni essere umano le possiede. Sono gli strumenti più necessari, più rapidi.
Strumenti di ogni bene e di ogni male.
Ho guardato intorno a me.
Ho visto mani rudi, pronte alla violenza: ne ebbi orrore.
Ho visto mani oziose: ne ebbi disprezzo.
Dunque è immenso, dissi fra me, il male che esse fanno.
Però ho visto anche mani innocenti di bimbo e ne provai venerazione.
Mani giovani congiunte nella preghiera e ne ebbi invidia.
Mani di sposa e di madre su cui brillava l'anello dell'amore, della felicità e del sacrificio: ne ebbi rispetto.
Mani diafane che narravano la rassegnazione di una lunga infermità e ne ebbi ammirazione.
Mani nere e callose di operai e le strinsi con riconoscenza.
Ma due mani mi sono apparse meravigliose.
Le vidi caritatevoli, versare nelle mani del povero l'elemosina: dolci, carezzare bambini;
misericordiose, posarsi sul capo dell'afflitto e risollevarlo sorridente.
Le vidi benedire il popolo, le campagne, gli ammalati, consacrare un nodo d'amore,
assolvere un pentito, ungere le fragili membra del moribondo.
Le vidi all'Altare, sollevare sul mondo l'Ostia di pace e di perdono.
Dal giorno in cui il Vescovo ungendole col Sacro Olio disse "che tutto ciò che esse benediranno sia benedetto e tutto ciò che esse consacreranno sia consacrato" quelle mani fecero questo.
Allora ho capito perché in ogni paese, in tutti i paesi, ci devi essere tu, o sacerdote, e ho esclamato: Benedette le tue mani!
(Bollettino Unitalsi lombarda, maggio 1935)
SACERDOTE BUON PASTORE
Riporto alcune frasi della Catechesi del Cardinale José Policarpo (Patriarca di Lisbona), per la quinta domenica di Quaresima.
Una delle sfide dell'Anno Sacerdotale è "far sì che i sacerdoti siano, in tutto e soprattutto, pastori del Popolo che è stato loro affidato".
"Sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento la designazione di Dio come Pastore del suo Popolo esprime, in un linguaggio toccante e significativo, l'intenso amore di Dio per il suo Popolo, definisce la salvezza e il sacrificio che ce l'ha donata come atto d'amore, di un amore intenso e portato all'estremo".
"Cristo è Sacerdote perché ci ha salvati, e ci ha salvati perché ci ha amati fino al limite, fino al dono della Sua stessa vita. Egli è il Sommo Sacerdote del nostro Popolo di Dio perché è il suo Buon Pastore".
"Questa prospettiva del Pastore può ispirare tutto il rinnovamento pastorale nella forma di esercitare, attualmente, il ministero sacerdotale. Può trasformarsi nella grande domanda dell'Anno Sacerdotale: far sì che i sacerdoti siano, in tutto e soprattutto, pastori del Popolo che è stato loro affidato".
"Un buon pastore è qualcuno che guida, che ha il coraggio di indicare, alla luce della fede, il cammino da seguire. Sa dire la verità con amore. Un buon pastore è un amico della vita. Deve aprire agli altri le fonti della vita eterna".
"Un buon pastore è colui che non resta prigioniero di coloro che lo circondano sempre, ma va alla ricerca di quanti hanno deviato o non sono mai venuti; è colui che, senza disprezzare nessuno, dà un posto speciale nel suo cuore ai poveri, ai piccoli, ai più deboli".
"Un buon pastore è qualcuno che vigila, sta attento, avvisa dei pericoli; un buon pastore non pasce se stesso, non usa il suo ministero per il proprio profitto; un buon pastore conosce le sue pecore".
"E' soprattutto quando celebriamo l'Eucaristia e diamo attualità all'azione sacerdotale di Cristo che siamo i pastori che Egli desidera per il suo Popolo. Ciò richiede che, nella nostra vita, diventiamo modelli del gregge".
IL SACERDOTE
- Vive ed opera nel mondo, ma non appartiene al mondo.
- E' figlio di uomini, ma ha l'autorità di renderli figli di Dio.
- E' povero, ma ha il potere di comunicare ai fratelli ricchezze infinite.
- E' debole, ma rende forti i deboli col pane della vita.
- E' servitore, ma davanti a lui si inginocchiano gli Angeli.
- E' mortale, ma ha il compito di trasmettere l' immortalità.
- Cammina sulla terra, ma i suoi occhi sono rivolti al cielo.
- Collabora al benessere degli uomini, ma non li distoglie dalla meta finale che è il Paradiso.
- Può fare cose che neppure Maria e gli Angeli possono compiere: celebra la S.Messa e perdona i peccati.
- Quando celebra ci sovrasta di qualche gradino, ma la sua azione tocca il cielo.
- Quando assolve rivela la potenza di Dio, che perdona i peccati e ridona la vita.
- Quando insegna propone la Parola di Gesù: "Io sono la Via, la Verità e la Vita".
- Quando prega per noi il Signore lo ascolta, perché lo ha costituito "Pontefice", cioè ponte di collegamento fra Dio e i fratelli.
- Quando lo accogliamo diventa l'amico più sincero e fedele.
- E' l'uomo più amato e più incompreso; il più cercato e il più rifiutato.
- E' la persona più criticata, perché deve confermare con il suo esempio l'autenticità del messaggio.
- E' il fratello universale, il cui mandato è solo quello di servire, senza nulla pretendere.
- Se è santo, lo ignoriamo; se è mediocre, lo disprezziamo.
- Se è generoso, lo sfruttiamo; se è "interessato", lo critichiamo.
- Se siamo nel bisogno, lo assilliamo; se vengono meno le necessità, lo dimentichiamo.
E solo quando ci sarà sottratto comprenderemo quanto ci fosse indispensabile e caro.
Il sacerdote compie il Sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo.
(Lumen Gentium)
Preghiera per i Sacerdoti
Signore Gesù Cristo, Pastore buono delle nostre anime, Tu che conosci le tue pecore e sai come raggiungere il cuore dell'uomo, apri la mente ed il cuore di quei giovani che cercano e attendono una Parola di verità per la loro vita; fà loro sentire che solo nel mistero della tua incarnazione oggi trovano piena luce; risveglia il coraggio di coloro che sanno dove cercare verità, ma temono che la tua richiesta sia troppo esigente; scuoti l'animo di quei giovani che vorrebbero seguirti, ma non sanno vincere l'incertezza e le paure, e finiscono per seguire altre voci ed altri sentieri senza sbocco.
Tu che sei la Parola del Padre, Parola che crea e che salva, Parola che illumina e sostiene i cuori, vinci con il tuo Spirito le resistenze e gli indugi degli animi indecisi; suscita in coloro che tu chiami il coraggio della risposta d'amore: Eccomi, manda me.
Vergine Maria, giovane figlia di Israele, sorreggi con il tuo materno amore quei giovani, ai quali il Padre fa sentire la sua Parola; e sostieni coloro che sono già consacrati. Ripetano a Te il sì di una donazione gioiosa e irrevocabile. Amen.
Giovanni Paolo II
PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
O DIO donaci santi ministri del tuo altare,
che siano attenti e fervorosi custodi dell'Eucaristia,
sacramento del dono supremo di Cristo
per la redenzione del mondo.
Chiama ministri della tua misericordia,
che, mediante il sacramento della Riconciliazione,
diffondano la gioia del tuo perdono.
Fa', o Padre, che la Chiesa accolga con gioia
le numerose ispirazioni dello Spirito del Figlio tuo
e, docile ai suoi insegnamenti,
si curi delle vocazioni al ministero sacerdotale
e alla vita consacrata.
Sostieni i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi,
i consacrati e tutti i battezzati in Cristo,
affinché adempiano fedelmente la loro missione
al servizio del Vangelo.
Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.
Maria, Regina degli Apostoli, prega per noi!
Dal messaggio del Papa Benedetto XVI per la giornata mondiale di preghiera
per le vocazioni sacerdotali (5 Marzo 2006).
ALTER CHRISTUS
Ogni giorno sali sul Tabor
E ti trasfiguri:
sì, sei l’uomo di sempre,
ma sei soprattutto
l’Unto di Dio
che riesce a squarciare
l’impenetrabile Mistero
obbligandolo a sedersi con noi.
Ogni giorno sali il Calvario
E diventi Croce:
sì, sei l’uomo di sempre,
ma sei soprattutto
l’Unto di Dio
che permette all’Amore
di allargare le braccia
ed accoglierci
anche se peccatori.
Ogni giorno
percorri le strade,
incontri i fratelli,
incontri la sofferenza,
incontri la gioia,
incontri la solitudine,
incontri il dubbio.
Sì, sei l’uomo di sempre,
ma sei soprattutto
l’Unto di Dio
che costringe il Gran Viandante
a percorrere le nostre strade
ed a portarci sulle sue spalle.
Sei l’uomo di sempre,
ma sei soprattutto
l’Unto di Dio,
l’Alter Christus.
Antonio Sapienza
IL PRETE
Prete vuol dire essere uno strumento povero
in mano a Dio.
E' avere orecchie grandi per ascoltare, ma anche
un cuore grande per amare.
E' l'uomo della relazione: con Dio e con gli altri.
E, prima ancora, con se stesso.
E' prendere su di sé l'umanità delle persone, come ha fatto Gesù,
un'umanità molte volte lacerata e ferita.
Il prete è l'uomo della Parola e del Pane.
Con un gesto della mano, assolve i peccati.
E' l'uomo mangiato dagli altri.
Ma anche l'uomo della preghiera, del silenzio.
E' colui che, studiando ogni giorno il Vangelo,
vuole viverlo in pienezza per trasmetterlo agli altri.
Il sacerdote è colui che fa crescere le altre persone.
Non mette sé al centro, ma Cristo.
E aiuta le persone a maturare la propria vocazione.
Non è un padrone, ma un umile servitore degli altri,
perché sa che la Chiesa è di tutti, non è sua proprietà.
Sa che la vera veste da usare è il grembiule, come Gesù ha fatto lavando i piedi ai suoi apostoli.
Quando un Vescovo impone le mani ad un sacerdote,
la grazia di Cristo si riversa su tutti noi.
Sentiamo il profumo dell'olio crismale e
intuiamo che, in quella persona, a volte insignificante,
Cristo si rende presente.
La santità del prete non consiste nelle sue qualità, ma nella sua grande umiltà.
E la gente lo scopre subito.
Essere prete è il dono più grande e più bello che Gesù poteva offrirci.
Ancora oggi una bocca esclama: "FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME", mentre due mani porgono ai fedeli il Corpo e il Sangue di Gesù.
Ecco perché il prete è, in fondo, l'uomo della gioia.
Perché ha scoperto la perla preziosa e ne ha fatto nutrimento di vita.
don Luigi Trapelli
(a chiusura dell'anno sacerdotale)
Il raduno internazionale di sacerdoti più numeroso della storia
Dal 9 all’11 giugno a Roma a conclusione dell’Anno Sacerdotale
Saranno circa novemila i partecipanti all’Incontro Internazionale dei Sacerdoti che si svolgerà a Roma dal 9 all’11 giugno, a conclusione dell’Anno Sacerdotale indetto da Papa Benedetto XVI per il 150° anniversario del “dies natalis” di Giovanni Maria Vianney, il Santo Patrono di tutti i parroci del mondo, che, in questa occasione, verrà proclamato dal Santo Padre “patrono di tutti sacerdoti del mondo”.
L'Incontro Internazionale dei Sacerdoti ha come tema: “Fedeltà di Cristo, Fedeltà del Sacerdote” e si attesta a diventare il raduno più numeroso di sacerdoti che sia stato mai realizzato, oltre che il più gremito evento ecclesiale dell’anno in corso.
La Capitale dunque si prepara ad accogliere novemila sacerdoti provenienti da 91 Paesi, e avrà luogo nelle Basiliche di San Paolo Fuori Le Mura, San Giovanni in Laterano e San Pietro.
Il 9 ed il 10 giugno la Basilica di San Paolo Fuori Le Mura e quella di San Giovanni in Laterano, collegate in videoconferenza, ospiteranno la meditazione mattutina, alla quale seguirà in ognuna delle Basiliche l’adorazione eucaristica e la Santa Messa.
La sera del 10 alle 20,30 veglia in Piazza San Pietro con la presenza del Santo Padre, che il giorno dopo alle 9,30 in piazza S. Pietro presiederà la Solenne Concelebrazione Eucaristica con cui si concluderà la “tre giorni” sacerdotale.
L’Incontro Internazionale dei Sacerdoti, aperto non solo ai religiosi, ma anche ai seminaristi, ai diaconi permanenti, alle religiose e ai laici impegnati a sostenere i sacerdoti nelle loro comunità parrocchiali, sarà anche occasione per la cittadinanza tutta di essere coinvolta nei due momenti in Piazza San Pietro con il Papa, rispettivamente la veglia del 10 e la S.Messa dell’11.
Sono previste inoltre alcune iniziative promosse da Movimenti ed altri organismi ecclesiali, come il ritiro organizzato dal Rinnovamento Carismatico Cattolico Internazionale, il convegno presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sul tema “A Immagine del Buon Pastore. La figura del sacerdote nel XXI secolo”, proposto dall’Istituto Sacerdos dell’Ateneo e la manifestazione pomeridiana in Aula Paolo VI realizzata dai Movimenti dei Focolari e di Schonstatt.
Per la fine dell'Anno Sacerdotale più di 16.000 Sacerdoti con il Papa
Venerdì 11 giugno 2010, Solennità del Sacro Cuore di Gesù, grande concelebrazione in San Pietro della S.Messa presieduta da Benedetto XVI, con 80 Cardinali, 350 Arcivescovi e Vescovi e 15.000 sacerdoti provenienti da cinque continenti.
Le letture sono state lette in varie lingue: la prima in spagnolo, "Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura" (Ezechiele 34). Poi il canto del salmo 22 (23), "Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla". La seconda lettura è stata letta in inglese "Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito" (Rm, 5, 5-11).
E' stato quindi letto il Vangelo, con la parabola della pecora smarrita. E' seguita l'omelia del Papa, che parlando della vocazione sacerdotale ha detto: "Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore".
I sacerdoti hanno poi rinnovato le promesse fatte al momento dell'Ordinazione.
La processione offertoriale si è svolta mentre il coro della Cappella Sistina intonava il canto Maior est caritas, ispirato all'Inno della Carità di San Paolo (1 Corinzi 13).
Il momento della consacrazione è stato particolarmente significativo. I sacerdoti che si sono situati sul sagrato avevano i calici con le ostie per consacrarle all'unisono con il Pontefice e distribuire poi l'Eucaristia ai presenti alla Messa.
Al termine dell'Eucaristia, e con questa dell'Anno Sacerdotale, Benedetto XVI ha pronunciato le parole del rito di conclusione in una preghiera alla Vergine Maria: "Aiutaci con la tua potente intercessione a non venir mai meno a questa sublime vocazione, a non cedere ai nostri egoismi, alle lusinghe del mondo ed alle suggestioni del maligno".
"Madre della Chiesa, noi sacerdoti vogliamo essere pastori che non pascolano se stessi, ma si donano a Dio per i fratelli, trovando in questo la loro felicità. Non solo a parole, ma con la vita, vogliamo ripetere umilmente, giorno per giorno, il nostro 'eccomi'".
“Il sacerdote è un dono del cuore di Cristo: un dono per la Chiesa e per il mondo”
Lo ha affermato Benedetto XVI domenica 13 giugno 2010, ricordando i frutti dell’Anno sacerdotale, che si è chiuso il giorno 11 giugno.
"Qui a Roma – ha detto il Papa prima della preghiera dell'Angelus – abbiamo vissuto giornate indimenticabili, con la presenza di oltre quindicimila sacerdoti di ogni parte del mondo”.
“Perciò, oggi desidero rendere grazie a Dio per tutti i benefici che da questo Anno sono venuti alla Chiesa universale. Nessuno potrà mai misurarli, ma certamente se ne vedono e ancor più se ne vedranno i frutti".
Il Santo Padre ha inoltre sottolineato che “i sacerdoti sono i primi operai della civiltà dell’amore”.
“E qui penso a tante figure di preti, noti e meno noti, alcuni elevati all’onore degli altari, altri il cui ricordo rimane indelebile nei fedeli, magari in una piccola comunità parrocchiale”.
Benedetto XVI ha quindi richiamato le figure di san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, patrono di tutti sacerdoti del mondo – di cui quest'anno ricorrono i 150 anni dalla morte – e don Jerzy Popieluszko, sacerdote e martire, cappellano di “Solidarność”, il Primo Sindacato Indipendente ed Autogestito della Polonia, beatificato il 6 giugno scorso a Varsavia.
Don Popieluszko, ha ricordato il Papa, “ha esercitato il suo generoso e coraggioso ministero accanto a quanti si impegnavano per la libertà, per la difesa della vita e la sua dignità”: un' “opera al servizio del bene e della verità”, “un segno di contraddizione per il regime che governava allora in Polonia”.
“L’amore del Cuore di Cristo lo ha portato a dare la vita, e la sua testimonianza è stata seme di una nuova primavera nella Chiesa e nella società”.
“Se guardiamo alla storia possiamo osservare quante pagine di autentico rinnovamento spirituale e sociale sono state scritte con l’apporto decisivo di sacerdoti cattolici, animati soltanto dalla passione per il Vangelo e per l’uomo, per la sua vera libertà, religiosa e civile”.
“Quante iniziative di promozione umana integrale sono partite dall’intuizione di un cuore sacerdotale!”
Preti per amore: il sacerdozio e la bellezza di Dio
Lettera pastorale del Mons. Bruno Forte, Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto, a conclusione dell’anno sacerdotale 2009-2010
(pubblicata su ZENIT sabato 3 luglio 2010)
Perché è bello essere preti?
Perché il sacerdozio è così necessario?
Come riconoscere la chiamata a una missione così importante?
Come viverla fedelmente per tutta la vita?
Proviamo a capirlo insieme.
Essere preti non è un impiego burocratico,
ma il frutto di un dono che viene da Dio
e rende la persona capace di agire come segno efficace di Cristo,
Capo del Suo Corpo che è la Chiesa,
al servizio del Vangelo, della riconciliazione e della carità fraterna.
È la missione che potrà rendere felici non solo quanti ad essa sono chiamati,
ma anche tutti coloro al cui servizio spenderanno la loro vita
seguendo con fedeltà e amore
il Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, Gesù.
1. In principio la scelta di Gesù. “Gesù salì sul monte e chiamò a sé quelli che volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e per mandarli a predicare” (Marco 3,13-15). Il contesto è solenne, come a sottolineare che l’iniziativa viene dall’alto. Gesù sceglie i capi del nuovo popolo di Dio, dodici come i patriarchi e le tribù d’Israele. Ad essi affiderà il compito di celebrare il memoriale della sua Pasqua, di rendere presente, cioè, Lui crocifisso e risorto nel pane eucaristico, nella parola della fede, nella comunione della famiglia di Dio, la Chiesa: “Fate questo in memoria di me” (Luca 22,19 e 1 Corinzi 11,24). C’è un aspetto della condizione dell’apostolo che è irripetibile: il diretto contatto con Gesù nei giorni della Sua vita terrena. La sua funzione di annunciatore del Vangelo e il suo ministero di unità, tuttavia, non potranno cessare nella Chiesa, che avrà sempre bisogno di un servizio analogo a quello esercitato alle origini dagli apostoli, nella continuità storica e spirituale con esso. Questo ministero è stato chiamato “ordine sacro”, forse in riferimento all’espressione “secondo l’ordine di Melchisedech”, usata dal Salmo 110,4 e ripresa da Ebrei 5-7 in relazione al sacerdozio di Cristo. Ispirandosi a quanto fa appunto la lettera agli Ebrei parlando di Gesù, il ministro d’unità verrà detto anche “sacerdote”. Il titolo di “presbitero”, che vuol dire “anziano”, gli sarà dato in base al rispetto riconosciutogli, analogo a quello dovuto alle persone avanti in età. Da “presbitero” deriva il termine “prete”, comunemente usato.
2. La chiamata al servizio della comunità. Sin dalle origini il sacerdote fu visto nel suo rapporto alla comunità: scelto da essa, costituito per essa. “Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio...” (Ebrei 5,1-4). Al sacerdote è chiesto di essere esperto in umanità, solidale con le gioie e le sofferenze di tutti, attento e rispettoso verso ciascuno, ed insieme testimone del dono ricevuto dall’alto, segno vivo del Cristo che offre la vita per i suoi e li riconcilia con Dio. Uomo di frontiera, impegnato nella continua intercessione che in unione a Cristo Capo svolge fra gli uomini e Dio, il presbitero è chiamato a vivere la propria esistenza come dono per gli altri, sfida d’amore che sovverte la logica mondana del guadagno e le antepone l’esigente bellezza della gratuità. La forza del prete sta nella sua debolezza: è il suo esistere per gli altri che lo rende credibile. Così lo descrive un testo medioevale: “Un prete deve essere contemporaneamente piccolo e grande, nobile di spirito, come di sangue reale, semplice e naturale, come di ceppo contadino, un eroe nella conquista di sé, un uomo che si è battuto con Dio, una sorgente di santificazione, un peccatore che Dio ha perdonato, dei suoi desideri il sovrano, un servitore per i timidi e per i deboli, che non s’abbassa davanti ai potenti, ma si curva davanti ai poveri, discepolo del suo Signore, capo del suo gregge, un mendicante dalla mani largamente aperte, un portatore di innumerevoli doni, un uomo sul campo di battaglia, una madre per confortare i malati, con la saggezza dell’età e la fiducia d’un bambino, teso verso l’alto, i piedi sulla terra, fatto per la gioia, esperto del soffrire, lontano da ogni invidia, lungimirante, che parla con franchezza, un amico della pace, un nemico dell’inerzia, fedele per sempre... Così differente da me!” (da un manoscritto trovato a Salisburgo).
3. Il prete nella società complessa: un dono che viene da lontano. In una società, che è divenuta spesso una “folla di solitudini”, dominata dall’incomunicabilità e dall’estraneità degli altri, un’esistenza donata per amore, giocata “soltanto” per la riconciliazione con Dio e fra gli uomini, in un impegno di fede esigente e totale, si offre come un segno di contraddizione, una sorgente di speranza per tutti. Come l’Apostolo, il sacerdote dovrà dire di sé: “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia” (2 Corinzi 1,24). Questo modo di essere non è frutto di capacità umane, ma viene da Dio: lo ricorda la liturgia dell’ordinazione, strutturata nei tre momenti della “vocazione”, dell’“invocazione” e della “consacrazione”. Nel momento della “vocazione”, in cui il Vescovo chiama solennemente colui che chiede di essere ordinato, risuona l’iniziativa del Signore, che sceglie e invia i suoi apostoli. Mediante l’“invocazione” - rivolta al Signore, alla Vergine Madre Maria e ai Santi - la Chiesa pellegrina nel tempo invoca l’intercessione e l’aiuto della Chiesa celeste. Infine, nell’atto della “consacrazione” il carisma del ministero ordinato viene trasmesso attraverso l’imposizione delle mani e la preghiera del vescovo. Così è stato sin dalle origini: “Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani” (2 Timoteo 1,6). La successione episcopale, che è appunto la trasmissione della grazia del sacerdozio attraverso l’ininterrotta catena dei vescovi, successori degli Apostoli, testimonia ed assicura la continuità della Chiesa nella tradizione apostolica, e quindi la sua permanenza nelle caratteristiche fondamentali della comunità affidata da Gesù ai Dodici. Il sacramento dell’ordine è un dono che viene da lontano, senza per questo perdere il suo mordente e la sua attualità. Esso comprende tre gradi: l’episcopato, che ne è la pienezza, che fa del vescovo il segno e il ministro dell’unità della Chiesa locale, al suo interno e nella comunione fra tutte le Chiese, espressa dal collegio episcopale e dal suo capo, il Vescovo di Roma; il presbiterato, che costituisce i sacerdoti “cooperatori del vescovo”, uniti collegialmente intorno a lui e chiamati ad esercitare il ministero di unità nell’ambito ad essi affidato; il diaconato, infine, che costituisce il ministro in aiuto del vescovo, al servizio dell’evangelizzazione e della carità nella comunità cristiana. La rete di rapporti che nasce da questo triplice grado dell’ordine sacro richiede fra tutti i ministri del Signore una comunione effettiva e profonda, tale cioè da favorire l’unità e la collaborazione fra le varie componenti della comunità ecclesiale, ciascuna nel grado che le è proprio e secondo il dono ricevuto da Dio. Specialmente la fraternità dei sacerdoti fra loro e la comunione piena e leale col Vescovo sono un segno eloquente dell’amore, voluto da Gesù come caratteristica dei suoi discepoli.
4. Il sacerdote e la Trinità. Il rapporto del sacramento dell’ordine a Dio Trinità è esplicitato dalla stessa preghiera di ordinazione, rivolta al Padre perché prenda possesso dell’ordinando (è questo il significato dell’imposizione delle mani da parte del vescovo ordinante), lo colmi del dono dello Spirito, lo configuri a Cristo sacerdote e ne faccia il segno della sua iniziativa d’amore nella comunità. Di qui l’esigenza che il sacerdote testimoni sempre l’assoluto primato di Dio, sia esperto nella preghiera e irradi nel suo servizio la luce e la forza che gli derivano dall’unione con la fonte di ogni dono, il Padre celeste. In rapporto al Figlio Gesù, sommo ed eterno Sacerdote, l’ordinazione configura l’ordinando a Lui, affinché possa agire quale segno efficace di Cristo Capo per la crescita della Chiesa nell’unità, mediante l’annuncio autorevole della Parola di Dio, la presidenza della liturgia e il governo pastorale. Questo rapporto del presbitero con Cristo è così forte e definitivo - grazie alla fedeltà del Signore - che viene definito “carattere”, e cioè segno indelebile: il ministro ordinato è chiamato ad essere con la sua intera esistenza presenza viva e irradiante del Salvatore. Il prete vive dell’amore di Cristo: “Il Sacerdozio - soleva dire il Santo Curato d’Ars - è l’amore del cuore di Gesù”. Nella liturgia dell’ordinazione, infine, viene invocato lo Spirito Santo, perché faccia dell’ordinando il segno e il servo della comunione, che il Consolatore incessantemente suscita e vivifica, e lo renda capace di operare il discernimento e il coordinamento dei carismi in vista dell’utilità comune. Questo rapporto con lo Spirito richiede la docilità del cuore, nell’attenzione a coglierne i segni e i doni dovunque essi si facciano presenti e nell’incessante invocazione della luce e dell’amore che solo lo Spirito può effondere nei nostri cuori. Attraverso il sacramento dell’ordine la Trinità entra dunque in modo speciale nella storia degli uomini e suscita presbiteri che in forza del dono ricevuto sono resi capaci di costruire cammini di vera libertà e legami di pace con Dio e fra gli uomini, nel tempo e per l’eternità.
5. Come divenire pastori fedeli. Un grande pastore della Chiesa antica, il Papa Gregorio Magno, scrisse un testo, la Regola Pastorale, in cui indica con molta saggezza le condizioni per divenire ed essere sacerdoti fedeli. È un’opera così utile e bella che vorrei farne tesoro con voi. All’inizio di tutto nella vita del pastore c’è la grazia, la chiamata gratuita e sorprendente di Dio: per ascoltarla e rispondere ad essa è indispensabile la generosità del cuore. Scrive San Gregorio: “Se l’impegno pastorale è la prova dell’amore, chi, pur avendo le doti, rifiuta di pascere il gregge di Dio, mostra di non amare il pastore supremo” (I, 5). È in condizione di diventare prete solo chi sia disposto a rispondere con fede e amore totale alla chiamata divina, avendo chiara consapevolezza di che cosa essa domandi a chi è chiamato: “Deve essere illibato nel pensiero, esemplare nella condotta, riservato per il silenzio, utile attraverso la parola, vicino a tutti con solidarietà, dedito più di ogni altro alla contemplazione, legato con vincoli di umiltà a quanti compiono il bene, avversario dell’iniquità dei malvagi per zelo di giustizia, intento a non indebolire la vita interiore per le cure temporali e a non sottrarsi agli impegni di questo mondo per la sollecitudine dei doveri spirituali” (II, 12). Ogni carrierismo, come ogni pavidità, devono essere banditi dal cuore del pastore: “Non abbia desiderio dei successi di questa vita né timore delle avversità, si opponga alle lusinghe del mondo tenendo conto di ciò che nell’intimo dà terrore, e ne disprezzi le paure seguendo l’attrattiva delle interiori dolcezze” (II, 14). Chiamati al sacerdozio dall’amore di Dio, si può essere preti soltanto per amore, disinteressato e fedele. Non mancheranno certo momenti di prova e di difficoltà. Ogni timore, però, va fugato, ricordando che la fedeltà alla chiamata è dono del Signore, che non nega mai il Suo aiuto a chi lo chieda con fede e umiltà.
6. Come il pastore deve relazionarsi a chi gli è affidato. Al dono divino deve corrispondere l’accoglienza responsabile da parte di coloro che sono chiamati al servizio dell’unità del popolo di Dio, quali profeti, sacerdoti e pastori. Il prete è anzitutto profeta, annunciatore autorevole della Parola di Dio: in questo ministero egli si affiderà continuamente all’assistenza dello Spirito Santo, che illumina le menti e riscalda i cuori, impegnandosi da parte sua a essere attento nell’uso delle parole, attraverso cui passa il suo annuncio e si irradia la sua carità pastorale: “Chi governa sia discreto con il suo silenzio e utile con la sua parola, per non svelare ciò che va tenuto segreto e per non tenere nascosto ciò che deve essere proclamato” (II, 15). Questa regola vale soprattutto per la predicazione: “Con grande impegno i pastori d’anime devono far in modo non solo di non proclamare mai degli errori ma anche di non esporre la verità in modo prolisso e disordinato, perché spesso l’efficacia della parola sfuma quando è indebolita presso il cuore degli ascoltatori da una verbosità inopportuna e incauta” (II,15). Nel presiedere la liturgia, culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa, il sacerdote offrirà se stesso all’azione divina, aprendo il suo cuore alla Trinità Santa in spirito di preghiera e di adorazione, testimoniando la gioia e la forza trasformante che scaturiscono dall’accoglienza della Parola e dei doni del Signore. Nell’esercitare la sua responsabilità di pastore e guida il prete ricorderà di non essere superiore a nessuno, perché la sovranità in tutto e su tutti spetta solo a Dio: “Quanti sono insigniti di autorità devono considerare in sé non il potere del loro grado ma l’uguaglianza della condizione, e siano lieti non di dominare sugli uomini ma di far loro del bene” (II, 17). In questa luce, il pastore promuoverà la dignità e la collaborazione attiva di tutti i battezzati, sforzandosi di valorizzare le qualità e i doni di ciascuno in vista dell’utilità comune. L’urgenza della carità dovrà sempre animare le sue scelte, in modo da testimoniare con l’eloquenza della vita che “quando offriamo ai poveri ciò di cui hanno stretto bisogno, non elargiamo del nostro, ma restituiamo ciò che a loro è dovuto; più che compiere un’opera di misericordia, adempiamo un dovere di giustizia” (III, 45). La carità pastorale è il segno distintivo di un prete che agisce secondo il cuore di Dio!
7. Come vivere il rapporto con il Signore. Quali che siano i compiti cui attende, il sacerdote dovrà dare sempre il primo posto all’intimità col Signore, fonte della carità pastorale: “Il pastore non trascuri la vita interiore a motivo degli impegni terreni e non si sottragga ai compiti temporali per dedicarsi soltanto alle realtà dello spirito, così da non esaurirsi nel fervore per l’assillo delle cose terrene né da togliere al prossimo ciò che concretamente gli deve, per aver scelto di dedicarsi solo alla vita dello spirito” (II, 18). Essere amabili, senza cercare il consenso a tutti costi, è proprio del buon pastore: “Chi presiede deve far in modo di essere amato per riuscire ad avere ascolto e, tuttavia, non cercare un affetto rivolto a sé, per non trovarsi nella segreta bramosia del potere” (II, 19). E poiché il vero amore viene solo dall’alto, alla radice di questo stile di vita ci dovrà essere l’ascolto credente e perseverante della Parola di Dio: “Tutto ciò è attuato dal pastore se, animato da spirito di soprannaturale timore e amore, si impegna ogni giorno a meditare i precetti della Sacra Scrittura, affinché le parole della divina ammonizione restaurino in lui il vigore della sollecitudine e della vigile attenzione nei riguardi della patria celeste, che la consuetudine con le vicende della vita corrode senza soste” (II, 22). L’eloquenza dei gesti dovrà autenticare il servizio della Parola: “Ogni predicatore deve attendere al suo ministero più con i fatti che con le parole, e tracciare con una vita santa la via da percorrere a chi vuol seguirlo, piuttosto che mostrare solo con la parola la strada su cui compiere il cammino” (III, 64). Anche questo, però, viene da Dio, perché nessuno può vivere in obbedienza, povertà e castità senza il Suo aiuto. Perciò, presupposto necessario a ogni esistenza sacerdotale generosa e fedele è l’umiltà accogliente davanti all’Eterno: “Lo sguardo dello spirito si rivolga alle proprie debolezze e faccia nascere in sé una salutare umiltà, dando risalto non al bene compiuto ma a quello che si è trascurato di compiere, in modo che il cuore, nella contrizione al ricordo della propria debolezza, si renda più saldo nella virtù al cospetto dell’Autore dell’umiltà” (IV, 65). Dove c’è questa umiltà, ci sarà anche la gioia di una vita piena di significato e di passione, quale è l’esistenza sacerdotale vissuta con amore fedele a Dio e al prossimo.
8. Preghiamo per i sacerdoti. Con umiltà ogni sacerdote chieda a Dio di essere così. E chi non è sacerdote, lo faccia per i pastori, certo che dalla santità dei presbiteri ne verrà del bene per tutti, perché un prete fedele è una vera sorgente di pace e di gioia per sé e per gli altri, come la “fontana del villaggio” a cui tutti vanno ad attingere, secondo l’immagine cara al “Papa buono” Giovanni XXIII. Domandiamo questo dono al Signore, pregando così: Donaci, Padre, sacerdoti che siano riflesso fedele del Tuo amore infinito, capaci di riscoprire ogni giorno la gioia di essere chiamati da Te al servizio della riconciliazione fra gli uomini e della crescita del Tuo popolo nella fede, nella speranza e nella carità. Configurali al Figlio Tuo Gesù Cristo, perché siano accoglienti verso tutti, servi d’ogni uomo, annunciatori umili e fieri della Parola della vita, profeti del Regno che viene, ministri dell’unico sacrificio, disposti ad offrire in sacrificio se stessi, guide luminose del popolo dei pellegrini in cammino verso la patria promessa. Colmali del Tuo Spirito, Padre, perché trasmettano credibilmente il Tuo perdono e la gioia a quanti sono loro affidati e suscitino fra gli uomini vincoli di unità, di giustizia e di pace. La loro testimonianza accenda in tutti il desiderio di Te e nel cuore di tanti l’attrazione a seguire Gesù, Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, sulla via umile e bella del sacerdozio scelto e vissuto per amore. Amen. Alleluia!
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