IL PRETE
Prete vuol dire essere uno strumento povero in mano a Dio. E' avere orecchie grandi per ascoltare, ma anche un cuore grande per amare. E' l'uomo della relazione: con Dio e con gli altri. E, prima ancora, con se stesso. E' prendere su di sé l'umanità delle persone, come ha fatto Gesù, un'umanità molte volte lacerata e ferita. Il prete è l'uomo della Parola e del Pane. Con un gesto della mano, assolve i peccati. E' l'uomo mangiato dagli altri. Ma anche l'uomo della preghiera, del silenzio. E' colui che, studiando ogni giorno il Vangelo, vuole viverlo in pienezza per trasmetterlo agli altri. Il sacerdote è colui che fa crescere le altre persone. Non mette sé al centro, ma Cristo. E aiuta le persone a maturare la propria vocazione. Non è un padrone, ma un umile servitore degli altri, perché sa che la Chiesa è di tutti, non è sua proprietà. Sa che la vera veste da usare è il grembiule, come Gesù ha fatto lavando i piedi ai suoi apostoli. Quando un Vescovo impone le mani ad un sacerdote, la grazia di Cristo si riversa su tutti noi. Sentiamo il profumo dell'olio crismale e intuiamo che, in quella persona, a volte insignificante, Cristo si rende presente. La santità del prete non consiste nelle sue qualità, ma nella sua grande umiltà. E la gente lo scopre subito. Essere prete è il dono più grande e più bello che Gesù poteva offrirci. Ancora oggi una bocca esclama: "FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME", mentre due mani porgono ai fedeli il Corpo e il Sangue di Gesù. Ecco perché il prete è, in fondo, l'uomo della gioia. Perché ha scoperto la perla preziosa e ne ha fatto nutrimento di vita.
don Luigi Trapelli (a chiusura dell'anno sacerdotale)
|