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Ultimo Urlo - Inviato da: efisio - Domenica, 03 Giugno 2018 00:10
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Foto del Capitolo della Provincia Romana dei Padri Mercedari - 2018 - Clicca qui -
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Storiella, Proviamoci! |
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Oct 14 2008, 11:51 AM
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CAPITOLO I
C'era una volta, un ragazzo molto silenzioso, che viveva in un paese non lontano da Madrid. Era povero ed aveva solo due grandissimi amici con cui passava il tutto il suo tempo. Erano molto uniti perché avevano in comune grandi sogni e grandi passioni, oltre ad un amore senza limiti per il il loro Dio. Un giorno, mentre passeggiavano insieme verso il mercato, incontrarono uno schiavo che veniva frustato dal suo padrone; era una scena comune in quei tempi, ma quell'istante, anche se allora non lo sapevano, avrebbe cambiato la loro vita. Presero tutto quello che avevano e andarono in giro per il mondo e arrivarono sino in Brasile. Qui trovarono una situazione terribile: la dignità umana veniva costantemente calpestata. Decisero così di creare un ordine che aveva come carisma e motto "LIBERI PER LIBERARE", il cui scopo era restituire la libertà sino a donare la propria vita in cambio di altre persone meno fortunate. Molti intorno a loro non riuscivano a capire quel sacrificio e si chiedevano: "Come si può dare la propria vita per persone che non si conoscono e non rappresentano nulla per noi?". Uno dei tre disse: "Amar come Gesù amò, pensar come Gesù pensò, soffrir come Gesù soffriva, gioir come Gesù gioiva... e quando arriverà la sera tu ti senti pazzo di felicità...". Qualcuno che pensò che erano davvero dei pazzi. Altri invece, toccati dalle loro parole, compresero il significato di ciò che facevano, il loro amare senza riserve. Molti si unirono a loro, ma c'era un ricco signore spagnolo che li odiava perché ciò che predicavano lo impoveriva di molto denaro; allora questo nobile un giorno li accusò di averlo derubato ed i loro capi andarono in prigione. Sembrava non ci fossero più speranze; coloro che tanto avevano decantato la libertà si trovavano in prigione. Ma ciò che importava era che i loro cuori fossero ancora liberi, perché continuavano a confidare nell'aiuto di quel Dio che mai li aveva delusi. E, dopo una notte di preghiere videro volare sull'alba un gabbiano, e in quel momento, furono abbagliati da una luce. Non credevano ai loro occhi, ma in un battito di ciglia compresero... Quello che si stagliava dietro il gabbiano era un UFO! Cioè un piccione mangiapane a UFO. Ed il piccione sembrò gufo... poi civetta poi pony express (il pegaso volante)... era invece lo Spirito Santo. Si posa su tutti i giovani che lo accolgono e lo accoglieranno e l'hanno accolto: liberamente, senza imposizioni.
CAPITOLO II
Una volta che i carcerieri ebbero capito l'errore che compivano nel tenere imprigionati questi Santi uomini, decisero di rendere loro la libertà. Il nostro protagonista e fondatore decise allora di mettersi da solo in viaggio per annunciare le sue Verità. Questo ragazzo, non molto lontano da Madrid, aveva un suo prossimo, un suo simile, nel carattere, nell'intemperanza e nella testardaggine. I due fecero una grande amicizia, assieme al Padre di tutti.
Fecero molte cose assieme, compirono i loro studi, conobbero il mondo. Scoprendosi l'un l'altro compresero che la loro Amicizia era importante, che assieme avrebbero potuto fare grandi cose, ma che se si fossero divisi avrebbero potuto fare il doppio del bene... Perciò, l'amico del nostro protagonista prese una nave che salpava verso terre lontane. Ma all'improvviso, a circa metà viaggio, ci fu una violenta tempesta... E i marinai furono costretti a gettare in mare tutto il carico. Ma quando una cassa di legno molto pesante venne gettata in mare... la tempesta si placò. Tutti erano curiosi di vedere cosa vi fosse dentro... Seguirono quindi la cassa fino a che questa non approdò su una spiaggia. Nessuno riusciva ad aprirla così la gente andò a chiamare i padri vestiti di bianco perché così era stato gridato dalla voce di un bambino che non aveva mai parlato prima di allora. I frati aprirono la pesante cassa e dentro trovarono, ben protetti, una spada, uno scudo ed un medaglione. Nessuno dei marinai imbarcati sulla nave sapeva di chi fossero questi antichi oggetti, ne dove questa cassa fosse destinata ad arrivare. Incise sopra lo scudo c'erano poche parole... Una frase che così diceva: "Liberi per Liberare!"
CAPITOLO III
La spada era un oggetto che trasmetteva semplicità ma al tempo stesso una grande ricercatezza e ricchezza. La sua elsa vedeva un impugnatura di color rosso intenso. Il pomolo era argenteo, rilucente, e il rilievo in oro, di forma sinuosa, recava una chiara e bellissima lettera M. La guardia crociata era formata da due rami in argento, che nascevano dall'impugnatura, e che si aprivano in una serie di ramoscelli a formare una piccola cupola a protezione della mano che la impugnasse. Dal ramoscello spuntavano piccole foglie e roselline d'oro. La coccia era di un materiale nero, con riflessi che al sole potevano essere di un blu o verde molto intenso ma cupo, che sembravano nascere al suo interno. La lama era argentata e recava un'incisione che sul fondo appariva scura, nera, e che faceva così esaltare maggiormente la scritta
"Noli vinci a malo, sed vince in bono malum".
Tutti provavano a prendere in mano quegli oggetti, ma erano talmente pesanti che nessuno riusciva a sollevarli nemmeno di un millimetro. Ma quel ragazzo, imbarcatosi lasciando tutto nel suo passato e puntando ad annunciare ciò che aveva imparato al suo prossimo, benchè fosse così gracile riuscì ad afferrare gli oggetti come se fossero fatti di aria, e in quel momento disse: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi». In quel momento i suoi nuovi amici imbarcati, così distanti da lui furono abbagliati da una luce immensa fuoriuscita dalla punta della spada alzata verso il cielo. Alcuni di questi caddero al suolo, altri rimasero confusi e barcollanti, mentre il giovane con indosso gli oggetti trovati nella cassa, e avvolto nella luce immacolata, sembrava non essere più lui ma un angelo. La luce andò calando sinché non fu possibile per tutti riaprire gli occhi e guadare verso il giovane che aveva riacquistato le sue sembianze e gli oggetti erano tornati al loro posto nella cassa. Anche il giovane sembrò ridestarsi da un sogno; i suoi occhi, azzurri come il mare, brillavano di una luce nuova; brillavano di gioia, ardore, coraggio, forza. Il giovane aprì le sue braccia e disse rivolto ai suoi compagni: "Oggi è un nuovo giorno. Questo nuovo sole che splende sulla nostra vita ci farà aprire una strada nuova. Non abbiate paura; abbiate fede". Un amico disse: "Ma cosa significano questi oggetti? Apparterranno a qualche ricco signore. E a te, cosa è accaduto?". Il giovane rispose: "Ora sono forte dello Spirito del mio Dio, che ci conduce verso nuovi sentieri. Partiamo insieme e capiremo cosa Dio vuole dirci con questa spada, con questo scudo, e con questo medaglione". E nel suo sguardo videro riflesso l'ardore, l'amore di Cristo, e tutt'intorno si respirava LIBERTA'.
CAPITOLO IV
L'orizzonte del pensiero si annuvolò in un istante quando, aggrottando la fronte, il più anziano del gruppo manifestò la decisione di non più seguirli in questo ulteriore viaggio che, nelle sue previsioni, appariva funesto. Nessuno dei presenti azzardò giudizi sulla decisione imprevista che dava agli iniziali entusiasmi un repentino stop. E mentre la mandria dei perché si affannava a voler entrare nell'ovile della ragione, in lontananza un tintinnio leggero obbligò lo sguardo degli impensieriti amici a volgersi verso la brulla radura dalla quale una giovane donna avanzava decisa verso di loro, sguardo fiero e allegro, occhi che brillavano di una strana luce. Non portava addosso campanelli, e nessuno si spiegava da dove potesse venire il rumore. avvicinandosi al giovane, disse di volerlo accompagnare nel viaggio che intendeva intraprendere con i suoi amici. I presenti rimasero colpiti dalla fermezza della decisione della ragazza, che allungando la mano verso gli oggetti sollevò senza fatica il pesante scudo, dicendo loro: "Io sarò la vostra protettrice".
La giovane donna aveva la pelle del colore dell'ambra, gli occhi scuri e fieri, e i suoi lunghi capelli si scompigliavano dolcemente al vento del mattino. "Chi sei tu, dunque?" disse il più anziano tra quelli li giunti "Non ti ho mai vista camminare per le vie di questo paese. Dunque quale è il tuo nome? Da dove vieni?". La giovane parlò, e la sua voce era simile ad un soffio di brezza leggera. "Il mio nome è Bkiharuot, e vengo da una terra lontana. Io ti ho visto sempre mentre prendevi il largo con la tua barca in cerca di qualcosa che nemmeno tu sai, ma tu mai mi hai voluto vedere, così chiuso e asserragliato nei tuoi pensieri". "Cosa significa dunque il tuo nome?" chiese un altro. "Il mio nome, nell'antica lingua del mio paese, significa LIBERTA'".
Bkiharout afferrò da terra il vecchio medaglione trovato dentro la cassa insieme alla spada e allo scudo, lo rigirò fra le mani contemplandolo come se fosse un diamante... Il vecchio ciondolo era tutto d'oro zecchino: sul davanti aveva inciso una piccola croce bianca e sotto di essa quattro bande di corallo. Improvvisamente, con uno scatto repentino, il medaglione si aprì, lasciando cadere per terra un piccolo foglio di pergamena avvolto in un nastro... Bkiharout lo raccolse da terra e lo consegnò tra le mani del ragazzo che aveva impugnato poco prima la spada lucente... Il ragazzo aprì il foglio di pergamena e un pò titubante lesse ad alta voce il titolo che stava a capo pagina:
TESTAMENTO DE PEDRO NOLASCO PARA L'ORDEN DE LA MADRE DE DIOS DE LA MERCED
Il foglio diceva:
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Queste parole risultarono incomprensibili a coloro che ascoltavano. Maggiore fu la sorpresa quando la scritta scomparve agli occhi di tutti ed il foglio ritornò intonso. Una sola era la certezza per tutti. Qualcosa si stava costruendo sul loro percorso... Vite diverse e distanti si erano incontrate presso il mare che tutto cambia. Oggetti strani e con proprietà speciali... Il gruppo si stava formando.
CAPITOLO V
"Cosa mai possono significare queste parole che abbiamo appena ascoltato?" domandò uno del gruppo. Bkiharout rispose: "È ancora troppo presto perchè possiate capirle appieno... Guardate là..." e dicendo questo, con l'indice indicò un punto poco preciso nell'orizzonte che si parava davanti ai loro occhi... "Che cosa dobbiamo guardare?" chiese il più giovane del gruppo. Bkiarout non rispose; rimase immobile con il braccio proteso davanti a sè, come impugnando un arco. Fu allora che, dall'orizzonte, comparve un gruppo di cavalieri provenienti dalla vicina città. Questa era assediata da degli uomini armati il cui unico interesse era razziare il suo castello. Questa era una delle tante città assediate, una delle tante guerre che si combattevano in tutta la terra allora conosciuta. Sembrava che l'uomo non sapesse far altro che combattere contro il suo fratello. Fu in quel momento che tutti fuggirono come era possibile per mettersi al riparo. Del gruppo assiepatosi attorno alla cassa non rimase che un piccolo gruppo di persone. Bkiharout tenne in mano lo scudo mentre il giovane Nahel la spada, ponendo il medaglione nella sua tasca. Così assieme iniziarono a correre nella foresta li vicina perdendo di vista tutte le altre persone che erano state con loro sino a poco prima. Si trovarono così soli a girare nel bosco senza sapere dove andare, cosa fare, e sperando di non capitare presso una guerra, in mano a dei banditi o chissà cos'altro.
CAPITOLO VI
La loro corsa si fermò dopo quello che a loro parve un lunghissimo tempo, tanto era affannato il loro respiro e stanco il loro passo. Si sedettero, stremati, ai piedi di un albero secolare ed immenso, che superava di molto tutti gli alberi di quella ombrosa foresta. Tutt'intorno era calma e silenzio; solo il loro cuore che batteva forte ricordò loro ciò che avevano appena vissuto; qualcosa era cominciato, e ormai nessuno poteva più tirarsi indietro. Nahel mise le mani in tasca, nella speranza di trovare del cibo, ma si trovò di nuovo in mano il medaglione che ardeva tra le sue mani come se dentro di esso vi fosse celata una forza vitale, un soffio di vento, una brezza leggera che alleviò per un attimo le pene e la fatica dei due giovani stanchi e preoccupati per il loro domani che gravava sulle loro spalle come un pesante zaino da portare con amore lungo un duro viaggio. Il silenzio della foresta fu improvvisamente interrotto dal bando che passava ai suoi confini, che annunciava che gli abitanti della loro città, catturati dai cavalieri del drago nero, sarebbero stati giustiziati all'alba del giorno dopo per non aver voluto rinnegare la loro fede e non aver voluto collaborare alla cattura di quanti erano fuggiti. i due giovani si guardarono per un attimo. il dubbio e la paura attanagliavano i loro cuori. casa fare? come comportarsi? quale era la cosa giusta da fare? il medaglione sembrò più caldo e più luminoso nelle loro mani, sembrò quasi dare al risposta al giovane uomo: "devo andare!" disse alla ragazza. "la spada che mi è stata donata mi porterà alla vittoria contro i miei nemici, e i miei amici saranno liberi!". Bkiharout lo fissò intensamente. Il suo sguardo fermo, puro e sincero lo colpì profondamente. "Io verrò con te", disse con voce dolce e allo stesso tempo decisa. "No", disse Nahel, "potrebbe essere pericoloso, e tu..." "E io cosa?" disse in risposta Bkiharout, "forse perché sono una ragazza devo essere debole e timorosa? Imparerai a conoscermi, Nahel. Quando la voce di Dio ti chiama per nome, quando una brezza leggera ti sussurra al cuore, quando capisci dopo anni di domande quale è il progetto disegnato sulla tua vita, non puoi più tirarti indietro. Quando la libertà ti chiama, tu devi rispondere. Ma se non prendi sulle spalle la tua croce per seguire i suoi sentieri, sarai per sempre schiavo di te stesso". Nahel la fissò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Una lacrima uscì dai suoi occhi, e una sola sola parola dalle sue labbra, mentre le prendeva la mano: "Partiamo".
CAPITOLO VII
La città che si parò davanti a loro era cupa e desolata... Ad alcune finestre erano state martellate le imposte con delle travi di legno e le insegne delle locande pendevano dai battenti come se fossero sospinte da un soffio di vento... In lontananza si potevano addirtittura sentire delle grida riecheggiare nelle vie desolate... Nahel e Bkiharout si guardarono intorno, come aspettandosi di trovare qualcuno, quando - ad un certo punto - sussultarono all'udire un suono misterioso... Era come il suono di un flauto, ma sembrava emesso da una voce umana... Era come un canto... Bello, maestoso, che faceva vibrare il silenzio circostante con un palpabile senso di serenità... Nahel e Bkiharout si voltarono a destra e sinistra per cercare la fonte del suono... e fu allora che notarono una COSA nella foresta che avevano lasciato alle loro spalle... Su un roveto senza spine, splendente come un raggio di sole, stava appollaiato un piccolo colombo che cinguettava questo bellissimo inno... Nahel e Bkiharout lo fissarono stupefatti... E ad un certo punto la canzone cominciò ad assumere un significato, come se delle parole stessero parlando ai cuori di chi ascoltava quella VOCE (anche se non era una voce)... E questo meraviglioso canto diceva:
"Canto a te, o Sole. Canto al tuo calore che ci da vita. Tu, che rinnovi ogni giorno la mia essenza solleva la mia anima, guarisci la ferita. Tu, Eterna Luce, che dai ad ogni creatura la forza di giungere fino al Cielo, riguarda la mia anima coperta da un triste velo, rivesti con la tua luce questa immensa sciagura.
Canto a te, o Luna, amica dei sogni e dei lamenti, risplendi su questa desolata duna rapite furon le coraggiose genti.
Canto per te, o Signore del Cielo, Tu che sei Padre e sei Madre; scalda Tu questo triste gelo, Signore delle eterne terre leggiadre. Porta sul mondo la Luce infinita, rischiara la notte di chi s'è perduto; accendi la fede, riporta la vita Padre e Signore, accorri in nostro aiuto.
donaci la forza di portare libertà, donaci il coraggio che solo la fede immensa dà, portaci o Padre sulla tua forte mano, guidaci Madre con la tua infinita dolcezza.
La vita che scorre dentro alle vene ora non è che un fiume lasciato a metà; ascolta tu, o Sole, le nostre pene: rischiara la notte per la la libertà".
Il dolce canto terminò.
Era l'alba, il sole sorgeva illuminando piano le strade, mentre la luna e la sua pallida luce si spegnevano alle loro spalle. La città non era deserta come era sembrato al loro arrivo. La gente stava chiusa nelle case, nascosta, a guardare i due stranieri, due giovani, maschio e femmina. Lui portava una spada luminosa ed estremamente rifinita. Si vedeva da lontano che mani esperte l'avevano forgiata. Lei portava uno scudo, che sembrava enorme sul suo corpo esile, ma che portava con tanta naturalezza da far quasi pensare che fossero nati insieme. In fondo al villaggio vi era una grande abitazione, tutta in legno e con le rifiniture color sangue. "E' in quella grande casa che hanno portato i prigionieri" gridò la voce di un bambino da dietro un vicolo. "Ed è proprio li che il nostro destino si compirà", disse Bkiharout, e preso per mano il suo compagno, si incamminarono verso la casa. Fatti pochi passi sentirono ancora la voce del bambino che gridava "Venite da questa parte!". Senza riflettere Nahel decise di voltare l'angolo ed entrare nella piccola casa nella quale si era rintanato il ragazzino. Una volta dentro trovarono una casa cadente, con porte e finestre smontate, parte del soffitto era ceduto e si poteva vedere il cielo. Una volta seduti su degli oggetti sparsi sul pavimento, il ragazzino iniziò a parlare: "Vi seguo sin dal momento in cui vi siete fermati ad ascoltare il mio colombo. Era volato fuori da questa casa in cui vive con me. Non l'aveva mai fatto sino a stanotte. L'ho seguito e ho visto che eravate li davanti a lui e lui cantava per voi. Non so che significhi ma deve avere una grande importanza perchè non aveva cantato per nessun'altro che per me. Vi ho seguiti e ho visto che stavate per compiere una pazzia. Non potevo permettervi di compiere un gesto così folle. Mi presento. Sono Raphael". I due giovani rimasero perplessi e si accorsero con stupore che il piccolo colombo era posato dietro la spalla destra del nostro giovane amico. Nel mettersi comodo Nahel tirò fuori il medaglione dalla tasca, che stranamente parve risplendere. Il viso del giovane Raphael parve risplendere della stessa luce con un espressione di gioia e sorpresa. Disse solo "Pensavo non l'avrei visto mai più"...
CAPITOLO VIII
"Conosci questo medaglione?" domandò Nahel al ragazzino. "Certo" rispose lui, "non sapete? È il medaglione di un antichissimo ordine di cavalieri spagnoli. Guardate l'emblema..." Bkiahrout e Nahel fissarono lo stemma a bande rosse, bianche e oro incise sul fronte del ciondolo. "Avete trovato un foglio di carta al suo interno?" domandò Raphael concitato. "Si" rispose Nahel "ma non abbiamo compreso le parole..." "Impugna la spada e guarda la scritta incisa sulla lama..." continuò il ragazzino. Nahle estrasse la spada... Nonostante il buio della stanza, la lama splendette luminosa e le lettere incise lungo di essa si proiettarono nel muro di fronte, brillanti come carboni ardenti:
Noli vinci a malo, sed vince in bono malum
"Sai cosa significano queste parole?" chiese Raphael. "Significano: - non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene - Ora riesci a collegare queste parole con la lettera incisa sull'impugnatura?" Nahel controllò il pomo dell'elsa e vide incisa la lettera "M"... "No" rispose Nahel a malincuore. "Neanche con la scritta incisa sulla cassa dentro cui avete trovato questi oggetti?" continuò il ragazzino. "E tu come fai a sapere della cassa!?" esclamò Nahel. "Ora basta!" irrumpe improvvisamente Bkiharout alzandodsi in piedi. La sua voce rimbombò nella sala come se l'avessero gridata molte voci. "Dobbiamo dirgli la verità, Raphael! Non possiamo nascondergli tutto quanto... È inutile giocare con questi rompicapi... Nahel ha il diritto di sapere la verità su me, te e sui Cavalieri del Drago Nero..." "La verità!?" domandò Nahel. "Quale verità!?" Ci furono alcuni secondi di silenzio. Nahel fissava i due, fremente per l'attesa e ansioso. Cosa succedeva? "Lo abbiamo giurato, Bkiharout! Lo abbiamo giurato al Magister! Conosci la leggenda! Il segreto non può essere rivelato!" "Raphael, non c'è più spazio per i segreti ormai!" replicò Bkiharout, "Lui, e lui soltanto al momento della tempesta è riuscito a prendere in mano la spada, e questo non può essere che un segno! Il tempo del consilium ultimum è vicino, e se non facciamo qualcosa non esisterà più nessuna leggenda, nessun segreto da mantenere! Capisci questo?". Raphael si fece piccolo piccolo di fronte all'ombra minacciosa di Bkiharout che sembrava riempire tutto la stanza in cui si trovavano. "E sia, Bkiharout. Ma sarai tu a iniziare il racconto". Nahel era sempre più sbigottito. "Insomma! Di cosa state parlando?!"
CAPITOLO IX
Bkiharout si sedette sul pavimento polveroso e invitò i due a fare lo stesso. Poi cominciò a raccontare: "Devi sapere Nahel, che questi 3 oggetti sono appartenuti in antichità ad una sola persona. Per molti questo era un Santo, per altri un Cavaliere, altri lo chiamavano Arcangelo, altri non gli davano un nome ma temevano la sua fama. Non si sa quando sia nato ne che fu di lui... La sua storia, o forse leggenda, affonda in secoli nei quali non esisteva scrittura, forse nemmeno la parola. Si sa poco. Si sa solamente che egli compariva dove serviva aiuto. Bastava che un cuore puro pensasse a lui e lui giungeva a porgere l'aiuto di cui realmente si aveva necessità. Molti lo temevano per questo. Ricordi cosa hai letto hel foglio nel medaglione?
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Non l'avevo mai sentito ma tutto ora mi è chiaro. L'occhio sviato è colui che ha intrapreso un sentiero non retto. Valore, timore e speranza sono in nostro possesso. Spada è il valore, Scudo il timore, Medaglione la Speranza. Nessuno è mai stato in grado di usare questi oggetti. Erano per tutti troppo pesanti, ingestibili. Il diamante, la purezza, non era evidentemente nel loro cuore. Tanti sono quelli che nel desiderio di usarli sono scomparsi inspiegabilmente... Così come è scomparso l'unico che fu in grado di usarlo. Nessuno sa che fine fece il Santo. C'è chi dice che un giorno posò le armi e scomparve, ma non sappiamo esattamente. Una cosa è certa. Non esiste una sola persona in grado di usare i 3 oggetti assieme. Io sapevo di poter usare lo scudo..." Raphael disse:"Io posso usare il ciondolo...io SO come usarlo"...La ragazza riprese:" Ma non sapevamo chi fosse in grado di brandire la spada. I tre oggetti non possono esistere separatamente perciò cercavamo il terzo uomo... o donna" disse sorridendo. Raphael disse:"Ma ora è giusto che ti parliamo dei Cavalieri del Drago Nero, Nahel". "Forza Raphael," disse Bikiharuot, "ora tocca a te". "Mi chiedi di rinnovare un dolore indicibile, ma lo farò". "Il possessore dei tre oggetti, forse perché già sapeva quando e perché doveva andarsene dalla vista dei mortali, scelse con cura tre amici. I loro nomi erano, secondo la leggenda, Menadel, Lehaiah e Nashira. Non si sa con quali criteri questi furono scelti; non si conosce quanti anni avessero nè da dove venissero. Ma sappiamo che il Possessore li istruì forse per prendere un giorno il suo posto. E così avvenne. I tre giovani passeggiavano sulla riva di un lago quando videro luccicare qualcosa in mezzo all'erba; Menadel, il più coraggioso e il più forte dei tre, si avvicinò per primo. A terra c'erano le vesti del loro Maestro, e una cassa, con dentro i tre oggetti disposti in fila. Menadel si voltò verso i suoi compagni e gridò loro di avvicinarsi, e questi corsero da lui. " - Cosa significa tutto ciò? - disse Nashira, la ragazza del gruppo. - Guardate, c'è un incisione sul legno della cassa - disse Lehaiah, l'unico che tra i tre era in grado di leggere - tutto scorre, chi sta fermo è perduto. Tieni alto il tuo cuore ed apri le tue mani, afferra ciò che resterà e brillerà il sole tra le tue mani -. Menadel si chinò, respirò il profumo rimasto tra le vesti del Possessore, ed afferrò con decisione la spada. Nashira prese lo scudo. Lehaiah il medaglione. Ed ecco, una grande Luce li avvolse, e al centro del lago s'innalzò un magnifico esemplare di uccello, simile ad un colombo... QUESTO" disse Raphael indicando il colombo appollaiato sulla sua spalla. "Si chiama Auros... Alcuni sostengono che questo colombo contenga lo spirito del Possessore degli Oggetti, ma le leggende non sono mai chiare e le antiche profezie sul suo conto sono altrettanto infarcite di stupidaggini di poco conto... Quel che è certo è che questo colombo che noi chiamiamo Auros vi segue da quando avete intrapreso il vostro viaggio in Brasile, quando l'avete scambiato per un cavallo volante... La forma di Auors infatti non è mai chiara e solitamente è visibile solo all'alba, come oggi ad esempio..." Auors fece schioccare il becco con una velocità tale che Raphael s'interruppe. "Il canto di Auros - quello che avete sentito poco fa - può essere udito solo dai tre Possessori degli oggetti... Auors è sicuramente il Diamante di cui parlava la pergamena contenuta dentro il medaglione, quella di cui mi avete parlato prima... Auros è il Diamante contenuto nel cuore di ciascuno, perciò il suo aiuto è indispensabile per concludere il viaggio." "Ma perchè vi conoscevate?" domandò Nahel. "Perchè non mi avete detto niente... Perchè TU non mi hai mai detto niente!? Mi hai portato qui apposta...!" disse indicando Bkiharout. "Non ti ho detto niente perchè il Magister - un Sinedrio di Cavalieri Bianchi - protegge i segreti riguardo ai tre Oggetti. Gli Oggetti sono stati conservati nella cassa per secoli dai membri del Magister. Io - Bkiharout - sono stata assoldata dal Magister per trovare gli altri due Possessori. Ho trovato Raphael qualche mese fa e gli ho promesso di tornare con te. Auors - infatti - volava d'innanzi a me posandosi su coloro che erano Predestinati. Per questo sono riuscita a trovare anche te, quando hai alzato la spada: Auros mi aveva annunciato la tua presenza! Purtroppo durante una tempesta - voluta certamente dal Re del Drago Nero - è affondato il vascello sui cui avevo seguito Nahel e su cui avevo imbarcato i tre Oggetti. Il destino ha voluto che Nahel fosse stato il primo a trovare la cassa e ad impugnare la spada. Ho preso giusto in tempo lo scudo quando - d'un tratto - il Medaglione si è aperto e siamo venuti qui per compiere il nostro destino..."
"Ma quale destino!?" urlò Nahel. "Nahel, ora acoltami", disse Bkiharuot, "a ragione sei arrabbiato con me; sei finito nel bel mezzo di un vortice, e non puoi uscirne. E io non ti ho spiegato, non potevo spiegarti nulla! Siamo legati al Magister, Nahel. Non possiamo rivelare a nessuno il segreto di questi oggetti. Ma l'anno scorso il portatore della spada ci tradì; Kayel, si chiamava. Rubò, mentre io e Raphael dormivamo, gli Oggetti, e lì portò al Sinedrio dei Cavalieri Neri. Da quel giorno infausto, non potemmo avere pace. Tutto il Sinedrio dei Cavalieri Bianchi si mobilitò, ma senza successo. Non c'era traccia di quegli Oggetti. Vedi, Nahel, la Spada, lo Scudo e il Medaglione, rappresentano tutto quanto c'è di buono e bello a questo mondo: la Spada è la forza, il coraggio, l'ardore; lo Scudo è l'altruismo, la prudenza, la pazienza; il Medaglione è la speranza, la fede, la gioia, la libertà. Non possono esistere se non insieme, e non possono morire se non insieme. Il Male, i Cavalieri Neri, se ne impossessarono...E se questi Oggetti fossero stati distrutti, sarebbe arrivato il Consilium Ultimum; il Male avrebbe trionfato su quanto c'era di buono al mondo, e il mondo si sarebbe autodistrutto. Guarda questa città, Nahel; ormai non è che una landa desolata. E' segno che i Cavalieri Neri cercano gli Oggetti, e cercano noi. E visto che non possiamo più contare sull'aiuto dei Cavalieri Binachi, perché abbiamo rivelato il Segreto a te, siamo solo noi tre, i Prescelti, che dovranno lottare per far trionfare il Bene, per far vincere l'Amore". "Non puoi tirarti indietro, Nahel", disse Raphael, "Se ci lasci adesso, ogni speranza sarà perduta. Noi crediamo in te. C'è un Disegno, tracciato a fili d'oro sulla nostra vita; a te ora la scelta se seguire questo Disegno... o scegliere di andare per la tua via. Sei libero; ma una delle due strade, è la vera libertà. La libertà non pensa solo a sè, non cerca il proprio tornaconto. Libertà, Nahel, ci sta chiamando!". Tese la mano, e Bkiharout mise la sua mano sopra quella levata a mezz'aria di Raphael. Nahel attese, in silenzio; troppe cose gli erano piombate addosso insieme; lui era un ragazzo normale... e chissà dov'erano i suoi amici adesso. Forse anche loro erano stati rapiti... Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni? Delle sue speranze? Nahel sollevò piano la mano e la posò su quella dei due amici. "Mio padre mi voleva commerciante. Mia madre mi voleva contadino. Io avevo solo sogni. Ma la vita non è niente se non hai un ideale che ti guida. Ci sono tante cose che non capisco... ma io sono con voi". I tre sorrisero, e Auros si posò sulle loro mani. Il Disegno si andava tracciando.
CAPITOLO X
Lo sguardo si sposta rapidamente dalla cima dei monti verso la vallata boscosa. La luna sale lentamente dalla cima più alta del sistema montuoso che protegge questa conca naturale. Tra gli alberi fitti si apre uno spazio disboscato difficilmente raggiungibile per chi si avventurasse per la prima volta nell'ambiente selvaggio. La luna illumina li dei triliti posizionati a semi cerchio. Nella zona centrale di questa un'enorme pietra, posizionata come un altare, funge anche da architrave di una scala di roccia che scende nel ventre di questo strano spazio. Un uomo, in armatura, scende queste scale, passa sotto l'altare e scompare alla vista di altre quattro persone che aspettano all'ingresso di quest'area. Due di essi reggevano due torce mentre gli altri due, all'inizio di questa scala attendevano che il primo di loro tornasse tra loro. Una piccola scossa di terremoto li sorprese. Subito dopo, il loro amico sceso nella terra, tornò in superficie mentre una lastra di pietra usciva da sotto l'altare e andava a chiudere l'ingresso della scala. L'uomo in armatura fece in tempo a fare l'ultimo passo che la scala alle sue spalle fu sigillata da una roccia nera. Vhinmor ì, il cavaliere disse: "So cosa devo fare". Detto questo si allontanò con gli altri 4. "Allora? Che cosa ti è stato detto?" domandò uno dei 4. "L'Oracolo è stato molto chiaro" tagliò corto Vhinmor. "Non c'è nient'altro da dire..." "Oho, insomma, basta!" irrupe il più giovane dei cavalieri. "Sono tre notti che veniamo qui e ancora non ci hai informato di NIENTE!" "Gli ordini dell'Oracolo sono sempre stati molto chiari" rispose Vhinmor con pacatezza, "sarebbe sciocco non seguirli alla lettera" "Gli ORDINI DELL'ORACOLO!?" canzonò l'altro cavaliere. "E da quando l'Oracolo osa darci degli ORDINI!?" "Pazienta ancora un pò, Aspide" sussurrò Vhinmor al cavaliere più giovane. "Finora i suoi suggerimenti sono sempre stati molto chiari e... non hanno mancato di essere corretti, col tempo..." "Sì!" tuonò Aspide con impazienza. "Ma finora sei soltanto TU a sapere che COSA ti ha detto!!!" "È solo questione di... TEMPO..." disse Vhinmor con un ghigno compiaciuto. "Tutto a suo tempo verrà rivelato... E ora, sbrighiamoci a cercare quello che serve...! L'Oracolo... ha FAME!" L'Oracolo ha parlato: "Se vogliamo che il male trionfi, che il nostro capo torni alla vita per regnare in eterno su questa terra, dobbiamo creare degli oggetti magici, che ci permettano di sconfiggere i Prescelti della luce....e mi ha spiegato come fare". Detto questo, indicò ai suoi compagni la città che si stendeva ai piedi della montagna su cui si trovavano e che avevano raggiunto dulle groppe di quattro agili destrieri. "Il sangue di un cuore puro darà potenza alla spada nera, la paura di un cuore puro darà forza allo scudo nero, la reclusione di un cuore puro darà forza al medaglione nero. Violenza, paura, reclusione, daranno vita al Male".
CAPITOLO XI
La luna piena è a perpendicolo sulla vallata agitata da mille fiammelle. Ogni fiamma è la luce di una torcia tra le mani di un uomo. Sono tanti gli uomini che tra i rami della foresta oscillano all'unisono pronunciando parole, o meglio suoni, che verranno presto dimenticati. Le fiamme, viste dall'alto, formano cerchi concentrici in cui, il più interno, incornicia di una luce arancione l'altare in pietra, al centro dell'area delimitata da dei triliti, terminati di costruire poche ore prima. Tutti attendono qualcosa, invocando e cantando... La valle trema sotto un'unica enorme voce. E' allora che una luce fortissima cade dal cielo sino all'altare e scomparendo nelle viscere della terra. Subito, in uno schianto, la scalinata scavata nella roccia, viene sigillata da una pesante lastra nera e sull'altare resta una cassa in legno. Tutto questo avviene in un lampo con un tuono assordante. E' allora che Nahel si sveglia di soprassalto dal suo sogno. Nahel si guardò intorno; la casa in rovina cigolava terribilmente sotto la potenza del vento che soffiava forte sulla terra, e la pioggia entrava nella stanza da un'apertura nel tetto e picchiettava furiosa sul pavimento ora fangoso. Bkiharuot dormiva accanto a lui, raggomitolata per evitare che il suo corpo disperdesse troppo calore nel freddo della notte. La sua pelle color avorio brillava sotto la luce fioca della luna che le nuvole benignamente lasciavano passare. Nahel le sfiorò piano una guancia e sorrise. Raphael era di poco distante; riposava su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro. Nahel ascoltava il suo respiro lento. Poi ad un trattò ripensò al suo sogno; una foresta, una lunga processione di uomini che portavano delle torcie nelle loro mani... antichi carmina mormorati all'unisono... una antica costruzione di pietra. Un forte rombo, una luce intensa, una cassa di legno. E poi più nulla. Si prese la testa fra le mani; l'umidità, il freddo, il brusco risveglio e il repentino cambiamento che la sua vita aveva subito nel giro di poche ore lo avevano annientato. Sospirò. Si sentiva solo e abbandonato; era facile parlare per Bkiharout e Raphael, ma lui? Un macigno gli era piombato addosso, e andare via era come nuotare contro la corrente di un fiume in piena; inutile, oltre che impossibile. Provò un senso di rancore nei loro confronti. Cosa voleva mai dire quello strano sogno? O... forse non era un sogno. Forse era una visione. Aveva studiato, e sapeva che nell'antichità i popoli erano soliti fare dei riti religiosi simili. Senza rendersene conto aveva esposto ad alta voce le sue riflessioni interiori. Quando si voltò vide Bkiharout che lo osservava con aria preoccupata e allo stesso tempo curiosa. "Nahel.... tutto bene?". "Benissimo" rispose gelido, "non potrebbe andare meglio". Si girò dall'altra parte, dandole le spalle e simulò un sonno pesante e sereno. Bkiharout, ferita, rimase accanto a lui e continuò a fissarlo; si tolse il mantello di lana leggera che portava e glielo mise addosso. Si distese vicino a Raphael, e si riaddormentò. Nahel sapeva di averla ferita, ma non poteva farci nulla. Il tradimento, quella sensazione di essere stato usato per i loro scopi. Poteva forse dimenticarli in un istante solo perchè la situazione lo richiedeva? Era un essere umano, e come tale non poteva certo sottrarsi alle emozioni degli esseri umani. E poi....c'era quel sogno...o visione, chi lo sa. Continuava a chiedersi che cosa significasse! Sospirò e decise di tentare di dormire. Probabilmente Bkiharuot avrebbe capito, e la luce del sole del giorno seguente avrebbe riscaldato i loro animi afflitti e tormentati. Stava per prendere sonno quando un lampo illuminò di una luce fortissima tutto il luogo in cui si trovavano; tutti e tre si destarono bruscamente. "O Gesù..." mormorò Raphael. La porta era stata scardinata, e una figura oscura e incappucciata, a tratti illuminata dagli stralci di luce dei lampi, incombeva su di loro. "Chi sei!" urlò Nahel impugnando velocemente la spada al suo fianco. La figura incapucciata non rispose, si levò il cappuccio che le ricopriva il capo e svelò il volto di una giovane ragazza mora, dalla carnagione pallida. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse meditando; una benda nera le copriva la fronte e raccolgieva i capelli in una treccia dietro la testa. Con una voce noncurante per situazione che le si presentava davanti, disse: "Sono l'Oracolo. Vi stavo cercando... e sapevo dove trovarvi..."
CAPITOLO XII
L'Oracolo si precipitò nella stanza e prese al collo il piccolo Raphael che si svegliò di soprassalto e inizio ad agitarsi. L'Oracolo minacciò gli altri :"Se non mi darete tutte le armi in vostro possesso il piccolo Raphael se la vedrà brutta!". I due giovani furono molto scossi dalle sue parole e gli chiesero cosa volesse, intimarono di lasciar andare il giovane, ma non ottennero risposta. Nahel fece per scagliarsi contro la figura femminile che disse"Fermati eroe! O ti fermi e mi dai la tua spada" e Nahel urlò subito "NO!". La giovane donna proseguì..."O mi dai l'arma o il piccolo Raphael... inizierà a ridere da non poterne più...sino alle lacrime!". Tutti furono perplessi ma Nahel decise di scagliarsi sulla ragazza che evitò il colpo distorcendosi come fosse di gomma. "Avete molto da imparare", disse la donna che iniziava a cambiare d'aspetto e diventava sempre più simile ad un grande coniglio bianco. Tutti continuarono a guardare inorriditi. "Non sempre ciò che vedete è la realtà delle cose". La ragazza-coniglio lasciò andare il ragazzo e cominciò a saltellare ridendo. Ogni salto si rimpiccioliva sino a diventare un coniglietto bianco. L'ultimo salto la porto a diventare una colomba che volò verso il centro della stanza e esplose in mille colori come un fuoco d'artificio. Sentirono bussare alle loro spalle e girandosi videro un vecchio sorridente, dallo sguardo bonario che disse..."Piacere, sono il Mago Balhil e sono qui per aiutarvi. Tutto bene piccolo?". Raphael, che era rimasto in volo non sorretto da nessuno, fu calato lentamente a terra. Tutti non sapevano che dire.
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Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo, quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare; quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro; quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento; quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare; quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare; quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi; quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona. Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati. Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano, e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
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Oct 14 2008, 04:50 PM
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CAPITOLO I
C'era una volta, un ragazzo molto silenzioso, che viveva in un paese non lontano da Madrid. Era povero ed aveva solo due grandissimi amici con cui passava il tutto il suo tempo. Erano molto uniti perché avevano in comune grandi sogni e grandi passioni, oltre ad un amore senza limiti per il il loro Dio. Un giorno, mentre passeggiavano insieme verso il mercato, incontrarono uno schiavo che veniva frustato dal suo padrone; era una scena comune in quei tempi, ma quell'istante, anche se allora non lo sapevano, avrebbe cambiato la loro vita. Presero tutto quello che avevano e andarono in giro per il mondo e arrivarono sino in Brasile. Qui trovarono una situazione terribile: la dignità umana veniva costantemente calpestata. Decisero così di creare un ordine che aveva come carisma e motto "LIBERI PER LIBERARE", il cui scopo era restituire la libertà sino a donare la propria vita in cambio di altre persone meno fortunate. Molti intorno a loro non riuscivano a capire quel sacrificio e si chiedevano: "Come si può dare la propria vita per persone che non si conoscono e non rappresentano nulla per noi?". Uno dei tre disse: "Amar come Gesù amò, pensar come Gesù pensò, soffrir come Gesù soffriva, gioir come Gesù gioiva... e quando arriverà la sera tu ti senti pazzo di felicità...". Qualcuno che pensò che erano davvero dei pazzi. Altri invece, toccati dalle loro parole, compresero il significato di ciò che facevano, il loro amare senza riserve. Molti si unirono a loro, ma c'era un ricco signore spagnolo che li odiava perché ciò che predicavano lo impoveriva di molto denaro; allora questo nobile un giorno li accusò di averlo derubato ed i loro capi andarono in prigione. Sembrava non ci fossero più speranze; coloro che tanto avevano decantato la libertà si trovavano in prigione. Ma ciò che importava era che i loro cuori fossero ancora liberi, perché continuavano a confidare nell'aiuto di quel Dio che mai li aveva delusi. E, dopo una notte di preghiere videro volare sull'alba un gabbiano, e in quel momento, furono abbagliati da una luce. Non credevano ai loro occhi, ma in un battito di ciglia compresero... Quello che si stagliava dietro il gabbiano era un UFO! Cioè un piccione mangiapane a UFO. Ed il piccione sembrò gufo... poi civetta poi pony express (il pegaso volante)... era invece lo Spirito Santo. Si posa su tutti i giovani che lo accolgono e lo accoglieranno e l'hanno accolto: liberamente, senza imposizioni.
CAPITOLO II
Una volta che i carcerieri ebbero capito l'errore che compivano nel tenere imprigionati questi Santi uomini, decisero di rendere loro la libertà. Il nostro protagonista e fondatore decise allora di mettersi da solo in viaggio per annunciare le sue Verità. Questo ragazzo, non molto lontano da Madrid, aveva un suo prossimo, un suo simile, nel carattere, nell'intemperanza e nella testardaggine. I due fecero una grande amicizia, assieme al Padre di tutti.
Fecero molte cose assieme, compirono i loro studi, conobbero il mondo. Scoprendosi l'un l'altro compresero che la loro Amicizia era importante, che assieme avrebbero potuto fare grandi cose, ma che se si fossero divisi avrebbero potuto fare il doppio del bene... Perciò, l'amico del nostro protagonista prese una nave che salpava verso terre lontane. Ma all'improvviso, a circa metà viaggio, ci fu una violenta tempesta... E i marinai furono costretti a gettare in mare tutto il carico. Ma quando una cassa di legno molto pesante venne gettata in mare... la tempesta si placò. Tutti erano curiosi di vedere cosa vi fosse dentro... Seguirono quindi la cassa fino a che questa non approdò su una spiaggia. Nessuno riusciva ad aprirla così la gente andò a chiamare i padri vestiti di bianco perché così era stato gridato dalla voce di un bambino che non aveva mai parlato prima di allora. I frati aprirono la pesante cassa e dentro trovarono, ben protetti, una spada, uno scudo ed un medaglione. Nessuno dei marinai imbarcati sulla nave sapeva di chi fossero questi antichi oggetti, ne dove questa cassa fosse destinata ad arrivare. Incise sopra lo scudo c'erano poche parole... Una frase che così diceva: "Liberi per Liberare!"
CAPITOLO III
La spada era un oggetto che trasmetteva semplicità ma al tempo stesso una grande ricercatezza e ricchezza. La sua elsa vedeva un impugnatura di color rosso intenso. Il pomolo era argenteo, rilucente, e il rilievo in oro, di forma sinuosa, recava una chiara e bellissima lettera M. La guardia crociata era formata da due rami in argento, che nascevano dall'impugnatura, e che si aprivano in una serie di ramoscelli a formare una piccola cupola a protezione della mano che la impugnasse. Dal ramoscello spuntavano piccole foglie e roselline d'oro. La coccia era di un materiale nero, con riflessi che al sole potevano essere di un blu o verde molto intenso ma cupo, che sembravano nascere al suo interno. La lama era argentata e recava un'incisione che sul fondo appariva scura, nera, e che faceva così esaltare maggiormente la scritta
"Noli vinci a malo, sed vince in bono malum".
Tutti provavano a prendere in mano quegli oggetti, ma erano talmente pesanti che nessuno riusciva a sollevarli nemmeno di un millimetro. Ma quel ragazzo, imbarcatosi lasciando tutto nel suo passato e puntando ad annunciare ciò che aveva imparato al suo prossimo, benchè fosse così gracile riuscì ad afferrare gli oggetti come se fossero fatti di aria, e in quel momento disse: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi». In quel momento i suoi nuovi amici imbarcati, così distanti da lui furono abbagliati da una luce immensa fuoriuscita dalla punta della spada alzata verso il cielo. Alcuni di questi caddero al suolo, altri rimasero confusi e barcollanti, mentre il giovane con indosso gli oggetti trovati nella cassa, e avvolto nella luce immacolata, sembrava non essere più lui ma un angelo. La luce andò calando sinché non fu possibile per tutti riaprire gli occhi e guadare verso il giovane che aveva riacquistato le sue sembianze e gli oggetti erano tornati al loro posto nella cassa. Anche il giovane sembrò ridestarsi da un sogno; i suoi occhi, azzurri come il mare, brillavano di una luce nuova; brillavano di gioia, ardore, coraggio, forza. Il giovane aprì le sue braccia e disse rivolto ai suoi compagni: "Oggi è un nuovo giorno. Questo nuovo sole che splende sulla nostra vita ci farà aprire una strada nuova. Non abbiate paura; abbiate fede". Un amico disse: "Ma cosa significano questi oggetti? Apparterranno a qualche ricco signore. E a te, cosa è accaduto?". Il giovane rispose: "Ora sono forte dello Spirito del mio Dio, che ci conduce verso nuovi sentieri. Partiamo insieme e capiremo cosa Dio vuole dirci con questa spada, con questo scudo, e con questo medaglione". E nel suo sguardo videro riflesso l'ardore, l'amore di Cristo, e tutt'intorno si respirava LIBERTA'.
CAPITOLO IV
L'orizzonte del pensiero si annuvolò in un istante quando, aggrottando la fronte, il più anziano del gruppo manifestò la decisione di non più seguirli in questo ulteriore viaggio che, nelle sue previsioni, appariva funesto. Nessuno dei presenti azzardò giudizi sulla decisione imprevista che dava agli iniziali entusiasmi un repentino stop. E mentre la mandria dei perché si affannava a voler entrare nell'ovile della ragione, in lontananza un tintinnio leggero obbligò lo sguardo degli impensieriti amici a volgersi verso la brulla radura dalla quale una giovane donna avanzava decisa verso di loro, sguardo fiero e allegro, occhi che brillavano di una strana luce. Non portava addosso campanelli, e nessuno si spiegava da dove potesse venire il rumore. avvicinandosi al giovane, disse di volerlo accompagnare nel viaggio che intendeva intraprendere con i suoi amici. I presenti rimasero colpiti dalla fermezza della decisione della ragazza, che allungando la mano verso gli oggetti sollevò senza fatica il pesante scudo, dicendo loro: "Io sarò la vostra protettrice".
La giovane donna aveva la pelle del colore dell'ambra, gli occhi scuri e fieri, e i suoi lunghi capelli si scompigliavano dolcemente al vento del mattino. "Chi sei tu, dunque?" disse il più anziano tra quelli li giunti "Non ti ho mai vista camminare per le vie di questo paese. Dunque quale è il tuo nome? Da dove vieni?". La giovane parlò, e la sua voce era simile ad un soffio di brezza leggera. "Il mio nome è Bkiharuot, e vengo da una terra lontana. Io ti ho visto sempre mentre prendevi il largo con la tua barca in cerca di qualcosa che nemmeno tu sai, ma tu mai mi hai voluto vedere, così chiuso e asserragliato nei tuoi pensieri". "Cosa significa dunque il tuo nome?" chiese un altro. "Il mio nome, nell'antica lingua del mio paese, significa LIBERTA'".
Bkiharout afferrò da terra il vecchio medaglione trovato dentro la cassa insieme alla spada e allo scudo, lo rigirò fra le mani contemplandolo come se fosse un diamante... Il vecchio ciondolo era tutto d'oro zecchino: sul davanti aveva inciso una piccola croce bianca e sotto di essa quattro bande di corallo. Improvvisamente, con uno scatto repentino, il medaglione si aprì, lasciando cadere per terra un piccolo foglio di pergamena avvolto in un nastro... Bkiharout lo raccolse da terra e lo consegnò tra le mani del ragazzo che aveva impugnato poco prima la spada lucente... Il ragazzo aprì il foglio di pergamena e un pò titubante lesse ad alta voce il titolo che stava a capo pagina:
TESTAMENTO DE PEDRO NOLASCO PARA L'ORDEN DE LA MADRE DE DIOS DE LA MERCED
Il foglio diceva:
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Queste parole risultarono incomprensibili a coloro che ascoltavano. Maggiore fu la sorpresa quando la scritta scomparve agli occhi di tutti ed il foglio ritornò intonso. Una sola era la certezza per tutti. Qualcosa si stava costruendo sul loro percorso... Vite diverse e distanti si erano incontrate presso il mare che tutto cambia. Oggetti strani e con proprietà speciali... Il gruppo si stava formando.
CAPITOLO V
"Cosa mai possono significare queste parole che abbiamo appena ascoltato?" domandò uno del gruppo. Bkiharout rispose: "È ancora troppo presto perchè possiate capirle appieno... Guardate là..." e dicendo questo, con l'indice indicò un punto poco preciso nell'orizzonte che si parava davanti ai loro occhi... "Che cosa dobbiamo guardare?" chiese il più giovane del gruppo. Bkiarout non rispose; rimase immobile con il braccio proteso davanti a sè, come impugnando un arco. Fu allora che, dall'orizzonte, comparve un gruppo di cavalieri provenienti dalla vicina città. Questa era assediata da degli uomini armati il cui unico interesse era razziare il suo castello. Questa era una delle tante città assediate, una delle tante guerre che si combattevano in tutta la terra allora conosciuta. Sembrava che l'uomo non sapesse far altro che combattere contro il suo fratello. Fu in quel momento che tutti fuggirono come era possibile per mettersi al riparo. Del gruppo assiepatosi attorno alla cassa non rimase che un piccolo gruppo di persone. Bkiharout tenne in mano lo scudo mentre il giovane Nahel la spada, ponendo il medaglione nella sua tasca. Così assieme iniziarono a correre nella foresta li vicina perdendo di vista tutte le altre persone che erano state con loro sino a poco prima. Si trovarono così soli a girare nel bosco senza sapere dove andare, cosa fare, e sperando di non capitare presso una guerra, in mano a dei banditi o chissà cos'altro.
CAPITOLO VI
La loro corsa si fermò dopo quello che a loro parve un lunghissimo tempo, tanto era affannato il loro respiro e stanco il loro passo. Si sedettero, stremati, ai piedi di un albero secolare ed immenso, che superava di molto tutti gli alberi di quella ombrosa foresta. Tutt'intorno era calma e silenzio; solo il loro cuore che batteva forte ricordò loro ciò che avevano appena vissuto; qualcosa era cominciato, e ormai nessuno poteva più tirarsi indietro. Nahel mise le mani in tasca, nella speranza di trovare del cibo, ma si trovò di nuovo in mano il medaglione che ardeva tra le sue mani come se dentro di esso vi fosse celata una forza vitale, un soffio di vento, una brezza leggera che alleviò per un attimo le pene e la fatica dei due giovani stanchi e preoccupati per il loro domani che gravava sulle loro spalle come un pesante zaino da portare con amore lungo un duro viaggio. Il silenzio della foresta fu improvvisamente interrotto dal bando che passava ai suoi confini, che annunciava che gli abitanti della loro città, catturati dai cavalieri del drago nero, sarebbero stati giustiziati all'alba del giorno dopo per non aver voluto rinnegare la loro fede e non aver voluto collaborare alla cattura di quanti erano fuggiti. i due giovani si guardarono per un attimo. il dubbio e la paura attanagliavano i loro cuori. casa fare? come comportarsi? quale era la cosa giusta da fare? il medaglione sembrò più caldo e più luminoso nelle loro mani, sembrò quasi dare al risposta al giovane uomo: "devo andare!" disse alla ragazza. "la spada che mi è stata donata mi porterà alla vittoria contro i miei nemici, e i miei amici saranno liberi!". Bkiharout lo fissò intensamente. Il suo sguardo fermo, puro e sincero lo colpì profondamente. "Io verrò con te", disse con voce dolce e allo stesso tempo decisa. "No", disse Nahel, "potrebbe essere pericoloso, e tu..." "E io cosa?" disse in risposta Bkiharout, "forse perché sono una ragazza devo essere debole e timorosa? Imparerai a conoscermi, Nahel. Quando la voce di Dio ti chiama per nome, quando una brezza leggera ti sussurra al cuore, quando capisci dopo anni di domande quale è il progetto disegnato sulla tua vita, non puoi più tirarti indietro. Quando la libertà ti chiama, tu devi rispondere. Ma se non prendi sulle spalle la tua croce per seguire i suoi sentieri, sarai per sempre schiavo di te stesso". Nahel la fissò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Una lacrima uscì dai suoi occhi, e una sola sola parola dalle sue labbra, mentre le prendeva la mano: "Partiamo".
CAPITOLO VII
La città che si parò davanti a loro era cupa e desolata... Ad alcune finestre erano state martellate le imposte con delle travi di legno e le insegne delle locande pendevano dai battenti come se fossero sospinte da un soffio di vento... In lontananza si potevano addirtittura sentire delle grida riecheggiare nelle vie desolate... Nahel e Bkiharout si guardarono intorno, come aspettandosi di trovare qualcuno, quando - ad un certo punto - sussultarono all'udire un suono misterioso... Era come il suono di un flauto, ma sembrava emesso da una voce umana... Era come un canto... Bello, maestoso, che faceva vibrare il silenzio circostante con un palpabile senso di serenità... Nahel e Bkiharout si voltarono a destra e sinistra per cercare la fonte del suono... e fu allora che notarono una COSA nella foresta che avevano lasciato alle loro spalle... Su un roveto senza spine, splendente come un raggio di sole, stava appollaiato un piccolo colombo che cinguettava questo bellissimo inno... Nahel e Bkiharout lo fissarono stupefatti... E ad un certo punto la canzone cominciò ad assumere un significato, come se delle parole stessero parlando ai cuori di chi ascoltava quella VOCE (anche se non era una voce)... E questo meraviglioso canto diceva:
"Canto a te, o Sole. Canto al tuo calore che ci da vita. Tu, che rinnovi ogni giorno la mia essenza solleva la mia anima, guarisci la ferita. Tu, Eterna Luce, che dai ad ogni creatura la forza di giungere fino al Cielo, riguarda la mia anima coperta da un triste velo, rivesti con la tua luce questa immensa sciagura.
Canto a te, o Luna, amica dei sogni e dei lamenti, risplendi su questa desolata duna rapite furon le coraggiose genti.
Canto per te, o Signore del Cielo, Tu che sei Padre e sei Madre; scalda Tu questo triste gelo, Signore delle eterne terre leggiadre. Porta sul mondo la Luce infinita, rischiara la notte di chi s'è perduto; accendi la fede, riporta la vita Padre e Signore, accorri in nostro aiuto.
donaci la forza di portare libertà, donaci il coraggio che solo la fede immensa dà, portaci o Padre sulla tua forte mano, guidaci Madre con la tua infinita dolcezza.
La vita che scorre dentro alle vene ora non è che un fiume lasciato a metà; ascolta tu, o Sole, le nostre pene: rischiara la notte per la la libertà".
Il dolce canto terminò.
Era l'alba, il sole sorgeva illuminando piano le strade, mentre la luna e la sua pallida luce si spegnevano alle loro spalle. La città non era deserta come era sembrato al loro arrivo. La gente stava chiusa nelle case, nascosta, a guardare i due stranieri, due giovani, maschio e femmina. Lui portava una spada luminosa ed estremamente rifinita. Si vedeva da lontano che mani esperte l'avevano forgiata. Lei portava uno scudo, che sembrava enorme sul suo corpo esile, ma che portava con tanta naturalezza da far quasi pensare che fossero nati insieme. In fondo al villaggio vi era una grande abitazione, tutta in legno e con le rifiniture color sangue. "E' in quella grande casa che hanno portato i prigionieri" gridò la voce di un bambino da dietro un vicolo. "Ed è proprio li che il nostro destino si compirà", disse Bkiharout, e preso per mano il suo compagno, si incamminarono verso la casa. Fatti pochi passi sentirono ancora la voce del bambino che gridava "Venite da questa parte!". Senza riflettere Nahel decise di voltare l'angolo ed entrare nella piccola casa nella quale si era rintanato il ragazzino. Una volta dentro trovarono una casa cadente, con porte e finestre smontate, parte del soffitto era ceduto e si poteva vedere il cielo. Una volta seduti su degli oggetti sparsi sul pavimento, il ragazzino iniziò a parlare: "Vi seguo sin dal momento in cui vi siete fermati ad ascoltare il mio colombo. Era volato fuori da questa casa in cui vive con me. Non l'aveva mai fatto sino a stanotte. L'ho seguito e ho visto che eravate li davanti a lui e lui cantava per voi. Non so che significhi ma deve avere una grande importanza perchè non aveva cantato per nessun'altro che per me. Vi ho seguiti e ho visto che stavate per compiere una pazzia. Non potevo permettervi di compiere un gesto così folle. Mi presento. Sono Raphael". I due giovani rimasero perplessi e si accorsero con stupore che il piccolo colombo era posato dietro la spalla destra del nostro giovane amico. Nel mettersi comodo Nahel tirò fuori il medaglione dalla tasca, che stranamente parve risplendere. Il viso del giovane Raphael parve risplendere della stessa luce con un espressione di gioia e sorpresa. Disse solo "Pensavo non l'avrei visto mai più"...
CAPITOLO VIII
"Conosci questo medaglione?" domandò Nahel al ragazzino. "Certo" rispose lui, "non sapete? È il medaglione di un antichissimo ordine di cavalieri spagnoli. Guardate l'emblema..." Bkiahrout e Nahel fissarono lo stemma a bande rosse, bianche e oro incise sul fronte del ciondolo. "Avete trovato un foglio di carta al suo interno?" domandò Raphael concitato. "Si" rispose Nahel "ma non abbiamo compreso le parole..." "Impugna la spada e guarda la scritta incisa sulla lama..." continuò il ragazzino. Nahle estrasse la spada... Nonostante il buio della stanza, la lama splendette luminosa e le lettere incise lungo di essa si proiettarono nel muro di fronte, brillanti come carboni ardenti:
Noli vinci a malo, sed vince in bono malum
"Sai cosa significano queste parole?" chiese Raphael. "Significano: - non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene - Ora riesci a collegare queste parole con la lettera incisa sull'impugnatura?" Nahel controllò il pomo dell'elsa e vide incisa la lettera "M"... "No" rispose Nahel a malincuore. "Neanche con la scritta incisa sulla cassa dentro cui avete trovato questi oggetti?" continuò il ragazzino. "E tu come fai a sapere della cassa!?" esclamò Nahel. "Ora basta!" irrumpe improvvisamente Bkiharout alzandodsi in piedi. La sua voce rimbombò nella sala come se l'avessero gridata molte voci. "Dobbiamo dirgli la verità, Raphael! Non possiamo nascondergli tutto quanto... È inutile giocare con questi rompicapi... Nahel ha il diritto di sapere la verità su me, te e sui Cavalieri del Drago Nero..." "La verità!?" domandò Nahel. "Quale verità!?" Ci furono alcuni secondi di silenzio. Nahel fissava i due, fremente per l'attesa e ansioso. Cosa succedeva? "Lo abbiamo giurato, Bkiharout! Lo abbiamo giurato al Magister! Conosci la leggenda! Il segreto non può essere rivelato!" "Raphael, non c'è più spazio per i segreti ormai!" replicò Bkiharout, "Lui, e lui soltanto al momento della tempesta è riuscito a prendere in mano la spada, e questo non può essere che un segno! Il tempo del consilium ultimum è vicino, e se non facciamo qualcosa non esisterà più nessuna leggenda, nessun segreto da mantenere! Capisci questo?". Raphael si fece piccolo piccolo di fronte all'ombra minacciosa di Bkiharout che sembrava riempire tutto la stanza in cui si trovavano. "E sia, Bkiharout. Ma sarai tu a iniziare il racconto". Nahel era sempre più sbigottito. "Insomma! Di cosa state parlando?!"
CAPITOLO IX
Bkiharout si sedette sul pavimento polveroso e invitò i due a fare lo stesso. Poi cominciò a raccontare: "Devi sapere Nahel, che questi 3 oggetti sono appartenuti in antichità ad una sola persona. Per molti questo era un Santo, per altri un Cavaliere, altri lo chiamavano Arcangelo, altri non gli davano un nome ma temevano la sua fama. Non si sa quando sia nato ne che fu di lui... La sua storia, o forse leggenda, affonda in secoli nei quali non esisteva scrittura, forse nemmeno la parola. Si sa poco. Si sa solamente che egli compariva dove serviva aiuto. Bastava che un cuore puro pensasse a lui e lui giungeva a porgere l'aiuto di cui realmente si aveva necessità. Molti lo temevano per questo. Ricordi cosa hai letto hel foglio nel medaglione?
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Non l'avevo mai sentito ma tutto ora mi è chiaro. L'occhio sviato è colui che ha intrapreso un sentiero non retto. Valore, timore e speranza sono in nostro possesso. Spada è il valore, Scudo il timore, Medaglione la Speranza. Nessuno è mai stato in grado di usare questi oggetti. Erano per tutti troppo pesanti, ingestibili. Il diamante, la purezza, non era evidentemente nel loro cuore. Tanti sono quelli che nel desiderio di usarli sono scomparsi inspiegabilmente... Così come è scomparso l'unico che fu in grado di usarlo. Nessuno sa che fine fece il Santo. C'è chi dice che un giorno posò le armi e scomparve, ma non sappiamo esattamente. Una cosa è certa. Non esiste una sola persona in grado di usare i 3 oggetti assieme. Io sapevo di poter usare lo scudo..." Raphael disse:"Io posso usare il ciondolo...io SO come usarlo"...La ragazza riprese:" Ma non sapevamo chi fosse in grado di brandire la spada. I tre oggetti non possono esistere separatamente perciò cercavamo il terzo uomo... o donna" disse sorridendo. Raphael disse:"Ma ora è giusto che ti parliamo dei Cavalieri del Drago Nero, Nahel". "Forza Raphael," disse Bikiharuot, "ora tocca a te". "Mi chiedi di rinnovare un dolore indicibile, ma lo farò". "Il possessore dei tre oggetti, forse perché già sapeva quando e perché doveva andarsene dalla vista dei mortali, scelse con cura tre amici. I loro nomi erano, secondo la leggenda, Menadel, Lehaiah e Nashira. Non si sa con quali criteri questi furono scelti; non si conosce quanti anni avessero nè da dove venissero. Ma sappiamo che il Possessore li istruì forse per prendere un giorno il suo posto. E così avvenne. I tre giovani passeggiavano sulla riva di un lago quando videro luccicare qualcosa in mezzo all'erba; Menadel, il più coraggioso e il più forte dei tre, si avvicinò per primo. A terra c'erano le vesti del loro Maestro, e una cassa, con dentro i tre oggetti disposti in fila. Menadel si voltò verso i suoi compagni e gridò loro di avvicinarsi, e questi corsero da lui. " - Cosa significa tutto ciò? - disse Nashira, la ragazza del gruppo. - Guardate, c'è un incisione sul legno della cassa - disse Lehaiah, l'unico che tra i tre era in grado di leggere - tutto scorre, chi sta fermo è perduto. Tieni alto il tuo cuore ed apri le tue mani, afferra ciò che resterà e brillerà il sole tra le tue mani -. Menadel si chinò, respirò il profumo rimasto tra le vesti del Possessore, ed afferrò con decisione la spada. Nashira prese lo scudo. Lehaiah il medaglione. Ed ecco, una grande Luce li avvolse, e al centro del lago s'innalzò un magnifico esemplare di uccello, simile ad un colombo... QUESTO" disse Raphael indicando il colombo appollaiato sulla sua spalla. "Si chiama Auros... Alcuni sostengono che questo colombo contenga lo spirito del Possessore degli Oggetti, ma le leggende non sono mai chiare e le antiche profezie sul suo conto sono altrettanto infarcite di stupidaggini di poco conto... Quel che è certo è che questo colombo che noi chiamiamo Auros vi segue da quando avete intrapreso il vostro viaggio in Brasile, quando l'avete scambiato per un cavallo volante... La forma di Auors infatti non è mai chiara e solitamente è visibile solo all'alba, come oggi ad esempio..." Auors fece schioccare il becco con una velocità tale che Raphael s'interruppe. "Il canto di Auros - quello che avete sentito poco fa - può essere udito solo dai tre Possessori degli oggetti... Auors è sicuramente il Diamante di cui parlava la pergamena contenuta dentro il medaglione, quella di cui mi avete parlato prima... Auros è il Diamante contenuto nel cuore di ciascuno, perciò il suo aiuto è indispensabile per concludere il viaggio." "Ma perchè vi conoscevate?" domandò Nahel. "Perchè non mi avete detto niente... Perchè TU non mi hai mai detto niente!? Mi hai portato qui apposta...!" disse indicando Bkiharout. "Non ti ho detto niente perchè il Magister - un Sinedrio di Cavalieri Bianchi - protegge i segreti riguardo ai tre Oggetti. Gli Oggetti sono stati conservati nella cassa per secoli dai membri del Magister. Io - Bkiharout - sono stata assoldata dal Magister per trovare gli altri due Possessori. Ho trovato Raphael qualche mese fa e gli ho promesso di tornare con te. Auors - infatti - volava d'innanzi a me posandosi su coloro che erano Predestinati. Per questo sono riuscita a trovare anche te, quando hai alzato la spada: Auros mi aveva annunciato la tua presenza! Purtroppo durante una tempesta - voluta certamente dal Re del Drago Nero - è affondato il vascello sui cui avevo seguito Nahel e su cui avevo imbarcato i tre Oggetti. Il destino ha voluto che Nahel fosse stato il primo a trovare la cassa e ad impugnare la spada. Ho preso giusto in tempo lo scudo quando - d'un tratto - il Medaglione si è aperto e siamo venuti qui per compiere il nostro destino..."
"Ma quale destino!?" urlò Nahel. "Nahel, ora acoltami", disse Bkiharuot, "a ragione sei arrabbiato con me; sei finito nel bel mezzo di un vortice, e non puoi uscirne. E io non ti ho spiegato, non potevo spiegarti nulla! Siamo legati al Magister, Nahel. Non possiamo rivelare a nessuno il segreto di questi oggetti. Ma l'anno scorso il portatore della spada ci tradì; Kayel, si chiamava. Rubò, mentre io e Raphael dormivamo, gli Oggetti, e lì portò al Sinedrio dei Cavalieri Neri. Da quel giorno infausto, non potemmo avere pace. Tutto il Sinedrio dei Cavalieri Bianchi si mobilitò, ma senza successo. Non c'era traccia di quegli Oggetti. Vedi, Nahel, la Spada, lo Scudo e il Medaglione, rappresentano tutto quanto c'è di buono e bello a questo mondo: la Spada è la forza, il coraggio, l'ardore; lo Scudo è l'altruismo, la prudenza, la pazienza; il Medaglione è la speranza, la fede, la gioia, la libertà. Non possono esistere se non insieme, e non possono morire se non insieme. Il Male, i Cavalieri Neri, se ne impossessarono...E se questi Oggetti fossero stati distrutti, sarebbe arrivato il Consilium Ultimum; il Male avrebbe trionfato su quanto c'era di buono al mondo, e il mondo si sarebbe autodistrutto. Guarda questa città, Nahel; ormai non è che una landa desolata. E' segno che i Cavalieri Neri cercano gli Oggetti, e cercano noi. E visto che non possiamo più contare sull'aiuto dei Cavalieri Binachi, perché abbiamo rivelato il Segreto a te, siamo solo noi tre, i Prescelti, che dovranno lottare per far trionfare il Bene, per far vincere l'Amore". "Non puoi tirarti indietro, Nahel", disse Raphael, "Se ci lasci adesso, ogni speranza sarà perduta. Noi crediamo in te. C'è un Disegno, tracciato a fili d'oro sulla nostra vita; a te ora la scelta se seguire questo Disegno... o scegliere di andare per la tua via. Sei libero; ma una delle due strade, è la vera libertà. La libertà non pensa solo a sè, non cerca il proprio tornaconto. Libertà, Nahel, ci sta chiamando!". Tese la mano, e Bkiharout mise la sua mano sopra quella levata a mezz'aria di Raphael. Nahel attese, in silenzio; troppe cose gli erano piombate addosso insieme; lui era un ragazzo normale... e chissà dov'erano i suoi amici adesso. Forse anche loro erano stati rapiti... Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni? Delle sue speranze? Nahel sollevò piano la mano e la posò su quella dei due amici. "Mio padre mi voleva commerciante. Mia madre mi voleva contadino. Io avevo solo sogni. Ma la vita non è niente se non hai un ideale che ti guida. Ci sono tante cose che non capisco... ma io sono con voi". I tre sorrisero, e Auros si posò sulle loro mani. Il Disegno si andava tracciando.
CAPITOLO X
Lo sguardo si sposta rapidamente dalla cima dei monti verso la vallata boscosa. La luna sale lentamente dalla cima più alta del sistema montuoso che protegge questa conca naturale. Tra gli alberi fitti si apre uno spazio disboscato difficilmente raggiungibile per chi si avventurasse per la prima volta nell'ambiente selvaggio. La luna illumina li dei triliti posizionati a semi cerchio. Nella zona centrale di questa un'enorme pietra, posizionata come un altare, funge anche da architrave di una scala di roccia che scende nel ventre di questo strano spazio. Un uomo, in armatura, scende queste scale, passa sotto l'altare e scompare alla vista di altre quattro persone che aspettano all'ingresso di quest'area. Due di essi reggevano due torce mentre gli altri due, all'inizio di questa scala attendevano che il primo di loro tornasse tra loro. Una piccola scossa di terremoto li sorprese. Subito dopo, il loro amico sceso nella terra, tornò in superficie mentre una lastra di pietra usciva da sotto l'altare e andava a chiudere l'ingresso della scala. L'uomo in armatura fece in tempo a fare l'ultimo passo che la scala alle sue spalle fu sigillata da una roccia nera. Vhinmor ì, il cavaliere disse: "So cosa devo fare". Detto questo si allontanò con gli altri 4. "Allora? Che cosa ti è stato detto?" domandò uno dei 4. "L'Oracolo è stato molto chiaro" tagliò corto Vhinmor. "Non c'è nient'altro da dire..." "Oho, insomma, basta!" irrupe il più giovane dei cavalieri. "Sono tre notti che veniamo qui e ancora non ci hai informato di NIENTE!" "Gli ordini dell'Oracolo sono sempre stati molto chiari" rispose Vhinmor con pacatezza, "sarebbe sciocco non seguirli alla lettera" "Gli ORDINI DELL'ORACOLO!?" canzonò l'altro cavaliere. "E da quando l'Oracolo osa darci degli ORDINI!?" "Pazienta ancora un pò, Aspide" sussurrò Vhinmor al cavaliere più giovane. "Finora i suoi suggerimenti sono sempre stati molto chiari e... non hanno mancato di essere corretti, col tempo..." "Sì!" tuonò Aspide con impazienza. "Ma finora sei soltanto TU a sapere che COSA ti ha detto!!!" "È solo questione di... TEMPO..." disse Vhinmor con un ghigno compiaciuto. "Tutto a suo tempo verrà rivelato... E ora, sbrighiamoci a cercare quello che serve...! L'Oracolo... ha FAME!" L'Oracolo ha parlato: "Se vogliamo che il male trionfi, che il nostro capo torni alla vita per regnare in eterno su questa terra, dobbiamo creare degli oggetti magici, che ci permettano di sconfiggere i Prescelti della luce....e mi ha spiegato come fare". Detto questo, indicò ai suoi compagni la città che si stendeva ai piedi della montagna su cui si trovavano e che avevano raggiunto dulle groppe di quattro agili destrieri. "Il sangue di un cuore puro darà potenza alla spada nera, la paura di un cuore puro darà forza allo scudo nero, la reclusione di un cuore puro darà forza al medaglione nero. Violenza, paura, reclusione, daranno vita al Male".
CAPITOLO XI
La luna piena è a perpendicolo sulla vallata agitata da mille fiammelle. Ogni fiamma è la luce di una torcia tra le mani di un uomo. Sono tanti gli uomini che tra i rami della foresta oscillano all'unisono pronunciando parole, o meglio suoni, che verranno presto dimenticati. Le fiamme, viste dall'alto, formano cerchi concentrici in cui, il più interno, incornicia di una luce arancione l'altare in pietra, al centro dell'area delimitata da dei triliti, terminati di costruire poche ore prima. Tutti attendono qualcosa, invocando e cantando... La valle trema sotto un'unica enorme voce. E' allora che una luce fortissima cade dal cielo sino all'altare e scomparendo nelle viscere della terra. Subito, in uno schianto, la scalinata scavata nella roccia, viene sigillata da una pesante lastra nera e sull'altare resta una cassa in legno. Tutto questo avviene in un lampo con un tuono assordante. E' allora che Nahel si sveglia di soprassalto dal suo sogno. Nahel si guardò intorno; la casa in rovina cigolava terribilmente sotto la potenza del vento che soffiava forte sulla terra, e la pioggia entrava nella stanza da un'apertura nel tetto e picchiettava furiosa sul pavimento ora fangoso. Bkiharuot dormiva accanto a lui, raggomitolata per evitare che il suo corpo disperdesse troppo calore nel freddo della notte. La sua pelle color avorio brillava sotto la luce fioca della luna che le nuvole benignamente lasciavano passare. Nahel le sfiorò piano una guancia e sorrise. Raphael era di poco distante; riposava su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro. Nahel ascoltava il suo respiro lento. Poi ad un trattò ripensò al suo sogno; una foresta, una lunga processione di uomini che portavano delle torcie nelle loro mani... antichi carmina mormorati all'unisono... una antica costruzione di pietra. Un forte rombo, una luce intensa, una cassa di legno. E poi più nulla. Si prese la testa fra le mani; l'umidità, il freddo, il brusco risveglio e il repentino cambiamento che la sua vita aveva subito nel giro di poche ore lo avevano annientato. Sospirò. Si sentiva solo e abbandonato; era facile parlare per Bkiharout e Raphael, ma lui? Un macigno gli era piombato addosso, e andare via era come nuotare contro la corrente di un fiume in piena; inutile, oltre che impossibile. Provò un senso di rancore nei loro confronti. Cosa voleva mai dire quello strano sogno? O... forse non era un sogno. Forse era una visione. Aveva studiato, e sapeva che nell'antichità i popoli erano soliti fare dei riti religiosi simili. Senza rendersene conto aveva esposto ad alta voce le sue riflessioni interiori. Quando si voltò vide Bkiharout che lo osservava con aria preoccupata e allo stesso tempo curiosa. "Nahel.... tutto bene?". "Benissimo" rispose gelido, "non potrebbe andare meglio". Si girò dall'altra parte, dandole le spalle e simulò un sonno pesante e sereno. Bkiharout, ferita, rimase accanto a lui e continuò a fissarlo; si tolse il mantello di lana leggera che portava e glielo mise addosso. Si distese vicino a Raphael, e si riaddormentò. Nahel sapeva di averla ferita, ma non poteva farci nulla. Il tradimento, quella sensazione di essere stato usato per i loro scopi. Poteva forse dimenticarli in un istante solo perchè la situazione lo richiedeva? Era un essere umano, e come tale non poteva certo sottrarsi alle emozioni degli esseri umani. E poi....c'era quel sogno...o visione, chi lo sa. Continuava a chiedersi che cosa significasse! Sospirò e decise di tentare di dormire. Probabilmente Bkiharuot avrebbe capito, e la luce del sole del giorno seguente avrebbe riscaldato i loro animi afflitti e tormentati. Stava per prendere sonno quando un lampo illuminò di una luce fortissima tutto il luogo in cui si trovavano; tutti e tre si destarono bruscamente. "O Gesù..." mormorò Raphael. La porta era stata scardinata, e una figura oscura e incappucciata, a tratti illuminata dagli stralci di luce dei lampi, incombeva su di loro. "Chi sei!" urlò Nahel impugnando velocemente la spada al suo fianco. La figura incapucciata non rispose, si levò il cappuccio che le ricopriva il capo e svelò il volto di una giovane ragazza mora, dalla carnagione pallida. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse meditando; una benda nera le copriva la fronte e raccolgieva i capelli in una treccia dietro la testa. Con una voce noncurante per situazione che le si presentava davanti, disse: "Sono l'Oracolo. Vi stavo cercando... e sapevo dove trovarvi..."
CAPITOLO XII
L'Oracolo si precipitò nella stanza e prese al collo il piccolo Raphael che si svegliò di soprassalto e inizio ad agitarsi. L'Oracolo minacciò gli altri :"Se non mi darete tutte le armi in vostro possesso il piccolo Raphael se la vedrà brutta!". I due giovani furono molto scossi dalle sue parole e gli chiesero cosa volesse, intimarono di lasciar andare il giovane, ma non ottennero risposta. Nahel fece per scagliarsi contro la figura femminile che disse"Fermati eroe! O ti fermi e mi dai la tua spada" e Nahel urlò subito "NO!". La giovane donna proseguì..."O mi dai l'arma o il piccolo Raphael... inizierà a ridere da non poterne più...sino alle lacrime!". Tutti furono perplessi ma Nahel decise di scagliarsi sulla ragazza che evitò il colpo distorcendosi come fosse di gomma. "Avete molto da imparare", disse la donna che iniziava a cambiare d'aspetto e diventava sempre più simile ad un grande coniglio bianco. Tutti continuarono a guardare inorriditi. "Non sempre ciò che vedete è la realtà delle cose". La ragazza-coniglio lasciò andare il ragazzo e cominciò a saltellare ridendo. Ogni salto si rimpiccioliva sino a diventare un coniglietto bianco. L'ultimo salto la porto a diventare una colomba che volò verso il centro della stanza e esplose in mille colori come un fuoco d'artificio. Sentirono bussare alle loro spalle e girandosi videro un vecchio sorridente, dallo sguardo bonario che disse..."Piacere, sono il Mago Balhil e sono qui per aiutarvi. Tutto bene piccolo?". Raphael, che era rimasto in volo non sorretto da nessuno, fu calato lentamente a terra. Tutti non sapevano che dire. "Ohohoh, bene bene, vediamo cosa abbiamo qui...", soggiunse Balhil dopo averli osservati silenziosamente,"tre ragazzini, un piccione spennacchiato... E che possa diventare una fata se mi sbaglio, ci sono anche gli Oggetti... E io che credevo fosse solo una assurda leggenda...". Nahel non aveva mai smesso di tenere in pugno la spada da quando quella strana figura aveva aggredito Raphael. Teneva in mano così saldamente l'impugnatura della favolosa arma che il sangue nella mano non circolava più. Era madido di sudore e rabbioso. "Chi sei tu che sei penetrato con la violenza in questo luogo? Che cosa..." "Taci, ragazzo" disse il mago, diventato improvvisamente serio. "Ora vi chiedo solo una cosa: fidatevi di me. Dobbiamo andarcene da questa capanna lurida, e in fretta". "Come sarebbe?" disse Bkiharuot. "Si, penso che tu ci debba almeno delle spiegazioni, soprattutto circa..." "...circa quella specie di COSA che prima mi stava per ammazzare!" completò Raphael ancora terrorizzato. "Ah, ragazzo mio... se hai avuto così tanta paura di quello non andrai lontano. Era solo un piccolo espediente per vedere se veramente avevo trovato ciò che cercavo. Si tratta di una ridicola creatura che prende la forma degli ultimi sogni che una persona ha fatto. Qualcuno di voi ha sognato un coniglio bianco - penso fosse il tuo sogno, ragazza -, un altro ha sognato una colomba - penso tu abbia sognato il tuo piccione spennacchiato, ragazzino - ma mi chiedo... io non avevo previsto l'Oracolo...". Tutti si volsero verso Nahel.
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Nov 1 2008, 07:57 PM
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CAPITOLO I
C'era una volta, un ragazzo molto silenzioso, che viveva in un paese non lontano da Madrid. Era povero ed aveva solo due grandissimi amici con cui passava il tutto il suo tempo. Erano molto uniti perché avevano in comune grandi sogni e grandi passioni, oltre ad un amore senza limiti per il il loro Dio. Un giorno, mentre passeggiavano insieme verso il mercato, incontrarono uno schiavo che veniva frustato dal suo padrone; era una scena comune in quei tempi, ma quell'istante, anche se allora non lo sapevano, avrebbe cambiato la loro vita. Presero tutto quello che avevano e andarono in giro per il mondo e arrivarono sino in Brasile. Qui trovarono una situazione terribile: la dignità umana veniva costantemente calpestata. Decisero così di creare un ordine che aveva come carisma e motto "LIBERI PER LIBERARE", il cui scopo era restituire la libertà sino a donare la propria vita in cambio di altre persone meno fortunate. Molti intorno a loro non riuscivano a capire quel sacrificio e si chiedevano: "Come si può dare la propria vita per persone che non si conoscono e non rappresentano nulla per noi?". Uno dei tre disse: "Amar come Gesù amò, pensar come Gesù pensò, soffrir come Gesù soffriva, gioir come Gesù gioiva... e quando arriverà la sera tu ti senti pazzo di felicità...". Qualcuno che pensò che erano davvero dei pazzi. Altri invece, toccati dalle loro parole, compresero il significato di ciò che facevano, il loro amare senza riserve. Molti si unirono a loro, ma c'era un ricco signore spagnolo che li odiava perché ciò che predicavano lo impoveriva di molto denaro; allora questo nobile un giorno li accusò di averlo derubato ed i loro capi andarono in prigione. Sembrava non ci fossero più speranze; coloro che tanto avevano decantato la libertà si trovavano in prigione. Ma ciò che importava era che i loro cuori fossero ancora liberi, perché continuavano a confidare nell'aiuto di quel Dio che mai li aveva delusi. E, dopo una notte di preghiere videro volare sull'alba un gabbiano, e in quel momento, furono abbagliati da una luce. Non credevano ai loro occhi, ma in un battito di ciglia compresero... Quello che si stagliava dietro il gabbiano era un UFO! Cioè un piccione mangiapane a UFO. Ed il piccione sembrò gufo... poi civetta poi pony express (il pegaso volante)... era invece lo Spirito Santo. Si posa su tutti i giovani che lo accolgono e lo accoglieranno e l'hanno accolto: liberamente, senza imposizioni.
CAPITOLO II
Una volta che i carcerieri ebbero capito l'errore che compivano nel tenere imprigionati questi Santi uomini, decisero di rendere loro la libertà. Il nostro protagonista e fondatore decise allora di mettersi da solo in viaggio per annunciare le sue Verità. Questo ragazzo, non molto lontano da Madrid, aveva un suo prossimo, un suo simile, nel carattere, nell'intemperanza e nella testardaggine. I due fecero una grande amicizia, assieme al Padre di tutti.
Fecero molte cose assieme, compirono i loro studi, conobbero il mondo. Scoprendosi l'un l'altro compresero che la loro Amicizia era importante, che assieme avrebbero potuto fare grandi cose, ma che se si fossero divisi avrebbero potuto fare il doppio del bene... Perciò, l'amico del nostro protagonista prese una nave che salpava verso terre lontane. Ma all'improvviso, a circa metà viaggio, ci fu una violenta tempesta... E i marinai furono costretti a gettare in mare tutto il carico. Ma quando una cassa di legno molto pesante venne gettata in mare... la tempesta si placò. Tutti erano curiosi di vedere cosa vi fosse dentro... Seguirono quindi la cassa fino a che questa non approdò su una spiaggia. Nessuno riusciva ad aprirla così la gente andò a chiamare i padri vestiti di bianco perché così era stato gridato dalla voce di un bambino che non aveva mai parlato prima di allora. I frati aprirono la pesante cassa e dentro trovarono, ben protetti, una spada, uno scudo ed un medaglione. Nessuno dei marinai imbarcati sulla nave sapeva di chi fossero questi antichi oggetti, ne dove questa cassa fosse destinata ad arrivare. Incise sopra lo scudo c'erano poche parole... Una frase che così diceva: "Liberi per Liberare!"
CAPITOLO III
La spada era un oggetto che trasmetteva semplicità ma al tempo stesso una grande ricercatezza e ricchezza. La sua elsa vedeva un impugnatura di color rosso intenso. Il pomolo era argenteo, rilucente, e il rilievo in oro, di forma sinuosa, recava una chiara e bellissima lettera M. La guardia crociata era formata da due rami in argento, che nascevano dall'impugnatura, e che si aprivano in una serie di ramoscelli a formare una piccola cupola a protezione della mano che la impugnasse. Dal ramoscello spuntavano piccole foglie e roselline d'oro. La coccia era di un materiale nero, con riflessi che al sole potevano essere di un blu o verde molto intenso ma cupo, che sembravano nascere al suo interno. La lama era argentata e recava un'incisione che sul fondo appariva scura, nera, e che faceva così esaltare maggiormente la scritta
"Noli vinci a malo, sed vince in bono malum".
Tutti provavano a prendere in mano quegli oggetti, ma erano talmente pesanti che nessuno riusciva a sollevarli nemmeno di un millimetro. Ma quel ragazzo, imbarcatosi lasciando tutto nel suo passato e puntando ad annunciare ciò che aveva imparato al suo prossimo, benchè fosse così gracile riuscì ad afferrare gli oggetti come se fossero fatti di aria, e in quel momento disse: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi». In quel momento i suoi nuovi amici imbarcati, così distanti da lui furono abbagliati da una luce immensa fuoriuscita dalla punta della spada alzata verso il cielo. Alcuni di questi caddero al suolo, altri rimasero confusi e barcollanti, mentre il giovane con indosso gli oggetti trovati nella cassa, e avvolto nella luce immacolata, sembrava non essere più lui ma un angelo. La luce andò calando sinché non fu possibile per tutti riaprire gli occhi e guadare verso il giovane che aveva riacquistato le sue sembianze e gli oggetti erano tornati al loro posto nella cassa. Anche il giovane sembrò ridestarsi da un sogno; i suoi occhi, azzurri come il mare, brillavano di una luce nuova; brillavano di gioia, ardore, coraggio, forza. Il giovane aprì le sue braccia e disse rivolto ai suoi compagni: "Oggi è un nuovo giorno. Questo nuovo sole che splende sulla nostra vita ci farà aprire una strada nuova. Non abbiate paura; abbiate fede". Un amico disse: "Ma cosa significano questi oggetti? Apparterranno a qualche ricco signore. E a te, cosa è accaduto?". Il giovane rispose: "Ora sono forte dello Spirito del mio Dio, che ci conduce verso nuovi sentieri. Partiamo insieme e capiremo cosa Dio vuole dirci con questa spada, con questo scudo, e con questo medaglione". E nel suo sguardo videro riflesso l'ardore, l'amore di Cristo, e tutt'intorno si respirava LIBERTA'.
CAPITOLO IV
L'orizzonte del pensiero si annuvolò in un istante quando, aggrottando la fronte, il più anziano del gruppo manifestò la decisione di non più seguirli in questo ulteriore viaggio che, nelle sue previsioni, appariva funesto. Nessuno dei presenti azzardò giudizi sulla decisione imprevista che dava agli iniziali entusiasmi un repentino stop. E mentre la mandria dei perché si affannava a voler entrare nell'ovile della ragione, in lontananza un tintinnio leggero obbligò lo sguardo degli impensieriti amici a volgersi verso la brulla radura dalla quale una giovane donna avanzava decisa verso di loro, sguardo fiero e allegro, occhi che brillavano di una strana luce. Non portava addosso campanelli, e nessuno si spiegava da dove potesse venire il rumore. avvicinandosi al giovane, disse di volerlo accompagnare nel viaggio che intendeva intraprendere con i suoi amici. I presenti rimasero colpiti dalla fermezza della decisione della ragazza, che allungando la mano verso gli oggetti sollevò senza fatica il pesante scudo, dicendo loro: "Io sarò la vostra protettrice".
La giovane donna aveva la pelle del colore dell'ambra, gli occhi scuri e fieri, e i suoi lunghi capelli si scompigliavano dolcemente al vento del mattino. "Chi sei tu, dunque?" disse il più anziano tra quelli li giunti "Non ti ho mai vista camminare per le vie di questo paese. Dunque quale è il tuo nome? Da dove vieni?". La giovane parlò, e la sua voce era simile ad un soffio di brezza leggera. "Il mio nome è Bkiharuot, e vengo da una terra lontana. Io ti ho visto sempre mentre prendevi il largo con la tua barca in cerca di qualcosa che nemmeno tu sai, ma tu mai mi hai voluto vedere, così chiuso e asserragliato nei tuoi pensieri". "Cosa significa dunque il tuo nome?" chiese un altro. "Il mio nome, nell'antica lingua del mio paese, significa LIBERTA'".
Bkiharout afferrò da terra il vecchio medaglione trovato dentro la cassa insieme alla spada e allo scudo, lo rigirò fra le mani contemplandolo come se fosse un diamante... Il vecchio ciondolo era tutto d'oro zecchino: sul davanti aveva inciso una piccola croce bianca e sotto di essa quattro bande di corallo. Improvvisamente, con uno scatto repentino, il medaglione si aprì, lasciando cadere per terra un piccolo foglio di pergamena avvolto in un nastro... Bkiharout lo raccolse da terra e lo consegnò tra le mani del ragazzo che aveva impugnato poco prima la spada lucente... Il ragazzo aprì il foglio di pergamena e un pò titubante lesse ad alta voce il titolo che stava a capo pagina:
TESTAMENTO DE PEDRO NOLASCO PARA L'ORDEN DE LA MADRE DE DIOS DE LA MERCED
Il foglio diceva:
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Queste parole risultarono incomprensibili a coloro che ascoltavano. Maggiore fu la sorpresa quando la scritta scomparve agli occhi di tutti ed il foglio ritornò intonso. Una sola era la certezza per tutti. Qualcosa si stava costruendo sul loro percorso... Vite diverse e distanti si erano incontrate presso il mare che tutto cambia. Oggetti strani e con proprietà speciali... Il gruppo si stava formando.
CAPITOLO V
"Cosa mai possono significare queste parole che abbiamo appena ascoltato?" domandò uno del gruppo. Bkiharout rispose: "È ancora troppo presto perchè possiate capirle appieno... Guardate là..." e dicendo questo, con l'indice indicò un punto poco preciso nell'orizzonte che si parava davanti ai loro occhi... "Che cosa dobbiamo guardare?" chiese il più giovane del gruppo. Bkiarout non rispose; rimase immobile con il braccio proteso davanti a sè, come impugnando un arco. Fu allora che, dall'orizzonte, comparve un gruppo di cavalieri provenienti dalla vicina città. Questa era assediata da degli uomini armati il cui unico interesse era razziare il suo castello. Questa era una delle tante città assediate, una delle tante guerre che si combattevano in tutta la terra allora conosciuta. Sembrava che l'uomo non sapesse far altro che combattere contro il suo fratello. Fu in quel momento che tutti fuggirono come era possibile per mettersi al riparo. Del gruppo assiepatosi attorno alla cassa non rimase che un piccolo gruppo di persone. Bkiharout tenne in mano lo scudo mentre il giovane Nahel la spada, ponendo il medaglione nella sua tasca. Così assieme iniziarono a correre nella foresta li vicina perdendo di vista tutte le altre persone che erano state con loro sino a poco prima. Si trovarono così soli a girare nel bosco senza sapere dove andare, cosa fare, e sperando di non capitare presso una guerra, in mano a dei banditi o chissà cos'altro.
CAPITOLO VI
La loro corsa si fermò dopo quello che a loro parve un lunghissimo tempo, tanto era affannato il loro respiro e stanco il loro passo. Si sedettero, stremati, ai piedi di un albero secolare ed immenso, che superava di molto tutti gli alberi di quella ombrosa foresta. Tutt'intorno era calma e silenzio; solo il loro cuore che batteva forte ricordò loro ciò che avevano appena vissuto; qualcosa era cominciato, e ormai nessuno poteva più tirarsi indietro. Nahel mise le mani in tasca, nella speranza di trovare del cibo, ma si trovò di nuovo in mano il medaglione che ardeva tra le sue mani come se dentro di esso vi fosse celata una forza vitale, un soffio di vento, una brezza leggera che alleviò per un attimo le pene e la fatica dei due giovani stanchi e preoccupati per il loro domani che gravava sulle loro spalle come un pesante zaino da portare con amore lungo un duro viaggio. Il silenzio della foresta fu improvvisamente interrotto dal bando che passava ai suoi confini, che annunciava che gli abitanti della loro città, catturati dai cavalieri del drago nero, sarebbero stati giustiziati all'alba del giorno dopo per non aver voluto rinnegare la loro fede e non aver voluto collaborare alla cattura di quanti erano fuggiti. i due giovani si guardarono per un attimo. il dubbio e la paura attanagliavano i loro cuori. casa fare? come comportarsi? quale era la cosa giusta da fare? il medaglione sembrò più caldo e più luminoso nelle loro mani, sembrò quasi dare al risposta al giovane uomo: "devo andare!" disse alla ragazza. "la spada che mi è stata donata mi porterà alla vittoria contro i miei nemici, e i miei amici saranno liberi!". Bkiharout lo fissò intensamente. Il suo sguardo fermo, puro e sincero lo colpì profondamente. "Io verrò con te", disse con voce dolce e allo stesso tempo decisa. "No", disse Nahel, "potrebbe essere pericoloso, e tu..." "E io cosa?" disse in risposta Bkiharout, "forse perché sono una ragazza devo essere debole e timorosa? Imparerai a conoscermi, Nahel. Quando la voce di Dio ti chiama per nome, quando una brezza leggera ti sussurra al cuore, quando capisci dopo anni di domande quale è il progetto disegnato sulla tua vita, non puoi più tirarti indietro. Quando la libertà ti chiama, tu devi rispondere. Ma se non prendi sulle spalle la tua croce per seguire i suoi sentieri, sarai per sempre schiavo di te stesso". Nahel la fissò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Una lacrima uscì dai suoi occhi, e una sola sola parola dalle sue labbra, mentre le prendeva la mano: "Partiamo".
CAPITOLO VII
La città che si parò davanti a loro era cupa e desolata... Ad alcune finestre erano state martellate le imposte con delle travi di legno e le insegne delle locande pendevano dai battenti come se fossero sospinte da un soffio di vento... In lontananza si potevano addirtittura sentire delle grida riecheggiare nelle vie desolate... Nahel e Bkiharout si guardarono intorno, come aspettandosi di trovare qualcuno, quando - ad un certo punto - sussultarono all'udire un suono misterioso... Era come il suono di un flauto, ma sembrava emesso da una voce umana... Era come un canto... Bello, maestoso, che faceva vibrare il silenzio circostante con un palpabile senso di serenità... Nahel e Bkiharout si voltarono a destra e sinistra per cercare la fonte del suono... e fu allora che notarono una COSA nella foresta che avevano lasciato alle loro spalle... Su un roveto senza spine, splendente come un raggio di sole, stava appollaiato un piccolo colombo che cinguettava questo bellissimo inno... Nahel e Bkiharout lo fissarono stupefatti... E ad un certo punto la canzone cominciò ad assumere un significato, come se delle parole stessero parlando ai cuori di chi ascoltava quella VOCE (anche se non era una voce)... E questo meraviglioso canto diceva:
"Canto a te, o Sole. Canto al tuo calore che ci da vita. Tu, che rinnovi ogni giorno la mia essenza solleva la mia anima, guarisci la ferita. Tu, Eterna Luce, che dai ad ogni creatura la forza di giungere fino al Cielo, riguarda la mia anima coperta da un triste velo, rivesti con la tua luce questa immensa sciagura.
Canto a te, o Luna, amica dei sogni e dei lamenti, risplendi su questa desolata duna rapite furon le coraggiose genti.
Canto per te, o Signore del Cielo, Tu che sei Padre e sei Madre; scalda Tu questo triste gelo, Signore delle eterne terre leggiadre. Porta sul mondo la Luce infinita, rischiara la notte di chi s'è perduto; accendi la fede, riporta la vita Padre e Signore, accorri in nostro aiuto.
donaci la forza di portare libertà, donaci il coraggio che solo la fede immensa dà, portaci o Padre sulla tua forte mano, guidaci Madre con la tua infinita dolcezza.
La vita che scorre dentro alle vene ora non è che un fiume lasciato a metà; ascolta tu, o Sole, le nostre pene: rischiara la notte per la la libertà".
Il dolce canto terminò.
Era l'alba, il sole sorgeva illuminando piano le strade, mentre la luna e la sua pallida luce si spegnevano alle loro spalle. La città non era deserta come era sembrato al loro arrivo. La gente stava chiusa nelle case, nascosta, a guardare i due stranieri, due giovani, maschio e femmina. Lui portava una spada luminosa ed estremamente rifinita. Si vedeva da lontano che mani esperte l'avevano forgiata. Lei portava uno scudo, che sembrava enorme sul suo corpo esile, ma che portava con tanta naturalezza da far quasi pensare che fossero nati insieme. In fondo al villaggio vi era una grande abitazione, tutta in legno e con le rifiniture color sangue. "E' in quella grande casa che hanno portato i prigionieri" gridò la voce di un bambino da dietro un vicolo. "Ed è proprio li che il nostro destino si compirà", disse Bkiharout, e preso per mano il suo compagno, si incamminarono verso la casa. Fatti pochi passi sentirono ancora la voce del bambino che gridava "Venite da questa parte!". Senza riflettere Nahel decise di voltare l'angolo ed entrare nella piccola casa nella quale si era rintanato il ragazzino. Una volta dentro trovarono una casa cadente, con porte e finestre smontate, parte del soffitto era ceduto e si poteva vedere il cielo. Una volta seduti su degli oggetti sparsi sul pavimento, il ragazzino iniziò a parlare: "Vi seguo sin dal momento in cui vi siete fermati ad ascoltare il mio colombo. Era volato fuori da questa casa in cui vive con me. Non l'aveva mai fatto sino a stanotte. L'ho seguito e ho visto che eravate li davanti a lui e lui cantava per voi. Non so che significhi ma deve avere una grande importanza perchè non aveva cantato per nessun'altro che per me. Vi ho seguiti e ho visto che stavate per compiere una pazzia. Non potevo permettervi di compiere un gesto così folle. Mi presento. Sono Raphael". I due giovani rimasero perplessi e si accorsero con stupore che il piccolo colombo era posato dietro la spalla destra del nostro giovane amico. Nel mettersi comodo Nahel tirò fuori il medaglione dalla tasca, che stranamente parve risplendere. Il viso del giovane Raphael parve risplendere della stessa luce con un espressione di gioia e sorpresa. Disse solo "Pensavo non l'avrei visto mai più"...
CAPITOLO VIII
"Conosci questo medaglione?" domandò Nahel al ragazzino. "Certo" rispose lui, "non sapete? È il medaglione di un antichissimo ordine di cavalieri spagnoli. Guardate l'emblema..." Bkiahrout e Nahel fissarono lo stemma a bande rosse, bianche e oro incise sul fronte del ciondolo. "Avete trovato un foglio di carta al suo interno?" domandò Raphael concitato. "Si" rispose Nahel "ma non abbiamo compreso le parole..." "Impugna la spada e guarda la scritta incisa sulla lama..." continuò il ragazzino. Nahle estrasse la spada... Nonostante il buio della stanza, la lama splendette luminosa e le lettere incise lungo di essa si proiettarono nel muro di fronte, brillanti come carboni ardenti:
Noli vinci a malo, sed vince in bono malum
"Sai cosa significano queste parole?" chiese Raphael. "Significano: - non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene - Ora riesci a collegare queste parole con la lettera incisa sull'impugnatura?" Nahel controllò il pomo dell'elsa e vide incisa la lettera "M"... "No" rispose Nahel a malincuore. "Neanche con la scritta incisa sulla cassa dentro cui avete trovato questi oggetti?" continuò il ragazzino. "E tu come fai a sapere della cassa!?" esclamò Nahel. "Ora basta!" irrumpe improvvisamente Bkiharout alzandodsi in piedi. La sua voce rimbombò nella sala come se l'avessero gridata molte voci. "Dobbiamo dirgli la verità, Raphael! Non possiamo nascondergli tutto quanto... È inutile giocare con questi rompicapi... Nahel ha il diritto di sapere la verità su me, te e sui Cavalieri del Drago Nero..." "La verità!?" domandò Nahel. "Quale verità!?" Ci furono alcuni secondi di silenzio. Nahel fissava i due, fremente per l'attesa e ansioso. Cosa succedeva? "Lo abbiamo giurato, Bkiharout! Lo abbiamo giurato al Magister! Conosci la leggenda! Il segreto non può essere rivelato!" "Raphael, non c'è più spazio per i segreti ormai!" replicò Bkiharout, "Lui, e lui soltanto al momento della tempesta è riuscito a prendere in mano la spada, e questo non può essere che un segno! Il tempo del consilium ultimum è vicino, e se non facciamo qualcosa non esisterà più nessuna leggenda, nessun segreto da mantenere! Capisci questo?". Raphael si fece piccolo piccolo di fronte all'ombra minacciosa di Bkiharout che sembrava riempire tutto la stanza in cui si trovavano. "E sia, Bkiharout. Ma sarai tu a iniziare il racconto". Nahel era sempre più sbigottito. "Insomma! Di cosa state parlando?!"
CAPITOLO IX
Bkiharout si sedette sul pavimento polveroso e invitò i due a fare lo stesso. Poi cominciò a raccontare: "Devi sapere Nahel, che questi 3 oggetti sono appartenuti in antichità ad una sola persona. Per molti questo era un Santo, per altri un Cavaliere, altri lo chiamavano Arcangelo, altri non gli davano un nome ma temevano la sua fama. Non si sa quando sia nato ne che fu di lui... La sua storia, o forse leggenda, affonda in secoli nei quali non esisteva scrittura, forse nemmeno la parola. Si sa poco. Si sa solamente che egli compariva dove serviva aiuto. Bastava che un cuore puro pensasse a lui e lui giungeva a porgere l'aiuto di cui realmente si aveva necessità. Molti lo temevano per questo. Ricordi cosa hai letto hel foglio nel medaglione?
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Non l'avevo mai sentito ma tutto ora mi è chiaro. L'occhio sviato è colui che ha intrapreso un sentiero non retto. Valore, timore e speranza sono in nostro possesso. Spada è il valore, Scudo il timore, Medaglione la Speranza. Nessuno è mai stato in grado di usare questi oggetti. Erano per tutti troppo pesanti, ingestibili. Il diamante, la purezza, non era evidentemente nel loro cuore. Tanti sono quelli che nel desiderio di usarli sono scomparsi inspiegabilmente... Così come è scomparso l'unico che fu in grado di usarlo. Nessuno sa che fine fece il Santo. C'è chi dice che un giorno posò le armi e scomparve, ma non sappiamo esattamente. Una cosa è certa. Non esiste una sola persona in grado di usare i 3 oggetti assieme. Io sapevo di poter usare lo scudo..." Raphael disse:"Io posso usare il ciondolo...io SO come usarlo"...La ragazza riprese:" Ma non sapevamo chi fosse in grado di brandire la spada. I tre oggetti non possono esistere separatamente perciò cercavamo il terzo uomo... o donna" disse sorridendo. Raphael disse:"Ma ora è giusto che ti parliamo dei Cavalieri del Drago Nero, Nahel". "Forza Raphael," disse Bikiharuot, "ora tocca a te". "Mi chiedi di rinnovare un dolore indicibile, ma lo farò". "Il possessore dei tre oggetti, forse perché già sapeva quando e perché doveva andarsene dalla vista dei mortali, scelse con cura tre amici. I loro nomi erano, secondo la leggenda, Menadel, Lehaiah e Nashira. Non si sa con quali criteri questi furono scelti; non si conosce quanti anni avessero nè da dove venissero. Ma sappiamo che il Possessore li istruì forse per prendere un giorno il suo posto. E così avvenne. I tre giovani passeggiavano sulla riva di un lago quando videro luccicare qualcosa in mezzo all'erba; Menadel, il più coraggioso e il più forte dei tre, si avvicinò per primo. A terra c'erano le vesti del loro Maestro, e una cassa, con dentro i tre oggetti disposti in fila. Menadel si voltò verso i suoi compagni e gridò loro di avvicinarsi, e questi corsero da lui. " - Cosa significa tutto ciò? - disse Nashira, la ragazza del gruppo. - Guardate, c'è un incisione sul legno della cassa - disse Lehaiah, l'unico che tra i tre era in grado di leggere - tutto scorre, chi sta fermo è perduto. Tieni alto il tuo cuore ed apri le tue mani, afferra ciò che resterà e brillerà il sole tra le tue mani -. Menadel si chinò, respirò il profumo rimasto tra le vesti del Possessore, ed afferrò con decisione la spada. Nashira prese lo scudo. Lehaiah il medaglione. Ed ecco, una grande Luce li avvolse, e al centro del lago s'innalzò un magnifico esemplare di uccello, simile ad un colombo... QUESTO" disse Raphael indicando il colombo appollaiato sulla sua spalla. "Si chiama Auros... Alcuni sostengono che questo colombo contenga lo spirito del Possessore degli Oggetti, ma le leggende non sono mai chiare e le antiche profezie sul suo conto sono altrettanto infarcite di stupidaggini di poco conto... Quel che è certo è che questo colombo che noi chiamiamo Auros vi segue da quando avete intrapreso il vostro viaggio in Brasile, quando l'avete scambiato per un cavallo volante... La forma di Auors infatti non è mai chiara e solitamente è visibile solo all'alba, come oggi ad esempio..." Auors fece schioccare il becco con una velocità tale che Raphael s'interruppe. "Il canto di Auros - quello che avete sentito poco fa - può essere udito solo dai tre Possessori degli oggetti... Auors è sicuramente il Diamante di cui parlava la pergamena contenuta dentro il medaglione, quella di cui mi avete parlato prima... Auros è il Diamante contenuto nel cuore di ciascuno, perciò il suo aiuto è indispensabile per concludere il viaggio." "Ma perchè vi conoscevate?" domandò Nahel. "Perchè non mi avete detto niente... Perchè TU non mi hai mai detto niente!? Mi hai portato qui apposta...!" disse indicando Bkiharout. "Non ti ho detto niente perchè il Magister - un Sinedrio di Cavalieri Bianchi - protegge i segreti riguardo ai tre Oggetti. Gli Oggetti sono stati conservati nella cassa per secoli dai membri del Magister. Io - Bkiharout - sono stata assoldata dal Magister per trovare gli altri due Possessori. Ho trovato Raphael qualche mese fa e gli ho promesso di tornare con te. Auors - infatti - volava d'innanzi a me posandosi su coloro che erano Predestinati. Per questo sono riuscita a trovare anche te, quando hai alzato la spada: Auros mi aveva annunciato la tua presenza! Purtroppo durante una tempesta - voluta certamente dal Re del Drago Nero - è affondato il vascello sui cui avevo seguito Nahel e su cui avevo imbarcato i tre Oggetti. Il destino ha voluto che Nahel fosse stato il primo a trovare la cassa e ad impugnare la spada. Ho preso giusto in tempo lo scudo quando - d'un tratto - il Medaglione si è aperto e siamo venuti qui per compiere il nostro destino..."
"Ma quale destino!?" urlò Nahel. "Nahel, ora acoltami", disse Bkiharuot, "a ragione sei arrabbiato con me; sei finito nel bel mezzo di un vortice, e non puoi uscirne. E io non ti ho spiegato, non potevo spiegarti nulla! Siamo legati al Magister, Nahel. Non possiamo rivelare a nessuno il segreto di questi oggetti. Ma l'anno scorso il portatore della spada ci tradì; Kayel, si chiamava. Rubò, mentre io e Raphael dormivamo, gli Oggetti, e lì portò al Sinedrio dei Cavalieri Neri. Da quel giorno infausto, non potemmo avere pace. Tutto il Sinedrio dei Cavalieri Bianchi si mobilitò, ma senza successo. Non c'era traccia di quegli Oggetti. Vedi, Nahel, la Spada, lo Scudo e il Medaglione, rappresentano tutto quanto c'è di buono e bello a questo mondo: la Spada è la forza, il coraggio, l'ardore; lo Scudo è l'altruismo, la prudenza, la pazienza; il Medaglione è la speranza, la fede, la gioia, la libertà. Non possono esistere se non insieme, e non possono morire se non insieme. Il Male, i Cavalieri Neri, se ne impossessarono...E se questi Oggetti fossero stati distrutti, sarebbe arrivato il Consilium Ultimum; il Male avrebbe trionfato su quanto c'era di buono al mondo, e il mondo si sarebbe autodistrutto. Guarda questa città, Nahel; ormai non è che una landa desolata. E' segno che i Cavalieri Neri cercano gli Oggetti, e cercano noi. E visto che non possiamo più contare sull'aiuto dei Cavalieri Binachi, perché abbiamo rivelato il Segreto a te, siamo solo noi tre, i Prescelti, che dovranno lottare per far trionfare il Bene, per far vincere l'Amore". "Non puoi tirarti indietro, Nahel", disse Raphael, "Se ci lasci adesso, ogni speranza sarà perduta. Noi crediamo in te. C'è un Disegno, tracciato a fili d'oro sulla nostra vita; a te ora la scelta se seguire questo Disegno... o scegliere di andare per la tua via. Sei libero; ma una delle due strade, è la vera libertà. La libertà non pensa solo a sè, non cerca il proprio tornaconto. Libertà, Nahel, ci sta chiamando!". Tese la mano, e Bkiharout mise la sua mano sopra quella levata a mezz'aria di Raphael. Nahel attese, in silenzio; troppe cose gli erano piombate addosso insieme; lui era un ragazzo normale... e chissà dov'erano i suoi amici adesso. Forse anche loro erano stati rapiti... Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni? Delle sue speranze? Nahel sollevò piano la mano e la posò su quella dei due amici. "Mio padre mi voleva commerciante. Mia madre mi voleva contadino. Io avevo solo sogni. Ma la vita non è niente se non hai un ideale che ti guida. Ci sono tante cose che non capisco... ma io sono con voi". I tre sorrisero, e Auros si posò sulle loro mani. Il Disegno si andava tracciando.
CAPITOLO X
Lo sguardo si sposta rapidamente dalla cima dei monti verso la vallata boscosa. La luna sale lentamente dalla cima più alta del sistema montuoso che protegge questa conca naturale. Tra gli alberi fitti si apre uno spazio disboscato difficilmente raggiungibile per chi si avventurasse per la prima volta nell'ambiente selvaggio. La luna illumina li dei triliti posizionati a semi cerchio. Nella zona centrale di questa un'enorme pietra, posizionata come un altare, funge anche da architrave di una scala di roccia che scende nel ventre di questo strano spazio. Un uomo, in armatura, scende queste scale, passa sotto l'altare e scompare alla vista di altre quattro persone che aspettano all'ingresso di quest'area. Due di essi reggevano due torce mentre gli altri due, all'inizio di questa scala attendevano che il primo di loro tornasse tra loro. Una piccola scossa di terremoto li sorprese. Subito dopo, il loro amico sceso nella terra, tornò in superficie mentre una lastra di pietra usciva da sotto l'altare e andava a chiudere l'ingresso della scala. L'uomo in armatura fece in tempo a fare l'ultimo passo che la scala alle sue spalle fu sigillata da una roccia nera. Vhinmor ì, il cavaliere disse: "So cosa devo fare". Detto questo si allontanò con gli altri 4. "Allora? Che cosa ti è stato detto?" domandò uno dei 4. "L'Oracolo è stato molto chiaro" tagliò corto Vhinmor. "Non c'è nient'altro da dire..." "Oho, insomma, basta!" irrupe il più giovane dei cavalieri. "Sono tre notti che veniamo qui e ancora non ci hai informato di NIENTE!" "Gli ordini dell'Oracolo sono sempre stati molto chiari" rispose Vhinmor con pacatezza, "sarebbe sciocco non seguirli alla lettera" "Gli ORDINI DELL'ORACOLO!?" canzonò l'altro cavaliere. "E da quando l'Oracolo osa darci degli ORDINI!?" "Pazienta ancora un pò, Aspide" sussurrò Vhinmor al cavaliere più giovane. "Finora i suoi suggerimenti sono sempre stati molto chiari e... non hanno mancato di essere corretti, col tempo..." "Sì!" tuonò Aspide con impazienza. "Ma finora sei soltanto TU a sapere che COSA ti ha detto!!!" "È solo questione di... TEMPO..." disse Vhinmor con un ghigno compiaciuto. "Tutto a suo tempo verrà rivelato... E ora, sbrighiamoci a cercare quello che serve...! L'Oracolo... ha FAME!" L'Oracolo ha parlato: "Se vogliamo che il male trionfi, che il nostro capo torni alla vita per regnare in eterno su questa terra, dobbiamo creare degli oggetti magici, che ci permettano di sconfiggere i Prescelti della luce....e mi ha spiegato come fare". Detto questo, indicò ai suoi compagni la città che si stendeva ai piedi della montagna su cui si trovavano e che avevano raggiunto dulle groppe di quattro agili destrieri. "Il sangue di un cuore puro darà potenza alla spada nera, la paura di un cuore puro darà forza allo scudo nero, la reclusione di un cuore puro darà forza al medaglione nero. Violenza, paura, reclusione, daranno vita al Male".
CAPITOLO XI
La luna piena è a perpendicolo sulla vallata agitata da mille fiammelle. Ogni fiamma è la luce di una torcia tra le mani di un uomo. Sono tanti gli uomini che tra i rami della foresta oscillano all'unisono pronunciando parole, o meglio suoni, che verranno presto dimenticati. Le fiamme, viste dall'alto, formano cerchi concentrici in cui, il più interno, incornicia di una luce arancione l'altare in pietra, al centro dell'area delimitata da dei triliti, terminati di costruire poche ore prima. Tutti attendono qualcosa, invocando e cantando... La valle trema sotto un'unica enorme voce. E' allora che una luce fortissima cade dal cielo sino all'altare e scomparendo nelle viscere della terra. Subito, in uno schianto, la scalinata scavata nella roccia, viene sigillata da una pesante lastra nera e sull'altare resta una cassa in legno. Tutto questo avviene in un lampo con un tuono assordante. E' allora che Nahel si sveglia di soprassalto dal suo sogno. Nahel si guardò intorno; la casa in rovina cigolava terribilmente sotto la potenza del vento che soffiava forte sulla terra, e la pioggia entrava nella stanza da un'apertura nel tetto e picchiettava furiosa sul pavimento ora fangoso. Bkiharuot dormiva accanto a lui, raggomitolata per evitare che il suo corpo disperdesse troppo calore nel freddo della notte. La sua pelle color avorio brillava sotto la luce fioca della luna che le nuvole benignamente lasciavano passare. Nahel le sfiorò piano una guancia e sorrise. Raphael era di poco distante; riposava su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro. Nahel ascoltava il suo respiro lento. Poi ad un trattò ripensò al suo sogno; una foresta, una lunga processione di uomini che portavano delle torcie nelle loro mani... antichi carmina mormorati all'unisono... una antica costruzione di pietra. Un forte rombo, una luce intensa, una cassa di legno. E poi più nulla. Si prese la testa fra le mani; l'umidità, il freddo, il brusco risveglio e il repentino cambiamento che la sua vita aveva subito nel giro di poche ore lo avevano annientato. Sospirò. Si sentiva solo e abbandonato; era facile parlare per Bkiharout e Raphael, ma lui? Un macigno gli era piombato addosso, e andare via era come nuotare contro la corrente di un fiume in piena; inutile, oltre che impossibile. Provò un senso di rancore nei loro confronti. Cosa voleva mai dire quello strano sogno? O... forse non era un sogno. Forse era una visione. Aveva studiato, e sapeva che nell'antichità i popoli erano soliti fare dei riti religiosi simili. Senza rendersene conto aveva esposto ad alta voce le sue riflessioni interiori. Quando si voltò vide Bkiharout che lo osservava con aria preoccupata e allo stesso tempo curiosa. "Nahel.... tutto bene?". "Benissimo" rispose gelido, "non potrebbe andare meglio". Si girò dall'altra parte, dandole le spalle e simulò un sonno pesante e sereno. Bkiharout, ferita, rimase accanto a lui e continuò a fissarlo; si tolse il mantello di lana leggera che portava e glielo mise addosso. Si distese vicino a Raphael, e si riaddormentò. Nahel sapeva di averla ferita, ma non poteva farci nulla. Il tradimento, quella sensazione di essere stato usato per i loro scopi. Poteva forse dimenticarli in un istante solo perchè la situazione lo richiedeva? Era un essere umano, e come tale non poteva certo sottrarsi alle emozioni degli esseri umani. E poi....c'era quel sogno...o visione, chi lo sa. Continuava a chiedersi che cosa significasse! Sospirò e decise di tentare di dormire. Probabilmente Bkiharuot avrebbe capito, e la luce del sole del giorno seguente avrebbe riscaldato i loro animi afflitti e tormentati. Stava per prendere sonno quando un lampo illuminò di una luce fortissima tutto il luogo in cui si trovavano; tutti e tre si destarono bruscamente. "O Gesù..." mormorò Raphael. La porta era stata scardinata, e una figura oscura e incappucciata, a tratti illuminata dagli stralci di luce dei lampi, incombeva su di loro. "Chi sei!" urlò Nahel impugnando velocemente la spada al suo fianco. La figura incapucciata non rispose, si levò il cappuccio che le ricopriva il capo e svelò il volto di una giovane ragazza mora, dalla carnagione pallida. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse meditando; una benda nera le copriva la fronte e raccolgieva i capelli in una treccia dietro la testa. Con una voce noncurante per situazione che le si presentava davanti, disse: "Sono l'Oracolo. Vi stavo cercando... e sapevo dove trovarvi..."
CAPITOLO XII
L'Oracolo si precipitò nella stanza e prese al collo il piccolo Raphael che si svegliò di soprassalto e inizio ad agitarsi. L'Oracolo minacciò gli altri :"Se non mi darete tutte le armi in vostro possesso il piccolo Raphael se la vedrà brutta!". I due giovani furono molto scossi dalle sue parole e gli chiesero cosa volesse, intimarono di lasciar andare il giovane, ma non ottennero risposta. Nahel fece per scagliarsi contro la figura femminile che disse"Fermati eroe! O ti fermi e mi dai la tua spada" e Nahel urlò subito "NO!". La giovane donna proseguì..."O mi dai l'arma o il piccolo Raphael... inizierà a ridere da non poterne più...sino alle lacrime!". Tutti furono perplessi ma Nahel decise di scagliarsi sulla ragazza che evitò il colpo distorcendosi come fosse di gomma. "Avete molto da imparare", disse la donna che iniziava a cambiare d'aspetto e diventava sempre più simile ad un grande coniglio bianco. Tutti continuarono a guardare inorriditi. "Non sempre ciò che vedete è la realtà delle cose". La ragazza-coniglio lasciò andare il ragazzo e cominciò a saltellare ridendo. Ogni salto si rimpiccioliva sino a diventare un coniglietto bianco. L'ultimo salto la porto a diventare una colomba che volò verso il centro della stanza e esplose in mille colori come un fuoco d'artificio. Sentirono bussare alle loro spalle e girandosi videro un vecchio sorridente, dallo sguardo bonario che disse..."Piacere, sono il Mago Balhil e sono qui per aiutarvi. Tutto bene piccolo?". Raphael, che era rimasto in volo non sorretto da nessuno, fu calato lentamente a terra. Tutti non sapevano che dire. "Ohohoh, bene bene, vediamo cosa abbiamo qui...", soggiunse Balhil dopo averli osservati silenziosamente,"tre ragazzini, un piccione spennacchiato... E che possa diventare una fata se mi sbaglio, ci sono anche gli Oggetti... E io che credevo fosse solo una assurda leggenda...". Nahel non aveva mai smesso di tenere in pugno la spada da quando quella strana figura aveva aggredito Raphael. Teneva in mano così saldamente l'impugnatura della favolosa arma che il sangue nella mano non circolava più. Era madido di sudore e rabbioso. "Chi sei tu che sei penetrato con la violenza in questo luogo? Che cosa..." "Taci, ragazzo" disse il mago, diventato improvvisamente serio. "Ora vi chiedo solo una cosa: fidatevi di me. Dobbiamo andarcene da questa capanna lurida, e in fretta". "Come sarebbe?" disse Bkiharuot. "Si, penso che tu ci debba almeno delle spiegazioni, soprattutto circa..." "...circa quella specie di COSA che prima mi stava per ammazzare!" completò Raphael ancora terrorizzato. "Ah, ragazzo mio... se hai avuto così tanta paura di quello non andrai lontano. Era solo un piccolo espediente per vedere se veramente avevo trovato ciò che cercavo. Si tratta di una ridicola creatura che prende la forma degli ultimi sogni che una persona ha fatto. Qualcuno di voi ha sognato un coniglio bianco - penso fosse il tuo sogno, ragazza -, un altro ha sognato una colomba - penso tu abbia sognato il tuo piccione spennacchiato, ragazzino - ma mi chiedo... io non avevo previsto l'Oracolo...". Tutti si volsero verso Nahel.
CAPITOLO XIII
Nel frattempo, nel paese di Molto Molto Lontano... succedeva una storia che non stiamo qui a raccontare... Il mago Balhil disse: "Va bene, va bene, non è questo il momento di parlare di queste tristi faccende...questo è il momendo di spostarci di qua.! "Ma dove potremmo andare" disse il piccolo Raphael "non abbiamo un luogo sicuro...". Ed il Mago "Abbiate fiducia in me..." e detto questo si girò e si incamminò sperando gli altri lo seguissero.
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Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo, quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare; quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro; quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento; quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare; quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare; quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi; quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona. Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati. Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano, e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
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Nov 2 2008, 12:56 PM
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CAPITOLO I
C'era una volta, un ragazzo molto silenzioso, che viveva in un paese non lontano da Madrid. Era povero ed aveva solo due grandissimi amici con cui passava il tutto il suo tempo. Erano molto uniti perché avevano in comune grandi sogni e grandi passioni, oltre ad un amore senza limiti per il il loro Dio. Un giorno, mentre passeggiavano insieme verso il mercato, incontrarono uno schiavo che veniva frustato dal suo padrone; era una scena comune in quei tempi, ma quell'istante, anche se allora non lo sapevano, avrebbe cambiato la loro vita. Presero tutto quello che avevano e andarono in giro per il mondo e arrivarono sino in Brasile. Qui trovarono una situazione terribile: la dignità umana veniva costantemente calpestata. Decisero così di creare un ordine che aveva come carisma e motto "LIBERI PER LIBERARE", il cui scopo era restituire la libertà sino a donare la propria vita in cambio di altre persone meno fortunate. Molti intorno a loro non riuscivano a capire quel sacrificio e si chiedevano: "Come si può dare la propria vita per persone che non si conoscono e non rappresentano nulla per noi?". Uno dei tre disse: "Amar come Gesù amò, pensar come Gesù pensò, soffrir come Gesù soffriva, gioir come Gesù gioiva... e quando arriverà la sera tu ti senti pazzo di felicità...". Qualcuno che pensò che erano davvero dei pazzi. Altri invece, toccati dalle loro parole, compresero il significato di ciò che facevano, il loro amare senza riserve. Molti si unirono a loro, ma c'era un ricco signore spagnolo che li odiava perché ciò che predicavano lo impoveriva di molto denaro; allora questo nobile un giorno li accusò di averlo derubato ed i loro capi andarono in prigione. Sembrava non ci fossero più speranze; coloro che tanto avevano decantato la libertà si trovavano in prigione. Ma ciò che importava era che i loro cuori fossero ancora liberi, perché continuavano a confidare nell'aiuto di quel Dio che mai li aveva delusi. E, dopo una notte di preghiere videro volare sull'alba un gabbiano, e in quel momento, furono abbagliati da una luce. Non credevano ai loro occhi, ma in un battito di ciglia compresero... Quello che si stagliava dietro il gabbiano era un UFO! Cioè un piccione mangiapane a UFO. Ed il piccione sembrò gufo... poi civetta poi pony express (il pegaso volante)... era invece lo Spirito Santo. Si posa su tutti i giovani che lo accolgono e lo accoglieranno e l'hanno accolto: liberamente, senza imposizioni.
CAPITOLO II
Una volta che i carcerieri ebbero capito l'errore che compivano nel tenere imprigionati questi Santi uomini, decisero di rendere loro la libertà. Il nostro protagonista e fondatore decise allora di mettersi da solo in viaggio per annunciare le sue Verità. Questo ragazzo, non molto lontano da Madrid, aveva un suo prossimo, un suo simile, nel carattere, nell'intemperanza e nella testardaggine. I due fecero una grande amicizia, assieme al Padre di tutti.
Fecero molte cose assieme, compirono i loro studi, conobbero il mondo. Scoprendosi l'un l'altro compresero che la loro Amicizia era importante, che assieme avrebbero potuto fare grandi cose, ma che se si fossero divisi avrebbero potuto fare il doppio del bene... Perciò, l'amico del nostro protagonista prese una nave che salpava verso terre lontane. Ma all'improvviso, a circa metà viaggio, ci fu una violenta tempesta... E i marinai furono costretti a gettare in mare tutto il carico. Ma quando una cassa di legno molto pesante venne gettata in mare... la tempesta si placò. Tutti erano curiosi di vedere cosa vi fosse dentro... Seguirono quindi la cassa fino a che questa non approdò su una spiaggia. Nessuno riusciva ad aprirla così la gente andò a chiamare i padri vestiti di bianco perché così era stato gridato dalla voce di un bambino che non aveva mai parlato prima di allora. I frati aprirono la pesante cassa e dentro trovarono, ben protetti, una spada, uno scudo ed un medaglione. Nessuno dei marinai imbarcati sulla nave sapeva di chi fossero questi antichi oggetti, ne dove questa cassa fosse destinata ad arrivare. Incise sopra lo scudo c'erano poche parole... Una frase che così diceva: "Liberi per Liberare!"
CAPITOLO III
La spada era un oggetto che trasmetteva semplicità ma al tempo stesso una grande ricercatezza e ricchezza. La sua elsa vedeva un impugnatura di color rosso intenso. Il pomolo era argenteo, rilucente, e il rilievo in oro, di forma sinuosa, recava una chiara e bellissima lettera M. La guardia crociata era formata da due rami in argento, che nascevano dall'impugnatura, e che si aprivano in una serie di ramoscelli a formare una piccola cupola a protezione della mano che la impugnasse. Dal ramoscello spuntavano piccole foglie e roselline d'oro. La coccia era di un materiale nero, con riflessi che al sole potevano essere di un blu o verde molto intenso ma cupo, che sembravano nascere al suo interno. La lama era argentata e recava un'incisione che sul fondo appariva scura, nera, e che faceva così esaltare maggiormente la scritta
"Noli vinci a malo, sed vince in bono malum".
Tutti provavano a prendere in mano quegli oggetti, ma erano talmente pesanti che nessuno riusciva a sollevarli nemmeno di un millimetro. Ma quel ragazzo, imbarcatosi lasciando tutto nel suo passato e puntando ad annunciare ciò che aveva imparato al suo prossimo, benchè fosse così gracile riuscì ad afferrare gli oggetti come se fossero fatti di aria, e in quel momento disse: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi». In quel momento i suoi nuovi amici imbarcati, così distanti da lui furono abbagliati da una luce immensa fuoriuscita dalla punta della spada alzata verso il cielo. Alcuni di questi caddero al suolo, altri rimasero confusi e barcollanti, mentre il giovane con indosso gli oggetti trovati nella cassa, e avvolto nella luce immacolata, sembrava non essere più lui ma un angelo. La luce andò calando sinché non fu possibile per tutti riaprire gli occhi e guadare verso il giovane che aveva riacquistato le sue sembianze e gli oggetti erano tornati al loro posto nella cassa. Anche il giovane sembrò ridestarsi da un sogno; i suoi occhi, azzurri come il mare, brillavano di una luce nuova; brillavano di gioia, ardore, coraggio, forza. Il giovane aprì le sue braccia e disse rivolto ai suoi compagni: "Oggi è un nuovo giorno. Questo nuovo sole che splende sulla nostra vita ci farà aprire una strada nuova. Non abbiate paura; abbiate fede". Un amico disse: "Ma cosa significano questi oggetti? Apparterranno a qualche ricco signore. E a te, cosa è accaduto?". Il giovane rispose: "Ora sono forte dello Spirito del mio Dio, che ci conduce verso nuovi sentieri. Partiamo insieme e capiremo cosa Dio vuole dirci con questa spada, con questo scudo, e con questo medaglione". E nel suo sguardo videro riflesso l'ardore, l'amore di Cristo, e tutt'intorno si respirava LIBERTA'.
CAPITOLO IV
L'orizzonte del pensiero si annuvolò in un istante quando, aggrottando la fronte, il più anziano del gruppo manifestò la decisione di non più seguirli in questo ulteriore viaggio che, nelle sue previsioni, appariva funesto. Nessuno dei presenti azzardò giudizi sulla decisione imprevista che dava agli iniziali entusiasmi un repentino stop. E mentre la mandria dei perché si affannava a voler entrare nell'ovile della ragione, in lontananza un tintinnio leggero obbligò lo sguardo degli impensieriti amici a volgersi verso la brulla radura dalla quale una giovane donna avanzava decisa verso di loro, sguardo fiero e allegro, occhi che brillavano di una strana luce. Non portava addosso campanelli, e nessuno si spiegava da dove potesse venire il rumore. avvicinandosi al giovane, disse di volerlo accompagnare nel viaggio che intendeva intraprendere con i suoi amici. I presenti rimasero colpiti dalla fermezza della decisione della ragazza, che allungando la mano verso gli oggetti sollevò senza fatica il pesante scudo, dicendo loro: "Io sarò la vostra protettrice".
La giovane donna aveva la pelle del colore dell'ambra, gli occhi scuri e fieri, e i suoi lunghi capelli si scompigliavano dolcemente al vento del mattino. "Chi sei tu, dunque?" disse il più anziano tra quelli li giunti "Non ti ho mai vista camminare per le vie di questo paese. Dunque quale è il tuo nome? Da dove vieni?". La giovane parlò, e la sua voce era simile ad un soffio di brezza leggera. "Il mio nome è Bkiharuot, e vengo da una terra lontana. Io ti ho visto sempre mentre prendevi il largo con la tua barca in cerca di qualcosa che nemmeno tu sai, ma tu mai mi hai voluto vedere, così chiuso e asserragliato nei tuoi pensieri". "Cosa significa dunque il tuo nome?" chiese un altro. "Il mio nome, nell'antica lingua del mio paese, significa LIBERTA'".
Bkiharout afferrò da terra il vecchio medaglione trovato dentro la cassa insieme alla spada e allo scudo, lo rigirò fra le mani contemplandolo come se fosse un diamante... Il vecchio ciondolo era tutto d'oro zecchino: sul davanti aveva inciso una piccola croce bianca e sotto di essa quattro bande di corallo. Improvvisamente, con uno scatto repentino, il medaglione si aprì, lasciando cadere per terra un piccolo foglio di pergamena avvolto in un nastro... Bkiharout lo raccolse da terra e lo consegnò tra le mani del ragazzo che aveva impugnato poco prima la spada lucente... Il ragazzo aprì il foglio di pergamena e un pò titubante lesse ad alta voce il titolo che stava a capo pagina:
TESTAMENTO DE PEDRO NOLASCO PARA L'ORDEN DE LA MADRE DE DIOS DE LA MERCED
Il foglio diceva:
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Queste parole risultarono incomprensibili a coloro che ascoltavano. Maggiore fu la sorpresa quando la scritta scomparve agli occhi di tutti ed il foglio ritornò intonso. Una sola era la certezza per tutti. Qualcosa si stava costruendo sul loro percorso... Vite diverse e distanti si erano incontrate presso il mare che tutto cambia. Oggetti strani e con proprietà speciali... Il gruppo si stava formando.
CAPITOLO V
"Cosa mai possono significare queste parole che abbiamo appena ascoltato?" domandò uno del gruppo. Bkiharout rispose: "È ancora troppo presto perchè possiate capirle appieno... Guardate là..." e dicendo questo, con l'indice indicò un punto poco preciso nell'orizzonte che si parava davanti ai loro occhi... "Che cosa dobbiamo guardare?" chiese il più giovane del gruppo. Bkiarout non rispose; rimase immobile con il braccio proteso davanti a sè, come impugnando un arco. Fu allora che, dall'orizzonte, comparve un gruppo di cavalieri provenienti dalla vicina città. Questa era assediata da degli uomini armati il cui unico interesse era razziare il suo castello. Questa era una delle tante città assediate, una delle tante guerre che si combattevano in tutta la terra allora conosciuta. Sembrava che l'uomo non sapesse far altro che combattere contro il suo fratello. Fu in quel momento che tutti fuggirono come era possibile per mettersi al riparo. Del gruppo assiepatosi attorno alla cassa non rimase che un piccolo gruppo di persone. Bkiharout tenne in mano lo scudo mentre il giovane Nahel la spada, ponendo il medaglione nella sua tasca. Così assieme iniziarono a correre nella foresta li vicina perdendo di vista tutte le altre persone che erano state con loro sino a poco prima. Si trovarono così soli a girare nel bosco senza sapere dove andare, cosa fare, e sperando di non capitare presso una guerra, in mano a dei banditi o chissà cos'altro.
CAPITOLO VI
La loro corsa si fermò dopo quello che a loro parve un lunghissimo tempo, tanto era affannato il loro respiro e stanco il loro passo. Si sedettero, stremati, ai piedi di un albero secolare ed immenso, che superava di molto tutti gli alberi di quella ombrosa foresta. Tutt'intorno era calma e silenzio; solo il loro cuore che batteva forte ricordò loro ciò che avevano appena vissuto; qualcosa era cominciato, e ormai nessuno poteva più tirarsi indietro. Nahel mise le mani in tasca, nella speranza di trovare del cibo, ma si trovò di nuovo in mano il medaglione che ardeva tra le sue mani come se dentro di esso vi fosse celata una forza vitale, un soffio di vento, una brezza leggera che alleviò per un attimo le pene e la fatica dei due giovani stanchi e preoccupati per il loro domani che gravava sulle loro spalle come un pesante zaino da portare con amore lungo un duro viaggio. Il silenzio della foresta fu improvvisamente interrotto dal bando che passava ai suoi confini, che annunciava che gli abitanti della loro città, catturati dai cavalieri del drago nero, sarebbero stati giustiziati all'alba del giorno dopo per non aver voluto rinnegare la loro fede e non aver voluto collaborare alla cattura di quanti erano fuggiti. i due giovani si guardarono per un attimo. il dubbio e la paura attanagliavano i loro cuori. casa fare? come comportarsi? quale era la cosa giusta da fare? il medaglione sembrò più caldo e più luminoso nelle loro mani, sembrò quasi dare al risposta al giovane uomo: "devo andare!" disse alla ragazza. "la spada che mi è stata donata mi porterà alla vittoria contro i miei nemici, e i miei amici saranno liberi!". Bkiharout lo fissò intensamente. Il suo sguardo fermo, puro e sincero lo colpì profondamente. "Io verrò con te", disse con voce dolce e allo stesso tempo decisa. "No", disse Nahel, "potrebbe essere pericoloso, e tu..." "E io cosa?" disse in risposta Bkiharout, "forse perché sono una ragazza devo essere debole e timorosa? Imparerai a conoscermi, Nahel. Quando la voce di Dio ti chiama per nome, quando una brezza leggera ti sussurra al cuore, quando capisci dopo anni di domande quale è il progetto disegnato sulla tua vita, non puoi più tirarti indietro. Quando la libertà ti chiama, tu devi rispondere. Ma se non prendi sulle spalle la tua croce per seguire i suoi sentieri, sarai per sempre schiavo di te stesso". Nahel la fissò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Una lacrima uscì dai suoi occhi, e una sola sola parola dalle sue labbra, mentre le prendeva la mano: "Partiamo".
CAPITOLO VII
La città che si parò davanti a loro era cupa e desolata... Ad alcune finestre erano state martellate le imposte con delle travi di legno e le insegne delle locande pendevano dai battenti come se fossero sospinte da un soffio di vento... In lontananza si potevano addirtittura sentire delle grida riecheggiare nelle vie desolate... Nahel e Bkiharout si guardarono intorno, come aspettandosi di trovare qualcuno, quando - ad un certo punto - sussultarono all'udire un suono misterioso... Era come il suono di un flauto, ma sembrava emesso da una voce umana... Era come un canto... Bello, maestoso, che faceva vibrare il silenzio circostante con un palpabile senso di serenità... Nahel e Bkiharout si voltarono a destra e sinistra per cercare la fonte del suono... e fu allora che notarono una COSA nella foresta che avevano lasciato alle loro spalle... Su un roveto senza spine, splendente come un raggio di sole, stava appollaiato un piccolo colombo che cinguettava questo bellissimo inno... Nahel e Bkiharout lo fissarono stupefatti... E ad un certo punto la canzone cominciò ad assumere un significato, come se delle parole stessero parlando ai cuori di chi ascoltava quella VOCE (anche se non era una voce)... E questo meraviglioso canto diceva:
"Canto a te, o Sole. Canto al tuo calore che ci da vita. Tu, che rinnovi ogni giorno la mia essenza solleva la mia anima, guarisci la ferita. Tu, Eterna Luce, che dai ad ogni creatura la forza di giungere fino al Cielo, riguarda la mia anima coperta da un triste velo, rivesti con la tua luce questa immensa sciagura.
Canto a te, o Luna, amica dei sogni e dei lamenti, risplendi su questa desolata duna rapite furon le coraggiose genti.
Canto per te, o Signore del Cielo, Tu che sei Padre e sei Madre; scalda Tu questo triste gelo, Signore delle eterne terre leggiadre. Porta sul mondo la Luce infinita, rischiara la notte di chi s'è perduto; accendi la fede, riporta la vita Padre e Signore, accorri in nostro aiuto.
donaci la forza di portare libertà, donaci il coraggio che solo la fede immensa dà, portaci o Padre sulla tua forte mano, guidaci Madre con la tua infinita dolcezza.
La vita che scorre dentro alle vene ora non è che un fiume lasciato a metà; ascolta tu, o Sole, le nostre pene: rischiara la notte per la la libertà".
Il dolce canto terminò.
Era l'alba, il sole sorgeva illuminando piano le strade, mentre la luna e la sua pallida luce si spegnevano alle loro spalle. La città non era deserta come era sembrato al loro arrivo. La gente stava chiusa nelle case, nascosta, a guardare i due stranieri, due giovani, maschio e femmina. Lui portava una spada luminosa ed estremamente rifinita. Si vedeva da lontano che mani esperte l'avevano forgiata. Lei portava uno scudo, che sembrava enorme sul suo corpo esile, ma che portava con tanta naturalezza da far quasi pensare che fossero nati insieme. In fondo al villaggio vi era una grande abitazione, tutta in legno e con le rifiniture color sangue. "E' in quella grande casa che hanno portato i prigionieri" gridò la voce di un bambino da dietro un vicolo. "Ed è proprio li che il nostro destino si compirà", disse Bkiharout, e preso per mano il suo compagno, si incamminarono verso la casa. Fatti pochi passi sentirono ancora la voce del bambino che gridava "Venite da questa parte!". Senza riflettere Nahel decise di voltare l'angolo ed entrare nella piccola casa nella quale si era rintanato il ragazzino. Una volta dentro trovarono una casa cadente, con porte e finestre smontate, parte del soffitto era ceduto e si poteva vedere il cielo. Una volta seduti su degli oggetti sparsi sul pavimento, il ragazzino iniziò a parlare: "Vi seguo sin dal momento in cui vi siete fermati ad ascoltare il mio colombo. Era volato fuori da questa casa in cui vive con me. Non l'aveva mai fatto sino a stanotte. L'ho seguito e ho visto che eravate li davanti a lui e lui cantava per voi. Non so che significhi ma deve avere una grande importanza perchè non aveva cantato per nessun'altro che per me. Vi ho seguiti e ho visto che stavate per compiere una pazzia. Non potevo permettervi di compiere un gesto così folle. Mi presento. Sono Raphael". I due giovani rimasero perplessi e si accorsero con stupore che il piccolo colombo era posato dietro la spalla destra del nostro giovane amico. Nel mettersi comodo Nahel tirò fuori il medaglione dalla tasca, che stranamente parve risplendere. Il viso del giovane Raphael parve risplendere della stessa luce con un espressione di gioia e sorpresa. Disse solo "Pensavo non l'avrei visto mai più"...
CAPITOLO VIII
"Conosci questo medaglione?" domandò Nahel al ragazzino. "Certo" rispose lui, "non sapete? È il medaglione di un antichissimo ordine di cavalieri spagnoli. Guardate l'emblema..." Bkiahrout e Nahel fissarono lo stemma a bande rosse, bianche e oro incise sul fronte del ciondolo. "Avete trovato un foglio di carta al suo interno?" domandò Raphael concitato. "Si" rispose Nahel "ma non abbiamo compreso le parole..." "Impugna la spada e guarda la scritta incisa sulla lama..." continuò il ragazzino. Nahle estrasse la spada... Nonostante il buio della stanza, la lama splendette luminosa e le lettere incise lungo di essa si proiettarono nel muro di fronte, brillanti come carboni ardenti:
Noli vinci a malo, sed vince in bono malum
"Sai cosa significano queste parole?" chiese Raphael. "Significano: - non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene - Ora riesci a collegare queste parole con la lettera incisa sull'impugnatura?" Nahel controllò il pomo dell'elsa e vide incisa la lettera "M"... "No" rispose Nahel a malincuore. "Neanche con la scritta incisa sulla cassa dentro cui avete trovato questi oggetti?" continuò il ragazzino. "E tu come fai a sapere della cassa!?" esclamò Nahel. "Ora basta!" irrumpe improvvisamente Bkiharout alzandodsi in piedi. La sua voce rimbombò nella sala come se l'avessero gridata molte voci. "Dobbiamo dirgli la verità, Raphael! Non possiamo nascondergli tutto quanto... È inutile giocare con questi rompicapi... Nahel ha il diritto di sapere la verità su me, te e sui Cavalieri del Drago Nero..." "La verità!?" domandò Nahel. "Quale verità!?" Ci furono alcuni secondi di silenzio. Nahel fissava i due, fremente per l'attesa e ansioso. Cosa succedeva? "Lo abbiamo giurato, Bkiharout! Lo abbiamo giurato al Magister! Conosci la leggenda! Il segreto non può essere rivelato!" "Raphael, non c'è più spazio per i segreti ormai!" replicò Bkiharout, "Lui, e lui soltanto al momento della tempesta è riuscito a prendere in mano la spada, e questo non può essere che un segno! Il tempo del consilium ultimum è vicino, e se non facciamo qualcosa non esisterà più nessuna leggenda, nessun segreto da mantenere! Capisci questo?". Raphael si fece piccolo piccolo di fronte all'ombra minacciosa di Bkiharout che sembrava riempire tutto la stanza in cui si trovavano. "E sia, Bkiharout. Ma sarai tu a iniziare il racconto". Nahel era sempre più sbigottito. "Insomma! Di cosa state parlando?!"
CAPITOLO IX
Bkiharout si sedette sul pavimento polveroso e invitò i due a fare lo stesso. Poi cominciò a raccontare: "Devi sapere Nahel, che questi 3 oggetti sono appartenuti in antichità ad una sola persona. Per molti questo era un Santo, per altri un Cavaliere, altri lo chiamavano Arcangelo, altri non gli davano un nome ma temevano la sua fama. Non si sa quando sia nato ne che fu di lui... La sua storia, o forse leggenda, affonda in secoli nei quali non esisteva scrittura, forse nemmeno la parola. Si sa poco. Si sa solamente che egli compariva dove serviva aiuto. Bastava che un cuore puro pensasse a lui e lui giungeva a porgere l'aiuto di cui realmente si aveva necessità. Molti lo temevano per questo. Ricordi cosa hai letto hel foglio nel medaglione?
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Non l'avevo mai sentito ma tutto ora mi è chiaro. L'occhio sviato è colui che ha intrapreso un sentiero non retto. Valore, timore e speranza sono in nostro possesso. Spada è il valore, Scudo il timore, Medaglione la Speranza. Nessuno è mai stato in grado di usare questi oggetti. Erano per tutti troppo pesanti, ingestibili. Il diamante, la purezza, non era evidentemente nel loro cuore. Tanti sono quelli che nel desiderio di usarli sono scomparsi inspiegabilmente... Così come è scomparso l'unico che fu in grado di usarlo. Nessuno sa che fine fece il Santo. C'è chi dice che un giorno posò le armi e scomparve, ma non sappiamo esattamente. Una cosa è certa. Non esiste una sola persona in grado di usare i 3 oggetti assieme. Io sapevo di poter usare lo scudo..." Raphael disse:"Io posso usare il ciondolo...io SO come usarlo"...La ragazza riprese:" Ma non sapevamo chi fosse in grado di brandire la spada. I tre oggetti non possono esistere separatamente perciò cercavamo il terzo uomo... o donna" disse sorridendo. Raphael disse:"Ma ora è giusto che ti parliamo dei Cavalieri del Drago Nero, Nahel". "Forza Raphael," disse Bikiharuot, "ora tocca a te". "Mi chiedi di rinnovare un dolore indicibile, ma lo farò". "Il possessore dei tre oggetti, forse perché già sapeva quando e perché doveva andarsene dalla vista dei mortali, scelse con cura tre amici. I loro nomi erano, secondo la leggenda, Menadel, Lehaiah e Nashira. Non si sa con quali criteri questi furono scelti; non si conosce quanti anni avessero nè da dove venissero. Ma sappiamo che il Possessore li istruì forse per prendere un giorno il suo posto. E così avvenne. I tre giovani passeggiavano sulla riva di un lago quando videro luccicare qualcosa in mezzo all'erba; Menadel, il più coraggioso e il più forte dei tre, si avvicinò per primo. A terra c'erano le vesti del loro Maestro, e una cassa, con dentro i tre oggetti disposti in fila. Menadel si voltò verso i suoi compagni e gridò loro di avvicinarsi, e questi corsero da lui. " - Cosa significa tutto ciò? - disse Nashira, la ragazza del gruppo. - Guardate, c'è un incisione sul legno della cassa - disse Lehaiah, l'unico che tra i tre era in grado di leggere - tutto scorre, chi sta fermo è perduto. Tieni alto il tuo cuore ed apri le tue mani, afferra ciò che resterà e brillerà il sole tra le tue mani -. Menadel si chinò, respirò il profumo rimasto tra le vesti del Possessore, ed afferrò con decisione la spada. Nashira prese lo scudo. Lehaiah il medaglione. Ed ecco, una grande Luce li avvolse, e al centro del lago s'innalzò un magnifico esemplare di uccello, simile ad un colombo... QUESTO" disse Raphael indicando il colombo appollaiato sulla sua spalla. "Si chiama Auros... Alcuni sostengono che questo colombo contenga lo spirito del Possessore degli Oggetti, ma le leggende non sono mai chiare e le antiche profezie sul suo conto sono altrettanto infarcite di stupidaggini di poco conto... Quel che è certo è che questo colombo che noi chiamiamo Auros vi segue da quando avete intrapreso il vostro viaggio in Brasile, quando l'avete scambiato per un cavallo volante... La forma di Auors infatti non è mai chiara e solitamente è visibile solo all'alba, come oggi ad esempio..." Auors fece schioccare il becco con una velocità tale che Raphael s'interruppe. "Il canto di Auros - quello che avete sentito poco fa - può essere udito solo dai tre Possessori degli oggetti... Auors è sicuramente il Diamante di cui parlava la pergamena contenuta dentro il medaglione, quella di cui mi avete parlato prima... Auros è il Diamante contenuto nel cuore di ciascuno, perciò il suo aiuto è indispensabile per concludere il viaggio." "Ma perchè vi conoscevate?" domandò Nahel. "Perchè non mi avete detto niente... Perchè TU non mi hai mai detto niente!? Mi hai portato qui apposta...!" disse indicando Bkiharout. "Non ti ho detto niente perchè il Magister - un Sinedrio di Cavalieri Bianchi - protegge i segreti riguardo ai tre Oggetti. Gli Oggetti sono stati conservati nella cassa per secoli dai membri del Magister. Io - Bkiharout - sono stata assoldata dal Magister per trovare gli altri due Possessori. Ho trovato Raphael qualche mese fa e gli ho promesso di tornare con te. Auors - infatti - volava d'innanzi a me posandosi su coloro che erano Predestinati. Per questo sono riuscita a trovare anche te, quando hai alzato la spada: Auros mi aveva annunciato la tua presenza! Purtroppo durante una tempesta - voluta certamente dal Re del Drago Nero - è affondato il vascello sui cui avevo seguito Nahel e su cui avevo imbarcato i tre Oggetti. Il destino ha voluto che Nahel fosse stato il primo a trovare la cassa e ad impugnare la spada. Ho preso giusto in tempo lo scudo quando - d'un tratto - il Medaglione si è aperto e siamo venuti qui per compiere il nostro destino..."
"Ma quale destino!?" urlò Nahel. "Nahel, ora acoltami", disse Bkiharuot, "a ragione sei arrabbiato con me; sei finito nel bel mezzo di un vortice, e non puoi uscirne. E io non ti ho spiegato, non potevo spiegarti nulla! Siamo legati al Magister, Nahel. Non possiamo rivelare a nessuno il segreto di questi oggetti. Ma l'anno scorso il portatore della spada ci tradì; Kayel, si chiamava. Rubò, mentre io e Raphael dormivamo, gli Oggetti, e lì portò al Sinedrio dei Cavalieri Neri. Da quel giorno infausto, non potemmo avere pace. Tutto il Sinedrio dei Cavalieri Bianchi si mobilitò, ma senza successo. Non c'era traccia di quegli Oggetti. Vedi, Nahel, la Spada, lo Scudo e il Medaglione, rappresentano tutto quanto c'è di buono e bello a questo mondo: la Spada è la forza, il coraggio, l'ardore; lo Scudo è l'altruismo, la prudenza, la pazienza; il Medaglione è la speranza, la fede, la gioia, la libertà. Non possono esistere se non insieme, e non possono morire se non insieme. Il Male, i Cavalieri Neri, se ne impossessarono...E se questi Oggetti fossero stati distrutti, sarebbe arrivato il Consilium Ultimum; il Male avrebbe trionfato su quanto c'era di buono al mondo, e il mondo si sarebbe autodistrutto. Guarda questa città, Nahel; ormai non è che una landa desolata. E' segno che i Cavalieri Neri cercano gli Oggetti, e cercano noi. E visto che non possiamo più contare sull'aiuto dei Cavalieri Binachi, perché abbiamo rivelato il Segreto a te, siamo solo noi tre, i Prescelti, che dovranno lottare per far trionfare il Bene, per far vincere l'Amore". "Non puoi tirarti indietro, Nahel", disse Raphael, "Se ci lasci adesso, ogni speranza sarà perduta. Noi crediamo in te. C'è un Disegno, tracciato a fili d'oro sulla nostra vita; a te ora la scelta se seguire questo Disegno... o scegliere di andare per la tua via. Sei libero; ma una delle due strade, è la vera libertà. La libertà non pensa solo a sè, non cerca il proprio tornaconto. Libertà, Nahel, ci sta chiamando!". Tese la mano, e Bkiharout mise la sua mano sopra quella levata a mezz'aria di Raphael. Nahel attese, in silenzio; troppe cose gli erano piombate addosso insieme; lui era un ragazzo normale... e chissà dov'erano i suoi amici adesso. Forse anche loro erano stati rapiti... Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni? Delle sue speranze? Nahel sollevò piano la mano e la posò su quella dei due amici. "Mio padre mi voleva commerciante. Mia madre mi voleva contadino. Io avevo solo sogni. Ma la vita non è niente se non hai un ideale che ti guida. Ci sono tante cose che non capisco... ma io sono con voi". I tre sorrisero, e Auros si posò sulle loro mani. Il Disegno si andava tracciando.
CAPITOLO X
Lo sguardo si sposta rapidamente dalla cima dei monti verso la vallata boscosa. La luna sale lentamente dalla cima più alta del sistema montuoso che protegge questa conca naturale. Tra gli alberi fitti si apre uno spazio disboscato difficilmente raggiungibile per chi si avventurasse per la prima volta nell'ambiente selvaggio. La luna illumina li dei triliti posizionati a semi cerchio. Nella zona centrale di questa un'enorme pietra, posizionata come un altare, funge anche da architrave di una scala di roccia che scende nel ventre di questo strano spazio. Un uomo, in armatura, scende queste scale, passa sotto l'altare e scompare alla vista di altre quattro persone che aspettano all'ingresso di quest'area. Due di essi reggevano due torce mentre gli altri due, all'inizio di questa scala attendevano che il primo di loro tornasse tra loro. Una piccola scossa di terremoto li sorprese. Subito dopo, il loro amico sceso nella terra, tornò in superficie mentre una lastra di pietra usciva da sotto l'altare e andava a chiudere l'ingresso della scala. L'uomo in armatura fece in tempo a fare l'ultimo passo che la scala alle sue spalle fu sigillata da una roccia nera. Vhinmor ì, il cavaliere disse: "So cosa devo fare". Detto questo si allontanò con gli altri 4. "Allora? Che cosa ti è stato detto?" domandò uno dei 4. "L'Oracolo è stato molto chiaro" tagliò corto Vhinmor. "Non c'è nient'altro da dire..." "Oho, insomma, basta!" irrupe il più giovane dei cavalieri. "Sono tre notti che veniamo qui e ancora non ci hai informato di NIENTE!" "Gli ordini dell'Oracolo sono sempre stati molto chiari" rispose Vhinmor con pacatezza, "sarebbe sciocco non seguirli alla lettera" "Gli ORDINI DELL'ORACOLO!?" canzonò l'altro cavaliere. "E da quando l'Oracolo osa darci degli ORDINI!?" "Pazienta ancora un pò, Aspide" sussurrò Vhinmor al cavaliere più giovane. "Finora i suoi suggerimenti sono sempre stati molto chiari e... non hanno mancato di essere corretti, col tempo..." "Sì!" tuonò Aspide con impazienza. "Ma finora sei soltanto TU a sapere che COSA ti ha detto!!!" "È solo questione di... TEMPO..." disse Vhinmor con un ghigno compiaciuto. "Tutto a suo tempo verrà rivelato... E ora, sbrighiamoci a cercare quello che serve...! L'Oracolo... ha FAME!" L'Oracolo ha parlato: "Se vogliamo che il male trionfi, che il nostro capo torni alla vita per regnare in eterno su questa terra, dobbiamo creare degli oggetti magici, che ci permettano di sconfiggere i Prescelti della luce....e mi ha spiegato come fare". Detto questo, indicò ai suoi compagni la città che si stendeva ai piedi della montagna su cui si trovavano e che avevano raggiunto dulle groppe di quattro agili destrieri. "Il sangue di un cuore puro darà potenza alla spada nera, la paura di un cuore puro darà forza allo scudo nero, la reclusione di un cuore puro darà forza al medaglione nero. Violenza, paura, reclusione, daranno vita al Male".
CAPITOLO XI
La luna piena è a perpendicolo sulla vallata agitata da mille fiammelle. Ogni fiamma è la luce di una torcia tra le mani di un uomo. Sono tanti gli uomini che tra i rami della foresta oscillano all'unisono pronunciando parole, o meglio suoni, che verranno presto dimenticati. Le fiamme, viste dall'alto, formano cerchi concentrici in cui, il più interno, incornicia di una luce arancione l'altare in pietra, al centro dell'area delimitata da dei triliti, terminati di costruire poche ore prima. Tutti attendono qualcosa, invocando e cantando... La valle trema sotto un'unica enorme voce. E' allora che una luce fortissima cade dal cielo sino all'altare e scomparendo nelle viscere della terra. Subito, in uno schianto, la scalinata scavata nella roccia, viene sigillata da una pesante lastra nera e sull'altare resta una cassa in legno. Tutto questo avviene in un lampo con un tuono assordante. E' allora che Nahel si sveglia di soprassalto dal suo sogno. Nahel si guardò intorno; la casa in rovina cigolava terribilmente sotto la potenza del vento che soffiava forte sulla terra, e la pioggia entrava nella stanza da un'apertura nel tetto e picchiettava furiosa sul pavimento ora fangoso. Bkiharuot dormiva accanto a lui, raggomitolata per evitare che il suo corpo disperdesse troppo calore nel freddo della notte. La sua pelle color avorio brillava sotto la luce fioca della luna che le nuvole benignamente lasciavano passare. Nahel le sfiorò piano una guancia e sorrise. Raphael era di poco distante; riposava su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro. Nahel ascoltava il suo respiro lento. Poi ad un trattò ripensò al suo sogno; una foresta, una lunga processione di uomini che portavano delle torcie nelle loro mani... antichi carmina mormorati all'unisono... una antica costruzione di pietra. Un forte rombo, una luce intensa, una cassa di legno. E poi più nulla. Si prese la testa fra le mani; l'umidità, il freddo, il brusco risveglio e il repentino cambiamento che la sua vita aveva subito nel giro di poche ore lo avevano annientato. Sospirò. Si sentiva solo e abbandonato; era facile parlare per Bkiharout e Raphael, ma lui? Un macigno gli era piombato addosso, e andare via era come nuotare contro la corrente di un fiume in piena; inutile, oltre che impossibile. Provò un senso di rancore nei loro confronti. Cosa voleva mai dire quello strano sogno? O... forse non era un sogno. Forse era una visione. Aveva studiato, e sapeva che nell'antichità i popoli erano soliti fare dei riti religiosi simili. Senza rendersene conto aveva esposto ad alta voce le sue riflessioni interiori. Quando si voltò vide Bkiharout che lo osservava con aria preoccupata e allo stesso tempo curiosa. "Nahel.... tutto bene?". "Benissimo" rispose gelido, "non potrebbe andare meglio". Si girò dall'altra parte, dandole le spalle e simulò un sonno pesante e sereno. Bkiharout, ferita, rimase accanto a lui e continuò a fissarlo; si tolse il mantello di lana leggera che portava e glielo mise addosso. Si distese vicino a Raphael, e si riaddormentò. Nahel sapeva di averla ferita, ma non poteva farci nulla. Il tradimento, quella sensazione di essere stato usato per i loro scopi. Poteva forse dimenticarli in un istante solo perchè la situazione lo richiedeva? Era un essere umano, e come tale non poteva certo sottrarsi alle emozioni degli esseri umani. E poi....c'era quel sogno...o visione, chi lo sa. Continuava a chiedersi che cosa significasse! Sospirò e decise di tentare di dormire. Probabilmente Bkiharuot avrebbe capito, e la luce del sole del giorno seguente avrebbe riscaldato i loro animi afflitti e tormentati. Stava per prendere sonno quando un lampo illuminò di una luce fortissima tutto il luogo in cui si trovavano; tutti e tre si destarono bruscamente. "O Gesù..." mormorò Raphael. La porta era stata scardinata, e una figura oscura e incappucciata, a tratti illuminata dagli stralci di luce dei lampi, incombeva su di loro. "Chi sei!" urlò Nahel impugnando velocemente la spada al suo fianco. La figura incapucciata non rispose, si levò il cappuccio che le ricopriva il capo e svelò il volto di una giovane ragazza mora, dalla carnagione pallida. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse meditando; una benda nera le copriva la fronte e raccolgieva i capelli in una treccia dietro la testa. Con una voce noncurante per situazione che le si presentava davanti, disse: "Sono l'Oracolo. Vi stavo cercando... e sapevo dove trovarvi..."
CAPITOLO XII
L'Oracolo si precipitò nella stanza e prese al collo il piccolo Raphael che si svegliò di soprassalto e inizio ad agitarsi. L'Oracolo minacciò gli altri :"Se non mi darete tutte le armi in vostro possesso il piccolo Raphael se la vedrà brutta!". I due giovani furono molto scossi dalle sue parole e gli chiesero cosa volesse, intimarono di lasciar andare il giovane, ma non ottennero risposta. Nahel fece per scagliarsi contro la figura femminile che disse"Fermati eroe! O ti fermi e mi dai la tua spada" e Nahel urlò subito "NO!". La giovane donna proseguì..."O mi dai l'arma o il piccolo Raphael... inizierà a ridere da non poterne più...sino alle lacrime!". Tutti furono perplessi ma Nahel decise di scagliarsi sulla ragazza che evitò il colpo distorcendosi come fosse di gomma. "Avete molto da imparare", disse la donna che iniziava a cambiare d'aspetto e diventava sempre più simile ad un grande coniglio bianco. Tutti continuarono a guardare inorriditi. "Non sempre ciò che vedete è la realtà delle cose". La ragazza-coniglio lasciò andare il ragazzo e cominciò a saltellare ridendo. Ogni salto si rimpiccioliva sino a diventare un coniglietto bianco. L'ultimo salto la porto a diventare una colomba che volò verso il centro della stanza e esplose in mille colori come un fuoco d'artificio. Sentirono bussare alle loro spalle e girandosi videro un vecchio sorridente, dallo sguardo bonario che disse..."Piacere, sono il Mago Balhil e sono qui per aiutarvi. Tutto bene piccolo?". Raphael, che era rimasto in volo non sorretto da nessuno, fu calato lentamente a terra. Tutti non sapevano che dire. "Ohohoh, bene bene, vediamo cosa abbiamo qui...", soggiunse Balhil dopo averli osservati silenziosamente,"tre ragazzini, un piccione spennacchiato... E che possa diventare una fata se mi sbaglio, ci sono anche gli Oggetti... E io che credevo fosse solo una assurda leggenda...". Nahel non aveva mai smesso di tenere in pugno la spada da quando quella strana figura aveva aggredito Raphael. Teneva in mano così saldamente l'impugnatura della favolosa arma che il sangue nella mano non circolava più. Era madido di sudore e rabbioso. "Chi sei tu che sei penetrato con la violenza in questo luogo? Che cosa..." "Taci, ragazzo" disse il mago, diventato improvvisamente serio. "Ora vi chiedo solo una cosa: fidatevi di me. Dobbiamo andarcene da questa capanna lurida, e in fretta". "Come sarebbe?" disse Bkiharuot. "Si, penso che tu ci debba almeno delle spiegazioni, soprattutto circa..." "...circa quella specie di COSA che prima mi stava per ammazzare!" completò Raphael ancora terrorizzato. "Ah, ragazzo mio... se hai avuto così tanta paura di quello non andrai lontano. Era solo un piccolo espediente per vedere se veramente avevo trovato ciò che cercavo. Si tratta di una ridicola creatura che prende la forma degli ultimi sogni che una persona ha fatto. Qualcuno di voi ha sognato un coniglio bianco - penso fosse il tuo sogno, ragazza -, un altro ha sognato una colomba - penso tu abbia sognato il tuo piccione spennacchiato, ragazzino - ma mi chiedo... io non avevo previsto l'Oracolo...". Tutti si volsero verso Nahel.
CAPITOLO XIII
Nel frattempo, nel paese di Molto Molto Lontano... succedeva una storia che non stiamo qui a raccontare... Il mago Balhil disse: "Va bene, va bene, non è questo il momento di parlare di queste tristi faccende...questo è il momendo di spostarci di qua! "Ma dove potremmo andare" disse il piccolo Raphael "non abbiamo un luogo sicuro...". Ed il Mago "Abbiate fiducia in me..." e detto questo si girò e si incamminò sperando gli altri lo seguissero. Bkiharuot fu la prima a seguirlo; prese il suo mantello, la sua borsa di cuoio e il magico Scudo, e uscì dalla lurida abitazione pericolante che forse per miracolo aveva resistito alle intemperie per proteggerli in quella notte. A seguito anche Nahel e Raphael si mossero e raggiunsero il mago sulla via che conduceva fuori dal villaggio, verso la foresta del Grampiah. Il mago si appoggiava sul suo bastone di biancospino, finemente lavorato, che sosteneva tutto il peso della sua anzianità.
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Jan 8 2009, 11:17 AM
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CAPITOLO I
C'era una volta, un ragazzo molto silenzioso, che viveva in un paese non lontano da Madrid. Era povero ed aveva solo due grandissimi amici con cui passava il tutto il suo tempo. Erano molto uniti perché avevano in comune grandi sogni e grandi passioni, oltre ad un amore senza limiti per il il loro Dio. Un giorno, mentre passeggiavano insieme verso il mercato, incontrarono uno schiavo che veniva frustato dal suo padrone; era una scena comune in quei tempi, ma quell'istante, anche se allora non lo sapevano, avrebbe cambiato la loro vita. Presero tutto quello che avevano e andarono in giro per il mondo e arrivarono sino in Brasile. Qui trovarono una situazione terribile: la dignità umana veniva costantemente calpestata. Decisero così di creare un ordine che aveva come carisma e motto "LIBERI PER LIBERARE", il cui scopo era restituire la libertà sino a donare la propria vita in cambio di altre persone meno fortunate. Molti intorno a loro non riuscivano a capire quel sacrificio e si chiedevano: "Come si può dare la propria vita per persone che non si conoscono e non rappresentano nulla per noi?". Uno dei tre disse: "Amar come Gesù amò, pensar come Gesù pensò, soffrir come Gesù soffriva, gioir come Gesù gioiva... e quando arriverà la sera tu ti senti pazzo di felicità...". Qualcuno che pensò che erano davvero dei pazzi. Altri invece, toccati dalle loro parole, compresero il significato di ciò che facevano, il loro amare senza riserve. Molti si unirono a loro, ma c'era un ricco signore spagnolo che li odiava perché ciò che predicavano lo impoveriva di molto denaro; allora questo nobile un giorno li accusò di averlo derubato ed i loro capi andarono in prigione. Sembrava non ci fossero più speranze; coloro che tanto avevano decantato la libertà si trovavano in prigione. Ma ciò che importava era che i loro cuori fossero ancora liberi, perché continuavano a confidare nell'aiuto di quel Dio che mai li aveva delusi. E, dopo una notte di preghiere videro volare sull'alba un gabbiano, e in quel momento, furono abbagliati da una luce. Non credevano ai loro occhi, ma in un battito di ciglia compresero... Quello che si stagliava dietro il gabbiano era un UFO! Cioè un piccione mangiapane a UFO. Ed il piccione sembrò gufo... poi civetta poi pony express (il pegaso volante)... era invece lo Spirito Santo. Si posa su tutti i giovani che lo accolgono e lo accoglieranno e l'hanno accolto: liberamente, senza imposizioni.
CAPITOLO II
Una volta che i carcerieri ebbero capito l'errore che compivano nel tenere imprigionati questi Santi uomini, decisero di rendere loro la libertà. Il nostro protagonista e fondatore decise allora di mettersi da solo in viaggio per annunciare le sue Verità. Questo ragazzo, non molto lontano da Madrid, aveva un suo prossimo, un suo simile, nel carattere, nell'intemperanza e nella testardaggine. I due fecero una grande amicizia, assieme al Padre di tutti.
Fecero molte cose assieme, compirono i loro studi, conobbero il mondo. Scoprendosi l'un l'altro compresero che la loro Amicizia era importante, che assieme avrebbero potuto fare grandi cose, ma che se si fossero divisi avrebbero potuto fare il doppio del bene... Perciò, l'amico del nostro protagonista prese una nave che salpava verso terre lontane. Ma all'improvviso, a circa metà viaggio, ci fu una violenta tempesta... E i marinai furono costretti a gettare in mare tutto il carico. Ma quando una cassa di legno molto pesante venne gettata in mare... la tempesta si placò. Tutti erano curiosi di vedere cosa vi fosse dentro... Seguirono quindi la cassa fino a che questa non approdò su una spiaggia. Nessuno riusciva ad aprirla così la gente andò a chiamare i padri vestiti di bianco perché così era stato gridato dalla voce di un bambino che non aveva mai parlato prima di allora. I frati aprirono la pesante cassa e dentro trovarono, ben protetti, una spada, uno scudo ed un medaglione. Nessuno dei marinai imbarcati sulla nave sapeva di chi fossero questi antichi oggetti, ne dove questa cassa fosse destinata ad arrivare. Incise sopra lo scudo c'erano poche parole... Una frase che così diceva: "Liberi per Liberare!"
CAPITOLO III
La spada era un oggetto che trasmetteva semplicità ma al tempo stesso una grande ricercatezza e ricchezza. La sua elsa vedeva un impugnatura di color rosso intenso. Il pomolo era argenteo, rilucente, e il rilievo in oro, di forma sinuosa, recava una chiara e bellissima lettera M. La guardia crociata era formata da due rami in argento, che nascevano dall'impugnatura, e che si aprivano in una serie di ramoscelli a formare una piccola cupola a protezione della mano che la impugnasse. Dal ramoscello spuntavano piccole foglie e roselline d'oro. La coccia era di un materiale nero, con riflessi che al sole potevano essere di un blu o verde molto intenso ma cupo, che sembravano nascere al suo interno. La lama era argentata e recava un'incisione che sul fondo appariva scura, nera, e che faceva così esaltare maggiormente la scritta
"Noli vinci a malo, sed vince in bono malum".
Tutti provavano a prendere in mano quegli oggetti, ma erano talmente pesanti che nessuno riusciva a sollevarli nemmeno di un millimetro. Ma quel ragazzo, imbarcatosi lasciando tutto nel suo passato e puntando ad annunciare ciò che aveva imparato al suo prossimo, benchè fosse così gracile riuscì ad afferrare gli oggetti come se fossero fatti di aria, e in quel momento disse: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi». In quel momento i suoi nuovi amici imbarcati, così distanti da lui furono abbagliati da una luce immensa fuoriuscita dalla punta della spada alzata verso il cielo. Alcuni di questi caddero al suolo, altri rimasero confusi e barcollanti, mentre il giovane con indosso gli oggetti trovati nella cassa, e avvolto nella luce immacolata, sembrava non essere più lui ma un angelo. La luce andò calando sinché non fu possibile per tutti riaprire gli occhi e guadare verso il giovane che aveva riacquistato le sue sembianze e gli oggetti erano tornati al loro posto nella cassa. Anche il giovane sembrò ridestarsi da un sogno; i suoi occhi, azzurri come il mare, brillavano di una luce nuova; brillavano di gioia, ardore, coraggio, forza. Il giovane aprì le sue braccia e disse rivolto ai suoi compagni: "Oggi è un nuovo giorno. Questo nuovo sole che splende sulla nostra vita ci farà aprire una strada nuova. Non abbiate paura; abbiate fede". Un amico disse: "Ma cosa significano questi oggetti? Apparterranno a qualche ricco signore. E a te, cosa è accaduto?". Il giovane rispose: "Ora sono forte dello Spirito del mio Dio, che ci conduce verso nuovi sentieri. Partiamo insieme e capiremo cosa Dio vuole dirci con questa spada, con questo scudo, e con questo medaglione". E nel suo sguardo videro riflesso l'ardore, l'amore di Cristo, e tutt'intorno si respirava LIBERTA'.
CAPITOLO IV
L'orizzonte del pensiero si annuvolò in un istante quando, aggrottando la fronte, il più anziano del gruppo manifestò la decisione di non più seguirli in questo ulteriore viaggio che, nelle sue previsioni, appariva funesto. Nessuno dei presenti azzardò giudizi sulla decisione imprevista che dava agli iniziali entusiasmi un repentino stop. E mentre la mandria dei perché si affannava a voler entrare nell'ovile della ragione, in lontananza un tintinnio leggero obbligò lo sguardo degli impensieriti amici a volgersi verso la brulla radura dalla quale una giovane donna avanzava decisa verso di loro, sguardo fiero e allegro, occhi che brillavano di una strana luce. Non portava addosso campanelli, e nessuno si spiegava da dove potesse venire il rumore. avvicinandosi al giovane, disse di volerlo accompagnare nel viaggio che intendeva intraprendere con i suoi amici. I presenti rimasero colpiti dalla fermezza della decisione della ragazza, che allungando la mano verso gli oggetti sollevò senza fatica il pesante scudo, dicendo loro: "Io sarò la vostra protettrice".
La giovane donna aveva la pelle del colore dell'ambra, gli occhi scuri e fieri, e i suoi lunghi capelli si scompigliavano dolcemente al vento del mattino. "Chi sei tu, dunque?" disse il più anziano tra quelli li giunti "Non ti ho mai vista camminare per le vie di questo paese. Dunque quale è il tuo nome? Da dove vieni?". La giovane parlò, e la sua voce era simile ad un soffio di brezza leggera. "Il mio nome è Bkiharuot, e vengo da una terra lontana. Io ti ho visto sempre mentre prendevi il largo con la tua barca in cerca di qualcosa che nemmeno tu sai, ma tu mai mi hai voluto vedere, così chiuso e asserragliato nei tuoi pensieri". "Cosa significa dunque il tuo nome?" chiese un altro. "Il mio nome, nell'antica lingua del mio paese, significa LIBERTA'".
Bkiharout afferrò da terra il vecchio medaglione trovato dentro la cassa insieme alla spada e allo scudo, lo rigirò fra le mani contemplandolo come se fosse un diamante... Il vecchio ciondolo era tutto d'oro zecchino: sul davanti aveva inciso una piccola croce bianca e sotto di essa quattro bande di corallo. Improvvisamente, con uno scatto repentino, il medaglione si aprì, lasciando cadere per terra un piccolo foglio di pergamena avvolto in un nastro... Bkiharout lo raccolse da terra e lo consegnò tra le mani del ragazzo che aveva impugnato poco prima la spada lucente... Il ragazzo aprì il foglio di pergamena e un pò titubante lesse ad alta voce il titolo che stava a capo pagina:
TESTAMENTO DE PEDRO NOLASCO PARA L'ORDEN DE LA MADRE DE DIOS DE LA MERCED
Il foglio diceva:
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Queste parole risultarono incomprensibili a coloro che ascoltavano. Maggiore fu la sorpresa quando la scritta scomparve agli occhi di tutti ed il foglio ritornò intonso. Una sola era la certezza per tutti. Qualcosa si stava costruendo sul loro percorso... Vite diverse e distanti si erano incontrate presso il mare che tutto cambia. Oggetti strani e con proprietà speciali... Il gruppo si stava formando.
CAPITOLO V
"Cosa mai possono significare queste parole che abbiamo appena ascoltato?" domandò uno del gruppo. Bkiharout rispose: "È ancora troppo presto perchè possiate capirle appieno... Guardate là..." e dicendo questo, con l'indice indicò un punto poco preciso nell'orizzonte che si parava davanti ai loro occhi... "Che cosa dobbiamo guardare?" chiese il più giovane del gruppo. Bkiarout non rispose; rimase immobile con il braccio proteso davanti a sè, come impugnando un arco. Fu allora che, dall'orizzonte, comparve un gruppo di cavalieri provenienti dalla vicina città. Questa era assediata da degli uomini armati il cui unico interesse era razziare il suo castello. Questa era una delle tante città assediate, una delle tante guerre che si combattevano in tutta la terra allora conosciuta. Sembrava che l'uomo non sapesse far altro che combattere contro il suo fratello. Fu in quel momento che tutti fuggirono come era possibile per mettersi al riparo. Del gruppo assiepatosi attorno alla cassa non rimase che un piccolo gruppo di persone. Bkiharout tenne in mano lo scudo mentre il giovane Nahel la spada, ponendo il medaglione nella sua tasca. Così assieme iniziarono a correre nella foresta li vicina perdendo di vista tutte le altre persone che erano state con loro sino a poco prima. Si trovarono così soli a girare nel bosco senza sapere dove andare, cosa fare, e sperando di non capitare presso una guerra, in mano a dei banditi o chissà cos'altro.
CAPITOLO VI
La loro corsa si fermò dopo quello che a loro parve un lunghissimo tempo, tanto era affannato il loro respiro e stanco il loro passo. Si sedettero, stremati, ai piedi di un albero secolare ed immenso, che superava di molto tutti gli alberi di quella ombrosa foresta. Tutt'intorno era calma e silenzio; solo il loro cuore che batteva forte ricordò loro ciò che avevano appena vissuto; qualcosa era cominciato, e ormai nessuno poteva più tirarsi indietro. Nahel mise le mani in tasca, nella speranza di trovare del cibo, ma si trovò di nuovo in mano il medaglione che ardeva tra le sue mani come se dentro di esso vi fosse celata una forza vitale, un soffio di vento, una brezza leggera che alleviò per un attimo le pene e la fatica dei due giovani stanchi e preoccupati per il loro domani che gravava sulle loro spalle come un pesante zaino da portare con amore lungo un duro viaggio. Il silenzio della foresta fu improvvisamente interrotto dal bando che passava ai suoi confini, che annunciava che gli abitanti della loro città, catturati dai cavalieri del drago nero, sarebbero stati giustiziati all'alba del giorno dopo per non aver voluto rinnegare la loro fede e non aver voluto collaborare alla cattura di quanti erano fuggiti. i due giovani si guardarono per un attimo. il dubbio e la paura attanagliavano i loro cuori. casa fare? come comportarsi? quale era la cosa giusta da fare? il medaglione sembrò più caldo e più luminoso nelle loro mani, sembrò quasi dare al risposta al giovane uomo: "devo andare!" disse alla ragazza. "la spada che mi è stata donata mi porterà alla vittoria contro i miei nemici, e i miei amici saranno liberi!". Bkiharout lo fissò intensamente. Il suo sguardo fermo, puro e sincero lo colpì profondamente. "Io verrò con te", disse con voce dolce e allo stesso tempo decisa. "No", disse Nahel, "potrebbe essere pericoloso, e tu..." "E io cosa?" disse in risposta Bkiharout, "forse perché sono una ragazza devo essere debole e timorosa? Imparerai a conoscermi, Nahel. Quando la voce di Dio ti chiama per nome, quando una brezza leggera ti sussurra al cuore, quando capisci dopo anni di domande quale è il progetto disegnato sulla tua vita, non puoi più tirarti indietro. Quando la libertà ti chiama, tu devi rispondere. Ma se non prendi sulle spalle la tua croce per seguire i suoi sentieri, sarai per sempre schiavo di te stesso". Nahel la fissò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Una lacrima uscì dai suoi occhi, e una sola sola parola dalle sue labbra, mentre le prendeva la mano: "Partiamo".
CAPITOLO VII
La città che si parò davanti a loro era cupa e desolata... Ad alcune finestre erano state martellate le imposte con delle travi di legno e le insegne delle locande pendevano dai battenti come se fossero sospinte da un soffio di vento... In lontananza si potevano addirtittura sentire delle grida riecheggiare nelle vie desolate... Nahel e Bkiharout si guardarono intorno, come aspettandosi di trovare qualcuno, quando - ad un certo punto - sussultarono all'udire un suono misterioso... Era come il suono di un flauto, ma sembrava emesso da una voce umana... Era come un canto... Bello, maestoso, che faceva vibrare il silenzio circostante con un palpabile senso di serenità... Nahel e Bkiharout si voltarono a destra e sinistra per cercare la fonte del suono... e fu allora che notarono una COSA nella foresta che avevano lasciato alle loro spalle... Su un roveto senza spine, splendente come un raggio di sole, stava appollaiato un piccolo colombo che cinguettava questo bellissimo inno... Nahel e Bkiharout lo fissarono stupefatti... E ad un certo punto la canzone cominciò ad assumere un significato, come se delle parole stessero parlando ai cuori di chi ascoltava quella VOCE (anche se non era una voce)... E questo meraviglioso canto diceva:
"Canto a te, o Sole. Canto al tuo calore che ci da vita. Tu, che rinnovi ogni giorno la mia essenza solleva la mia anima, guarisci la ferita. Tu, Eterna Luce, che dai ad ogni creatura la forza di giungere fino al Cielo, riguarda la mia anima coperta da un triste velo, rivesti con la tua luce questa immensa sciagura.
Canto a te, o Luna, amica dei sogni e dei lamenti, risplendi su questa desolata duna rapite furon le coraggiose genti.
Canto per te, o Signore del Cielo, Tu che sei Padre e sei Madre; scalda Tu questo triste gelo, Signore delle eterne terre leggiadre. Porta sul mondo la Luce infinita, rischiara la notte di chi s'è perduto; accendi la fede, riporta la vita Padre e Signore, accorri in nostro aiuto.
donaci la forza di portare libertà, donaci il coraggio che solo la fede immensa dà, portaci o Padre sulla tua forte mano, guidaci Madre con la tua infinita dolcezza.
La vita che scorre dentro alle vene ora non è che un fiume lasciato a metà; ascolta tu, o Sole, le nostre pene: rischiara la notte per la la libertà".
Il dolce canto terminò.
Era l'alba, il sole sorgeva illuminando piano le strade, mentre la luna e la sua pallida luce si spegnevano alle loro spalle. La città non era deserta come era sembrato al loro arrivo. La gente stava chiusa nelle case, nascosta, a guardare i due stranieri, due giovani, maschio e femmina. Lui portava una spada luminosa ed estremamente rifinita. Si vedeva da lontano che mani esperte l'avevano forgiata. Lei portava uno scudo, che sembrava enorme sul suo corpo esile, ma che portava con tanta naturalezza da far quasi pensare che fossero nati insieme. In fondo al villaggio vi era una grande abitazione, tutta in legno e con le rifiniture color sangue. "E' in quella grande casa che hanno portato i prigionieri" gridò la voce di un bambino da dietro un vicolo. "Ed è proprio li che il nostro destino si compirà", disse Bkiharout, e preso per mano il suo compagno, si incamminarono verso la casa. Fatti pochi passi sentirono ancora la voce del bambino che gridava "Venite da questa parte!". Senza riflettere Nahel decise di voltare l'angolo ed entrare nella piccola casa nella quale si era rintanato il ragazzino. Una volta dentro trovarono una casa cadente, con porte e finestre smontate, parte del soffitto era ceduto e si poteva vedere il cielo. Una volta seduti su degli oggetti sparsi sul pavimento, il ragazzino iniziò a parlare: "Vi seguo sin dal momento in cui vi siete fermati ad ascoltare il mio colombo. Era volato fuori da questa casa in cui vive con me. Non l'aveva mai fatto sino a stanotte. L'ho seguito e ho visto che eravate li davanti a lui e lui cantava per voi. Non so che significhi ma deve avere una grande importanza perchè non aveva cantato per nessun'altro che per me. Vi ho seguiti e ho visto che stavate per compiere una pazzia. Non potevo permettervi di compiere un gesto così folle. Mi presento. Sono Raphael". I due giovani rimasero perplessi e si accorsero con stupore che il piccolo colombo era posato dietro la spalla destra del nostro giovane amico. Nel mettersi comodo Nahel tirò fuori il medaglione dalla tasca, che stranamente parve risplendere. Il viso del giovane Raphael parve risplendere della stessa luce con un espressione di gioia e sorpresa. Disse solo "Pensavo non l'avrei visto mai più"...
CAPITOLO VIII
"Conosci questo medaglione?" domandò Nahel al ragazzino. "Certo" rispose lui, "non sapete? È il medaglione di un antichissimo ordine di cavalieri spagnoli. Guardate l'emblema..." Bkiahrout e Nahel fissarono lo stemma a bande rosse, bianche e oro incise sul fronte del ciondolo. "Avete trovato un foglio di carta al suo interno?" domandò Raphael concitato. "Si" rispose Nahel "ma non abbiamo compreso le parole..." "Impugna la spada e guarda la scritta incisa sulla lama..." continuò il ragazzino. Nahle estrasse la spada... Nonostante il buio della stanza, la lama splendette luminosa e le lettere incise lungo di essa si proiettarono nel muro di fronte, brillanti come carboni ardenti:
Noli vinci a malo, sed vince in bono malum
"Sai cosa significano queste parole?" chiese Raphael. "Significano: - non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene - Ora riesci a collegare queste parole con la lettera incisa sull'impugnatura?" Nahel controllò il pomo dell'elsa e vide incisa la lettera "M"... "No" rispose Nahel a malincuore. "Neanche con la scritta incisa sulla cassa dentro cui avete trovato questi oggetti?" continuò il ragazzino. "E tu come fai a sapere della cassa!?" esclamò Nahel. "Ora basta!" irrumpe improvvisamente Bkiharout alzandodsi in piedi. La sua voce rimbombò nella sala come se l'avessero gridata molte voci. "Dobbiamo dirgli la verità, Raphael! Non possiamo nascondergli tutto quanto... È inutile giocare con questi rompicapi... Nahel ha il diritto di sapere la verità su me, te e sui Cavalieri del Drago Nero..." "La verità!?" domandò Nahel. "Quale verità!?" Ci furono alcuni secondi di silenzio. Nahel fissava i due, fremente per l'attesa e ansioso. Cosa succedeva? "Lo abbiamo giurato, Bkiharout! Lo abbiamo giurato al Magister! Conosci la leggenda! Il segreto non può essere rivelato!" "Raphael, non c'è più spazio per i segreti ormai!" replicò Bkiharout, "Lui, e lui soltanto al momento della tempesta è riuscito a prendere in mano la spada, e questo non può essere che un segno! Il tempo del consilium ultimum è vicino, e se non facciamo qualcosa non esisterà più nessuna leggenda, nessun segreto da mantenere! Capisci questo?". Raphael si fece piccolo piccolo di fronte all'ombra minacciosa di Bkiharout che sembrava riempire tutto la stanza in cui si trovavano. "E sia, Bkiharout. Ma sarai tu a iniziare il racconto". Nahel era sempre più sbigottito. "Insomma! Di cosa state parlando?!"
CAPITOLO IX
Bkiharout si sedette sul pavimento polveroso e invitò i due a fare lo stesso. Poi cominciò a raccontare: "Devi sapere Nahel, che questi 3 oggetti sono appartenuti in antichità ad una sola persona. Per molti questo era un Santo, per altri un Cavaliere, altri lo chiamavano Arcangelo, altri non gli davano un nome ma temevano la sua fama. Non si sa quando sia nato ne che fu di lui... La sua storia, o forse leggenda, affonda in secoli nei quali non esisteva scrittura, forse nemmeno la parola. Si sa poco. Si sa solamente che egli compariva dove serviva aiuto. Bastava che un cuore puro pensasse a lui e lui giungeva a porgere l'aiuto di cui realmente si aveva necessità. Molti lo temevano per questo. Ricordi cosa hai letto hel foglio nel medaglione?
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Non l'avevo mai sentito ma tutto ora mi è chiaro. L'occhio sviato è colui che ha intrapreso un sentiero non retto. Valore, timore e speranza sono in nostro possesso. Spada è il valore, Scudo il timore, Medaglione la Speranza. Nessuno è mai stato in grado di usare questi oggetti. Erano per tutti troppo pesanti, ingestibili. Il diamante, la purezza, non era evidentemente nel loro cuore. Tanti sono quelli che nel desiderio di usarli sono scomparsi inspiegabilmente... Così come è scomparso l'unico che fu in grado di usarlo. Nessuno sa che fine fece il Santo. C'è chi dice che un giorno posò le armi e scomparve, ma non sappiamo esattamente. Una cosa è certa. Non esiste una sola persona in grado di usare i 3 oggetti assieme. Io sapevo di poter usare lo scudo..." Raphael disse:"Io posso usare il ciondolo...io SO come usarlo"...La ragazza riprese:" Ma non sapevamo chi fosse in grado di brandire la spada. I tre oggetti non possono esistere separatamente perciò cercavamo il terzo uomo... o donna" disse sorridendo. Raphael disse:"Ma ora è giusto che ti parliamo dei Cavalieri del Drago Nero, Nahel". "Forza Raphael," disse Bikiharuot, "ora tocca a te". "Mi chiedi di rinnovare un dolore indicibile, ma lo farò". "Il possessore dei tre oggetti, forse perché già sapeva quando e perché doveva andarsene dalla vista dei mortali, scelse con cura tre amici. I loro nomi erano, secondo la leggenda, Menadel, Lehaiah e Nashira. Non si sa con quali criteri questi furono scelti; non si conosce quanti anni avessero nè da dove venissero. Ma sappiamo che il Possessore li istruì forse per prendere un giorno il suo posto. E così avvenne. I tre giovani passeggiavano sulla riva di un lago quando videro luccicare qualcosa in mezzo all'erba; Menadel, il più coraggioso e il più forte dei tre, si avvicinò per primo. A terra c'erano le vesti del loro Maestro, e una cassa, con dentro i tre oggetti disposti in fila. Menadel si voltò verso i suoi compagni e gridò loro di avvicinarsi, e questi corsero da lui. " - Cosa significa tutto ciò? - disse Nashira, la ragazza del gruppo. - Guardate, c'è un incisione sul legno della cassa - disse Lehaiah, l'unico che tra i tre era in grado di leggere - tutto scorre, chi sta fermo è perduto. Tieni alto il tuo cuore ed apri le tue mani, afferra ciò che resterà e brillerà il sole tra le tue mani -. Menadel si chinò, respirò il profumo rimasto tra le vesti del Possessore, ed afferrò con decisione la spada. Nashira prese lo scudo. Lehaiah il medaglione. Ed ecco, una grande Luce li avvolse, e al centro del lago s'innalzò un magnifico esemplare di uccello, simile ad un colombo... QUESTO" disse Raphael indicando il colombo appollaiato sulla sua spalla. "Si chiama Auros... Alcuni sostengono che questo colombo contenga lo spirito del Possessore degli Oggetti, ma le leggende non sono mai chiare e le antiche profezie sul suo conto sono altrettanto infarcite di stupidaggini di poco conto... Quel che è certo è che questo colombo che noi chiamiamo Auros vi segue da quando avete intrapreso il vostro viaggio in Brasile, quando l'avete scambiato per un cavallo volante... La forma di Auors infatti non è mai chiara e solitamente è visibile solo all'alba, come oggi ad esempio..." Auors fece schioccare il becco con una velocità tale che Raphael s'interruppe. "Il canto di Auros - quello che avete sentito poco fa - può essere udito solo dai tre Possessori degli oggetti... Auors è sicuramente il Diamante di cui parlava la pergamena contenuta dentro il medaglione, quella di cui mi avete parlato prima... Auros è il Diamante contenuto nel cuore di ciascuno, perciò il suo aiuto è indispensabile per concludere il viaggio." "Ma perchè vi conoscevate?" domandò Nahel. "Perchè non mi avete detto niente... Perchè TU non mi hai mai detto niente!? Mi hai portato qui apposta...!" disse indicando Bkiharout. "Non ti ho detto niente perchè il Magister - un Sinedrio di Cavalieri Bianchi - protegge i segreti riguardo ai tre Oggetti. Gli Oggetti sono stati conservati nella cassa per secoli dai membri del Magister. Io - Bkiharout - sono stata assoldata dal Magister per trovare gli altri due Possessori. Ho trovato Raphael qualche mese fa e gli ho promesso di tornare con te. Auors - infatti - volava d'innanzi a me posandosi su coloro che erano Predestinati. Per questo sono riuscita a trovare anche te, quando hai alzato la spada: Auros mi aveva annunciato la tua presenza! Purtroppo durante una tempesta - voluta certamente dal Re del Drago Nero - è affondato il vascello sui cui avevo seguito Nahel e su cui avevo imbarcato i tre Oggetti. Il destino ha voluto che Nahel fosse stato il primo a trovare la cassa e ad impugnare la spada. Ho preso giusto in tempo lo scudo quando - d'un tratto - il Medaglione si è aperto e siamo venuti qui per compiere il nostro destino..."
"Ma quale destino!?" urlò Nahel. "Nahel, ora acoltami", disse Bkiharuot, "a ragione sei arrabbiato con me; sei finito nel bel mezzo di un vortice, e non puoi uscirne. E io non ti ho spiegato, non potevo spiegarti nulla! Siamo legati al Magister, Nahel. Non possiamo rivelare a nessuno il segreto di questi oggetti. Ma l'anno scorso il portatore della spada ci tradì; Kayel, si chiamava. Rubò, mentre io e Raphael dormivamo, gli Oggetti, e lì portò al Sinedrio dei Cavalieri Neri. Da quel giorno infausto, non potemmo avere pace. Tutto il Sinedrio dei Cavalieri Bianchi si mobilitò, ma senza successo. Non c'era traccia di quegli Oggetti. Vedi, Nahel, la Spada, lo Scudo e il Medaglione, rappresentano tutto quanto c'è di buono e bello a questo mondo: la Spada è la forza, il coraggio, l'ardore; lo Scudo è l'altruismo, la prudenza, la pazienza; il Medaglione è la speranza, la fede, la gioia, la libertà. Non possono esistere se non insieme, e non possono morire se non insieme. Il Male, i Cavalieri Neri, se ne impossessarono...E se questi Oggetti fossero stati distrutti, sarebbe arrivato il Consilium Ultimum; il Male avrebbe trionfato su quanto c'era di buono al mondo, e il mondo si sarebbe autodistrutto. Guarda questa città, Nahel; ormai non è che una landa desolata. E' segno che i Cavalieri Neri cercano gli Oggetti, e cercano noi. E visto che non possiamo più contare sull'aiuto dei Cavalieri Binachi, perché abbiamo rivelato il Segreto a te, siamo solo noi tre, i Prescelti, che dovranno lottare per far trionfare il Bene, per far vincere l'Amore". "Non puoi tirarti indietro, Nahel", disse Raphael, "Se ci lasci adesso, ogni speranza sarà perduta. Noi crediamo in te. C'è un Disegno, tracciato a fili d'oro sulla nostra vita; a te ora la scelta se seguire questo Disegno... o scegliere di andare per la tua via. Sei libero; ma una delle due strade, è la vera libertà. La libertà non pensa solo a sè, non cerca il proprio tornaconto. Libertà, Nahel, ci sta chiamando!". Tese la mano, e Bkiharout mise la sua mano sopra quella levata a mezz'aria di Raphael. Nahel attese, in silenzio; troppe cose gli erano piombate addosso insieme; lui era un ragazzo normale... e chissà dov'erano i suoi amici adesso. Forse anche loro erano stati rapiti... Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni? Delle sue speranze? Nahel sollevò piano la mano e la posò su quella dei due amici. "Mio padre mi voleva commerciante. Mia madre mi voleva contadino. Io avevo solo sogni. Ma la vita non è niente se non hai un ideale che ti guida. Ci sono tante cose che non capisco... ma io sono con voi". I tre sorrisero, e Auros si posò sulle loro mani. Il Disegno si andava tracciando.
CAPITOLO X
Lo sguardo si sposta rapidamente dalla cima dei monti verso la vallata boscosa. La luna sale lentamente dalla cima più alta del sistema montuoso che protegge questa conca naturale. Tra gli alberi fitti si apre uno spazio disboscato difficilmente raggiungibile per chi si avventurasse per la prima volta nell'ambiente selvaggio. La luna illumina li dei triliti posizionati a semi cerchio. Nella zona centrale di questa un'enorme pietra, posizionata come un altare, funge anche da architrave di una scala di roccia che scende nel ventre di questo strano spazio. Un uomo, in armatura, scende queste scale, passa sotto l'altare e scompare alla vista di altre quattro persone che aspettano all'ingresso di quest'area. Due di essi reggevano due torce mentre gli altri due, all'inizio di questa scala attendevano che il primo di loro tornasse tra loro. Una piccola scossa di terremoto li sorprese. Subito dopo, il loro amico sceso nella terra, tornò in superficie mentre una lastra di pietra usciva da sotto l'altare e andava a chiudere l'ingresso della scala. L'uomo in armatura fece in tempo a fare l'ultimo passo che la scala alle sue spalle fu sigillata da una roccia nera. Vhinmor ì, il cavaliere disse: "So cosa devo fare". Detto questo si allontanò con gli altri 4. "Allora? Che cosa ti è stato detto?" domandò uno dei 4. "L'Oracolo è stato molto chiaro" tagliò corto Vhinmor. "Non c'è nient'altro da dire..." "Oho, insomma, basta!" irrupe il più giovane dei cavalieri. "Sono tre notti che veniamo qui e ancora non ci hai informato di NIENTE!" "Gli ordini dell'Oracolo sono sempre stati molto chiari" rispose Vhinmor con pacatezza, "sarebbe sciocco non seguirli alla lettera" "Gli ORDINI DELL'ORACOLO!?" canzonò l'altro cavaliere. "E da quando l'Oracolo osa darci degli ORDINI!?" "Pazienta ancora un pò, Aspide" sussurrò Vhinmor al cavaliere più giovane. "Finora i suoi suggerimenti sono sempre stati molto chiari e... non hanno mancato di essere corretti, col tempo..." "Sì!" tuonò Aspide con impazienza. "Ma finora sei soltanto TU a sapere che COSA ti ha detto!!!" "È solo questione di... TEMPO..." disse Vhinmor con un ghigno compiaciuto. "Tutto a suo tempo verrà rivelato... E ora, sbrighiamoci a cercare quello che serve...! L'Oracolo... ha FAME!" L'Oracolo ha parlato: "Se vogliamo che il male trionfi, che il nostro capo torni alla vita per regnare in eterno su questa terra, dobbiamo creare degli oggetti magici, che ci permettano di sconfiggere i Prescelti della luce....e mi ha spiegato come fare". Detto questo, indicò ai suoi compagni la città che si stendeva ai piedi della montagna su cui si trovavano e che avevano raggiunto dulle groppe di quattro agili destrieri. "Il sangue di un cuore puro darà potenza alla spada nera, la paura di un cuore puro darà forza allo scudo nero, la reclusione di un cuore puro darà forza al medaglione nero. Violenza, paura, reclusione, daranno vita al Male".
CAPITOLO XI
La luna piena è a perpendicolo sulla vallata agitata da mille fiammelle. Ogni fiamma è la luce di una torcia tra le mani di un uomo. Sono tanti gli uomini che tra i rami della foresta oscillano all'unisono pronunciando parole, o meglio suoni, che verranno presto dimenticati. Le fiamme, viste dall'alto, formano cerchi concentrici in cui, il più interno, incornicia di una luce arancione l'altare in pietra, al centro dell'area delimitata da dei triliti, terminati di costruire poche ore prima. Tutti attendono qualcosa, invocando e cantando... La valle trema sotto un'unica enorme voce. E' allora che una luce fortissima cade dal cielo sino all'altare e scomparendo nelle viscere della terra. Subito, in uno schianto, la scalinata scavata nella roccia, viene sigillata da una pesante lastra nera e sull'altare resta una cassa in legno. Tutto questo avviene in un lampo con un tuono assordante. E' allora che Nahel si sveglia di soprassalto dal suo sogno. Nahel si guardò intorno; la casa in rovina cigolava terribilmente sotto la potenza del vento che soffiava forte sulla terra, e la pioggia entrava nella stanza da un'apertura nel tetto e picchiettava furiosa sul pavimento ora fangoso. Bkiharuot dormiva accanto a lui, raggomitolata per evitare che il suo corpo disperdesse troppo calore nel freddo della notte. La sua pelle color avorio brillava sotto la luce fioca della luna che le nuvole benignamente lasciavano passare. Nahel le sfiorò piano una guancia e sorrise. Raphael era di poco distante; riposava su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro. Nahel ascoltava il suo respiro lento. Poi ad un trattò ripensò al suo sogno; una foresta, una lunga processione di uomini che portavano delle torcie nelle loro mani... antichi carmina mormorati all'unisono... una antica costruzione di pietra. Un forte rombo, una luce intensa, una cassa di legno. E poi più nulla. Si prese la testa fra le mani; l'umidità, il freddo, il brusco risveglio e il repentino cambiamento che la sua vita aveva subito nel giro di poche ore lo avevano annientato. Sospirò. Si sentiva solo e abbandonato; era facile parlare per Bkiharout e Raphael, ma lui? Un macigno gli era piombato addosso, e andare via era come nuotare contro la corrente di un fiume in piena; inutile, oltre che impossibile. Provò un senso di rancore nei loro confronti. Cosa voleva mai dire quello strano sogno? O... forse non era un sogno. Forse era una visione. Aveva studiato, e sapeva che nell'antichità i popoli erano soliti fare dei riti religiosi simili. Senza rendersene conto aveva esposto ad alta voce le sue riflessioni interiori. Quando si voltò vide Bkiharout che lo osservava con aria preoccupata e allo stesso tempo curiosa. "Nahel.... tutto bene?". "Benissimo" rispose gelido, "non potrebbe andare meglio". Si girò dall'altra parte, dandole le spalle e simulò un sonno pesante e sereno. Bkiharout, ferita, rimase accanto a lui e continuò a fissarlo; si tolse il mantello di lana leggera che portava e glielo mise addosso. Si distese vicino a Raphael, e si riaddormentò. Nahel sapeva di averla ferita, ma non poteva farci nulla. Il tradimento, quella sensazione di essere stato usato per i loro scopi. Poteva forse dimenticarli in un istante solo perchè la situazione lo richiedeva? Era un essere umano, e come tale non poteva certo sottrarsi alle emozioni degli esseri umani. E poi....c'era quel sogno...o visione, chi lo sa. Continuava a chiedersi che cosa significasse! Sospirò e decise di tentare di dormire. Probabilmente Bkiharuot avrebbe capito, e la luce del sole del giorno seguente avrebbe riscaldato i loro animi afflitti e tormentati. Stava per prendere sonno quando un lampo illuminò di una luce fortissima tutto il luogo in cui si trovavano; tutti e tre si destarono bruscamente. "O Gesù..." mormorò Raphael. La porta era stata scardinata, e una figura oscura e incappucciata, a tratti illuminata dagli stralci di luce dei lampi, incombeva su di loro. "Chi sei!" urlò Nahel impugnando velocemente la spada al suo fianco. La figura incapucciata non rispose, si levò il cappuccio che le ricopriva il capo e svelò il volto di una giovane ragazza mora, dalla carnagione pallida. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse meditando; una benda nera le copriva la fronte e raccolgieva i capelli in una treccia dietro la testa. Con una voce noncurante per situazione che le si presentava davanti, disse: "Sono l'Oracolo. Vi stavo cercando... e sapevo dove trovarvi..."
CAPITOLO XII
L'Oracolo si precipitò nella stanza e prese al collo il piccolo Raphael che si svegliò di soprassalto e inizio ad agitarsi. L'Oracolo minacciò gli altri :"Se non mi darete tutte le armi in vostro possesso il piccolo Raphael se la vedrà brutta!". I due giovani furono molto scossi dalle sue parole e gli chiesero cosa volesse, intimarono di lasciar andare il giovane, ma non ottennero risposta. Nahel fece per scagliarsi contro la figura femminile che disse"Fermati eroe! O ti fermi e mi dai la tua spada" e Nahel urlò subito "NO!". La giovane donna proseguì..."O mi dai l'arma o il piccolo Raphael... inizierà a ridere da non poterne più...sino alle lacrime!". Tutti furono perplessi ma Nahel decise di scagliarsi sulla ragazza che evitò il colpo distorcendosi come fosse di gomma. "Avete molto da imparare", disse la donna che iniziava a cambiare d'aspetto e diventava sempre più simile ad un grande coniglio bianco. Tutti continuarono a guardare inorriditi. "Non sempre ciò che vedete è la realtà delle cose". La ragazza-coniglio lasciò andare il ragazzo e cominciò a saltellare ridendo. Ogni salto si rimpiccioliva sino a diventare un coniglietto bianco. L'ultimo salto la porto a diventare una colomba che volò verso il centro della stanza e esplose in mille colori come un fuoco d'artificio. Sentirono bussare alle loro spalle e girandosi videro un vecchio sorridente, dallo sguardo bonario che disse..."Piacere, sono il Mago Balhil e sono qui per aiutarvi. Tutto bene piccolo?". Raphael, che era rimasto in volo non sorretto da nessuno, fu calato lentamente a terra. Tutti non sapevano che dire. "Ohohoh, bene bene, vediamo cosa abbiamo qui...", soggiunse Balhil dopo averli osservati silenziosamente,"tre ragazzini, un piccione spennacchiato... E che possa diventare una fata se mi sbaglio, ci sono anche gli Oggetti... E io che credevo fosse solo una assurda leggenda...". Nahel non aveva mai smesso di tenere in pugno la spada da quando quella strana figura aveva aggredito Raphael. Teneva in mano così saldamente l'impugnatura della favolosa arma che il sangue nella mano non circolava più. Era madido di sudore e rabbioso. "Chi sei tu che sei penetrato con la violenza in questo luogo? Che cosa..." "Taci, ragazzo" disse il mago, diventato improvvisamente serio. "Ora vi chiedo solo una cosa: fidatevi di me. Dobbiamo andarcene da questa capanna lurida, e in fretta". "Come sarebbe?" disse Bkiharuot. "Si, penso che tu ci debba almeno delle spiegazioni, soprattutto circa..." "...circa quella specie di COSA che prima mi stava per ammazzare!" completò Raphael ancora terrorizzato. "Ah, ragazzo mio... se hai avuto così tanta paura di quello non andrai lontano. Era solo un piccolo espediente per vedere se veramente avevo trovato ciò che cercavo. Si tratta di una ridicola creatura che prende la forma degli ultimi sogni che una persona ha fatto. Qualcuno di voi ha sognato un coniglio bianco - penso fosse il tuo sogno, ragazza -, un altro ha sognato una colomba - penso tu abbia sognato il tuo piccione spennacchiato, ragazzino - ma mi chiedo... io non avevo previsto l'Oracolo...". Tutti si volsero verso Nahel.
CAPITOLO XIII
Nel frattempo, nel paese di Molto Molto Lontano... succedeva una storia che non stiamo qui a raccontare... Il mago Balhil disse: "Va bene, va bene, non è questo il momento di parlare di queste tristi faccende...questo è il momendo di spostarci di qua! "Ma dove potremmo andare" disse il piccolo Raphael "non abbiamo un luogo sicuro...". Ed il Mago "Abbiate fiducia in me..." e detto questo si girò e si incamminò sperando gli altri lo seguissero. Bkiharuot fu la prima a seguirlo; prese il suo mantello, la sua borsa di cuoio e il magico Scudo, e uscì dalla lurida abitazione pericolante che forse per miracolo aveva resistito alle intemperie per proteggerli in quella notte. A seguito anche Nahel e Raphael si mossero e raggiunsero il mago sulla via che conduceva fuori dal villaggio, verso la foresta del Grampiah. Il mago si appoggiava sul suo bastone di biancospino, finemente lavorato, che sosteneva tutto il peso della sua anzianità. Nahel seguiva la fila che si era venuta a creare e bisbigliò tra se e se una domanda che era probabilmente sulla bocca di tutti: "Ma dove vogliamo andare con questo vecchietto che stenta a reggersi in piedi?". Fu in quel momento che il vecchio Balhil scomparve alla vista della strana carovana. Tutti si bloccarono immediatamente per la soprpresa e sobbalzarono quando alle spalle di Nahel il vecchio mago disse "Le cose non sono mai come appaiono". Si voltarono tutti per guardare da dove provvenisse questa voce e si sorpresero di trovare il vecchio alle loro spalle, con uno sguardo divertito, che col nodoso bastone sospeso sulla testa del giovane Nahel col quale gli diede prontamente un colpetto sulla testa. "Segui il cuore, non gli altri sensi". Detto questo scomparve nuovamente per portarsi alla testa della carovana che stentò a seguirlo. "Volete seguirmi o no? Forza" fu ciò che l'arzillo mago disse voltandosi divertito.
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Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo, quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare; quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro; quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento; quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare; quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare; quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi; quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona. Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati. Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano, e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
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Jan 8 2009, 05:53 PM
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CAPITOLO I
C'era una volta, un ragazzo molto silenzioso, che viveva in un paese non lontano da Madrid. Era povero ed aveva solo due grandissimi amici con cui passava il tutto il suo tempo. Erano molto uniti perché avevano in comune grandi sogni e grandi passioni, oltre ad un amore senza limiti per il il loro Dio. Un giorno, mentre passeggiavano insieme verso il mercato, incontrarono uno schiavo che veniva frustato dal suo padrone; era una scena comune in quei tempi, ma quell'istante, anche se allora non lo sapevano, avrebbe cambiato la loro vita. Presero tutto quello che avevano e andarono in giro per il mondo e arrivarono sino in Brasile. Qui trovarono una situazione terribile: la dignità umana veniva costantemente calpestata. Decisero così di creare un ordine che aveva come carisma e motto "LIBERI PER LIBERARE", il cui scopo era restituire la libertà sino a donare la propria vita in cambio di altre persone meno fortunate. Molti intorno a loro non riuscivano a capire quel sacrificio e si chiedevano: "Come si può dare la propria vita per persone che non si conoscono e non rappresentano nulla per noi?". Uno dei tre disse: "Amar come Gesù amò, pensar come Gesù pensò, soffrir come Gesù soffriva, gioir come Gesù gioiva... e quando arriverà la sera tu ti senti pazzo di felicità...". Qualcuno che pensò che erano davvero dei pazzi. Altri invece, toccati dalle loro parole, compresero il significato di ciò che facevano, il loro amare senza riserve. Molti si unirono a loro, ma c'era un ricco signore spagnolo che li odiava perché ciò che predicavano lo impoveriva di molto denaro; allora questo nobile un giorno li accusò di averlo derubato ed i loro capi andarono in prigione. Sembrava non ci fossero più speranze; coloro che tanto avevano decantato la libertà si trovavano in prigione. Ma ciò che importava era che i loro cuori fossero ancora liberi, perché continuavano a confidare nell'aiuto di quel Dio che mai li aveva delusi. E, dopo una notte di preghiere videro volare sull'alba un gabbiano, e in quel momento, furono abbagliati da una luce. Non credevano ai loro occhi, ma in un battito di ciglia compresero... Quello che si stagliava dietro il gabbiano era un UFO! Cioè un piccione mangiapane a UFO. Ed il piccione sembrò gufo... poi civetta poi pony express (il pegaso volante)... era invece lo Spirito Santo. Si posa su tutti i giovani che lo accolgono e lo accoglieranno e l'hanno accolto: liberamente, senza imposizioni.
CAPITOLO II
Una volta che i carcerieri ebbero capito l'errore che compivano nel tenere imprigionati questi Santi uomini, decisero di rendere loro la libertà. Il nostro protagonista e fondatore decise allora di mettersi da solo in viaggio per annunciare le sue Verità. Questo ragazzo, non molto lontano da Madrid, aveva un suo prossimo, un suo simile, nel carattere, nell'intemperanza e nella testardaggine. I due fecero una grande amicizia, assieme al Padre di tutti.
Fecero molte cose assieme, compirono i loro studi, conobbero il mondo. Scoprendosi l'un l'altro compresero che la loro Amicizia era importante, che assieme avrebbero potuto fare grandi cose, ma che se si fossero divisi avrebbero potuto fare il doppio del bene... Perciò, l'amico del nostro protagonista prese una nave che salpava verso terre lontane. Ma all'improvviso, a circa metà viaggio, ci fu una violenta tempesta... E i marinai furono costretti a gettare in mare tutto il carico. Ma quando una cassa di legno molto pesante venne gettata in mare... la tempesta si placò. Tutti erano curiosi di vedere cosa vi fosse dentro... Seguirono quindi la cassa fino a che questa non approdò su una spiaggia. Nessuno riusciva ad aprirla così la gente andò a chiamare i padri vestiti di bianco perché così era stato gridato dalla voce di un bambino che non aveva mai parlato prima di allora. I frati aprirono la pesante cassa e dentro trovarono, ben protetti, una spada, uno scudo ed un medaglione. Nessuno dei marinai imbarcati sulla nave sapeva di chi fossero questi antichi oggetti, ne dove questa cassa fosse destinata ad arrivare. Incise sopra lo scudo c'erano poche parole... Una frase che così diceva: "Liberi per Liberare!"
CAPITOLO III
La spada era un oggetto che trasmetteva semplicità ma al tempo stesso una grande ricercatezza e ricchezza. La sua elsa vedeva un impugnatura di color rosso intenso. Il pomolo era argenteo, rilucente, e il rilievo in oro, di forma sinuosa, recava una chiara e bellissima lettera M. La guardia crociata era formata da due rami in argento, che nascevano dall'impugnatura, e che si aprivano in una serie di ramoscelli a formare una piccola cupola a protezione della mano che la impugnasse. Dal ramoscello spuntavano piccole foglie e roselline d'oro. La coccia era di un materiale nero, con riflessi che al sole potevano essere di un blu o verde molto intenso ma cupo, che sembravano nascere al suo interno. La lama era argentata e recava un'incisione che sul fondo appariva scura, nera, e che faceva così esaltare maggiormente la scritta
"Noli vinci a malo, sed vince in bono malum".
Tutti provavano a prendere in mano quegli oggetti, ma erano talmente pesanti che nessuno riusciva a sollevarli nemmeno di un millimetro. Ma quel ragazzo, imbarcatosi lasciando tutto nel suo passato e puntando ad annunciare ciò che aveva imparato al suo prossimo, benchè fosse così gracile riuscì ad afferrare gli oggetti come se fossero fatti di aria, e in quel momento disse: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi». In quel momento i suoi nuovi amici imbarcati, così distanti da lui furono abbagliati da una luce immensa fuoriuscita dalla punta della spada alzata verso il cielo. Alcuni di questi caddero al suolo, altri rimasero confusi e barcollanti, mentre il giovane con indosso gli oggetti trovati nella cassa, e avvolto nella luce immacolata, sembrava non essere più lui ma un angelo. La luce andò calando sinché non fu possibile per tutti riaprire gli occhi e guadare verso il giovane che aveva riacquistato le sue sembianze e gli oggetti erano tornati al loro posto nella cassa. Anche il giovane sembrò ridestarsi da un sogno; i suoi occhi, azzurri come il mare, brillavano di una luce nuova; brillavano di gioia, ardore, coraggio, forza. Il giovane aprì le sue braccia e disse rivolto ai suoi compagni: "Oggi è un nuovo giorno. Questo nuovo sole che splende sulla nostra vita ci farà aprire una strada nuova. Non abbiate paura; abbiate fede". Un amico disse: "Ma cosa significano questi oggetti? Apparterranno a qualche ricco signore. E a te, cosa è accaduto?". Il giovane rispose: "Ora sono forte dello Spirito del mio Dio, che ci conduce verso nuovi sentieri. Partiamo insieme e capiremo cosa Dio vuole dirci con questa spada, con questo scudo, e con questo medaglione". E nel suo sguardo videro riflesso l'ardore, l'amore di Cristo, e tutt'intorno si respirava LIBERTA'.
CAPITOLO IV
L'orizzonte del pensiero si annuvolò in un istante quando, aggrottando la fronte, il più anziano del gruppo manifestò la decisione di non più seguirli in questo ulteriore viaggio che, nelle sue previsioni, appariva funesto. Nessuno dei presenti azzardò giudizi sulla decisione imprevista che dava agli iniziali entusiasmi un repentino stop. E mentre la mandria dei perché si affannava a voler entrare nell'ovile della ragione, in lontananza un tintinnio leggero obbligò lo sguardo degli impensieriti amici a volgersi verso la brulla radura dalla quale una giovane donna avanzava decisa verso di loro, sguardo fiero e allegro, occhi che brillavano di una strana luce. Non portava addosso campanelli, e nessuno si spiegava da dove potesse venire il rumore. avvicinandosi al giovane, disse di volerlo accompagnare nel viaggio che intendeva intraprendere con i suoi amici. I presenti rimasero colpiti dalla fermezza della decisione della ragazza, che allungando la mano verso gli oggetti sollevò senza fatica il pesante scudo, dicendo loro: "Io sarò la vostra protettrice".
La giovane donna aveva la pelle del colore dell'ambra, gli occhi scuri e fieri, e i suoi lunghi capelli si scompigliavano dolcemente al vento del mattino. "Chi sei tu, dunque?" disse il più anziano tra quelli li giunti "Non ti ho mai vista camminare per le vie di questo paese. Dunque quale è il tuo nome? Da dove vieni?". La giovane parlò, e la sua voce era simile ad un soffio di brezza leggera. "Il mio nome è Bkiharuot, e vengo da una terra lontana. Io ti ho visto sempre mentre prendevi il largo con la tua barca in cerca di qualcosa che nemmeno tu sai, ma tu mai mi hai voluto vedere, così chiuso e asserragliato nei tuoi pensieri". "Cosa significa dunque il tuo nome?" chiese un altro. "Il mio nome, nell'antica lingua del mio paese, significa LIBERTA'".
Bkiharout afferrò da terra il vecchio medaglione trovato dentro la cassa insieme alla spada e allo scudo, lo rigirò fra le mani contemplandolo come se fosse un diamante... Il vecchio ciondolo era tutto d'oro zecchino: sul davanti aveva inciso una piccola croce bianca e sotto di essa quattro bande di corallo. Improvvisamente, con uno scatto repentino, il medaglione si aprì, lasciando cadere per terra un piccolo foglio di pergamena avvolto in un nastro... Bkiharout lo raccolse da terra e lo consegnò tra le mani del ragazzo che aveva impugnato poco prima la spada lucente... Il ragazzo aprì il foglio di pergamena e un pò titubante lesse ad alta voce il titolo che stava a capo pagina:
TESTAMENTO DE PEDRO NOLASCO PARA L'ORDEN DE LA MADRE DE DIOS DE LA MERCED
Il foglio diceva:
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Queste parole risultarono incomprensibili a coloro che ascoltavano. Maggiore fu la sorpresa quando la scritta scomparve agli occhi di tutti ed il foglio ritornò intonso. Una sola era la certezza per tutti. Qualcosa si stava costruendo sul loro percorso... Vite diverse e distanti si erano incontrate presso il mare che tutto cambia. Oggetti strani e con proprietà speciali... Il gruppo si stava formando.
CAPITOLO V
"Cosa mai possono significare queste parole che abbiamo appena ascoltato?" domandò uno del gruppo. Bkiharout rispose: "È ancora troppo presto perchè possiate capirle appieno... Guardate là..." e dicendo questo, con l'indice indicò un punto poco preciso nell'orizzonte che si parava davanti ai loro occhi... "Che cosa dobbiamo guardare?" chiese il più giovane del gruppo. Bkiarout non rispose; rimase immobile con il braccio proteso davanti a sè, come impugnando un arco. Fu allora che, dall'orizzonte, comparve un gruppo di cavalieri provenienti dalla vicina città. Questa era assediata da degli uomini armati il cui unico interesse era razziare il suo castello. Questa era una delle tante città assediate, una delle tante guerre che si combattevano in tutta la terra allora conosciuta. Sembrava che l'uomo non sapesse far altro che combattere contro il suo fratello. Fu in quel momento che tutti fuggirono come era possibile per mettersi al riparo. Del gruppo assiepatosi attorno alla cassa non rimase che un piccolo gruppo di persone. Bkiharout tenne in mano lo scudo mentre il giovane Nahel la spada, ponendo il medaglione nella sua tasca. Così assieme iniziarono a correre nella foresta li vicina perdendo di vista tutte le altre persone che erano state con loro sino a poco prima. Si trovarono così soli a girare nel bosco senza sapere dove andare, cosa fare, e sperando di non capitare presso una guerra, in mano a dei banditi o chissà cos'altro.
CAPITOLO VI
La loro corsa si fermò dopo quello che a loro parve un lunghissimo tempo, tanto era affannato il loro respiro e stanco il loro passo. Si sedettero, stremati, ai piedi di un albero secolare ed immenso, che superava di molto tutti gli alberi di quella ombrosa foresta. Tutt'intorno era calma e silenzio; solo il loro cuore che batteva forte ricordò loro ciò che avevano appena vissuto; qualcosa era cominciato, e ormai nessuno poteva più tirarsi indietro. Nahel mise le mani in tasca, nella speranza di trovare del cibo, ma si trovò di nuovo in mano il medaglione che ardeva tra le sue mani come se dentro di esso vi fosse celata una forza vitale, un soffio di vento, una brezza leggera che alleviò per un attimo le pene e la fatica dei due giovani stanchi e preoccupati per il loro domani che gravava sulle loro spalle come un pesante zaino da portare con amore lungo un duro viaggio. Il silenzio della foresta fu improvvisamente interrotto dal bando che passava ai suoi confini, che annunciava che gli abitanti della loro città, catturati dai cavalieri del drago nero, sarebbero stati giustiziati all'alba del giorno dopo per non aver voluto rinnegare la loro fede e non aver voluto collaborare alla cattura di quanti erano fuggiti. i due giovani si guardarono per un attimo. il dubbio e la paura attanagliavano i loro cuori. casa fare? come comportarsi? quale era la cosa giusta da fare? il medaglione sembrò più caldo e più luminoso nelle loro mani, sembrò quasi dare al risposta al giovane uomo: "devo andare!" disse alla ragazza. "la spada che mi è stata donata mi porterà alla vittoria contro i miei nemici, e i miei amici saranno liberi!". Bkiharout lo fissò intensamente. Il suo sguardo fermo, puro e sincero lo colpì profondamente. "Io verrò con te", disse con voce dolce e allo stesso tempo decisa. "No", disse Nahel, "potrebbe essere pericoloso, e tu..." "E io cosa?" disse in risposta Bkiharout, "forse perché sono una ragazza devo essere debole e timorosa? Imparerai a conoscermi, Nahel. Quando la voce di Dio ti chiama per nome, quando una brezza leggera ti sussurra al cuore, quando capisci dopo anni di domande quale è il progetto disegnato sulla tua vita, non puoi più tirarti indietro. Quando la libertà ti chiama, tu devi rispondere. Ma se non prendi sulle spalle la tua croce per seguire i suoi sentieri, sarai per sempre schiavo di te stesso". Nahel la fissò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Una lacrima uscì dai suoi occhi, e una sola sola parola dalle sue labbra, mentre le prendeva la mano: "Partiamo".
CAPITOLO VII
La città che si parò davanti a loro era cupa e desolata... Ad alcune finestre erano state martellate le imposte con delle travi di legno e le insegne delle locande pendevano dai battenti come se fossero sospinte da un soffio di vento... In lontananza si potevano addirtittura sentire delle grida riecheggiare nelle vie desolate... Nahel e Bkiharout si guardarono intorno, come aspettandosi di trovare qualcuno, quando - ad un certo punto - sussultarono all'udire un suono misterioso... Era come il suono di un flauto, ma sembrava emesso da una voce umana... Era come un canto... Bello, maestoso, che faceva vibrare il silenzio circostante con un palpabile senso di serenità... Nahel e Bkiharout si voltarono a destra e sinistra per cercare la fonte del suono... e fu allora che notarono una COSA nella foresta che avevano lasciato alle loro spalle... Su un roveto senza spine, splendente come un raggio di sole, stava appollaiato un piccolo colombo che cinguettava questo bellissimo inno... Nahel e Bkiharout lo fissarono stupefatti... E ad un certo punto la canzone cominciò ad assumere un significato, come se delle parole stessero parlando ai cuori di chi ascoltava quella VOCE (anche se non era una voce)... E questo meraviglioso canto diceva:
"Canto a te, o Sole. Canto al tuo calore che ci da vita. Tu, che rinnovi ogni giorno la mia essenza solleva la mia anima, guarisci la ferita. Tu, Eterna Luce, che dai ad ogni creatura la forza di giungere fino al Cielo, riguarda la mia anima coperta da un triste velo, rivesti con la tua luce questa immensa sciagura.
Canto a te, o Luna, amica dei sogni e dei lamenti, risplendi su questa desolata duna rapite furon le coraggiose genti.
Canto per te, o Signore del Cielo, Tu che sei Padre e sei Madre; scalda Tu questo triste gelo, Signore delle eterne terre leggiadre. Porta sul mondo la Luce infinita, rischiara la notte di chi s'è perduto; accendi la fede, riporta la vita Padre e Signore, accorri in nostro aiuto.
donaci la forza di portare libertà, donaci il coraggio che solo la fede immensa dà, portaci o Padre sulla tua forte mano, guidaci Madre con la tua infinita dolcezza.
La vita che scorre dentro alle vene ora non è che un fiume lasciato a metà; ascolta tu, o Sole, le nostre pene: rischiara la notte per la la libertà".
Il dolce canto terminò.
Era l'alba, il sole sorgeva illuminando piano le strade, mentre la luna e la sua pallida luce si spegnevano alle loro spalle. La città non era deserta come era sembrato al loro arrivo. La gente stava chiusa nelle case, nascosta, a guardare i due stranieri, due giovani, maschio e femmina. Lui portava una spada luminosa ed estremamente rifinita. Si vedeva da lontano che mani esperte l'avevano forgiata. Lei portava uno scudo, che sembrava enorme sul suo corpo esile, ma che portava con tanta naturalezza da far quasi pensare che fossero nati insieme. In fondo al villaggio vi era una grande abitazione, tutta in legno e con le rifiniture color sangue. "E' in quella grande casa che hanno portato i prigionieri" gridò la voce di un bambino da dietro un vicolo. "Ed è proprio li che il nostro destino si compirà", disse Bkiharout, e preso per mano il suo compagno, si incamminarono verso la casa. Fatti pochi passi sentirono ancora la voce del bambino che gridava "Venite da questa parte!". Senza riflettere Nahel decise di voltare l'angolo ed entrare nella piccola casa nella quale si era rintanato il ragazzino. Una volta dentro trovarono una casa cadente, con porte e finestre smontate, parte del soffitto era ceduto e si poteva vedere il cielo. Una volta seduti su degli oggetti sparsi sul pavimento, il ragazzino iniziò a parlare: "Vi seguo sin dal momento in cui vi siete fermati ad ascoltare il mio colombo. Era volato fuori da questa casa in cui vive con me. Non l'aveva mai fatto sino a stanotte. L'ho seguito e ho visto che eravate li davanti a lui e lui cantava per voi. Non so che significhi ma deve avere una grande importanza perchè non aveva cantato per nessun'altro che per me. Vi ho seguiti e ho visto che stavate per compiere una pazzia. Non potevo permettervi di compiere un gesto così folle. Mi presento. Sono Raphael". I due giovani rimasero perplessi e si accorsero con stupore che il piccolo colombo era posato dietro la spalla destra del nostro giovane amico. Nel mettersi comodo Nahel tirò fuori il medaglione dalla tasca, che stranamente parve risplendere. Il viso del giovane Raphael parve risplendere della stessa luce con un espressione di gioia e sorpresa. Disse solo "Pensavo non l'avrei visto mai più"...
CAPITOLO VIII
"Conosci questo medaglione?" domandò Nahel al ragazzino. "Certo" rispose lui, "non sapete? È il medaglione di un antichissimo ordine di cavalieri spagnoli. Guardate l'emblema..." Bkiahrout e Nahel fissarono lo stemma a bande rosse, bianche e oro incise sul fronte del ciondolo. "Avete trovato un foglio di carta al suo interno?" domandò Raphael concitato. "Si" rispose Nahel "ma non abbiamo compreso le parole..." "Impugna la spada e guarda la scritta incisa sulla lama..." continuò il ragazzino. Nahle estrasse la spada... Nonostante il buio della stanza, la lama splendette luminosa e le lettere incise lungo di essa si proiettarono nel muro di fronte, brillanti come carboni ardenti:
Noli vinci a malo, sed vince in bono malum
"Sai cosa significano queste parole?" chiese Raphael. "Significano: - non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene - Ora riesci a collegare queste parole con la lettera incisa sull'impugnatura?" Nahel controllò il pomo dell'elsa e vide incisa la lettera "M"... "No" rispose Nahel a malincuore. "Neanche con la scritta incisa sulla cassa dentro cui avete trovato questi oggetti?" continuò il ragazzino. "E tu come fai a sapere della cassa!?" esclamò Nahel. "Ora basta!" irrumpe improvvisamente Bkiharout alzandodsi in piedi. La sua voce rimbombò nella sala come se l'avessero gridata molte voci. "Dobbiamo dirgli la verità, Raphael! Non possiamo nascondergli tutto quanto... È inutile giocare con questi rompicapi... Nahel ha il diritto di sapere la verità su me, te e sui Cavalieri del Drago Nero..." "La verità!?" domandò Nahel. "Quale verità!?" Ci furono alcuni secondi di silenzio. Nahel fissava i due, fremente per l'attesa e ansioso. Cosa succedeva? "Lo abbiamo giurato, Bkiharout! Lo abbiamo giurato al Magister! Conosci la leggenda! Il segreto non può essere rivelato!" "Raphael, non c'è più spazio per i segreti ormai!" replicò Bkiharout, "Lui, e lui soltanto al momento della tempesta è riuscito a prendere in mano la spada, e questo non può essere che un segno! Il tempo del consilium ultimum è vicino, e se non facciamo qualcosa non esisterà più nessuna leggenda, nessun segreto da mantenere! Capisci questo?". Raphael si fece piccolo piccolo di fronte all'ombra minacciosa di Bkiharout che sembrava riempire tutto la stanza in cui si trovavano. "E sia, Bkiharout. Ma sarai tu a iniziare il racconto". Nahel era sempre più sbigottito. "Insomma! Di cosa state parlando?!"
CAPITOLO IX
Bkiharout si sedette sul pavimento polveroso e invitò i due a fare lo stesso. Poi cominciò a raccontare: "Devi sapere Nahel, che questi 3 oggetti sono appartenuti in antichità ad una sola persona. Per molti questo era un Santo, per altri un Cavaliere, altri lo chiamavano Arcangelo, altri non gli davano un nome ma temevano la sua fama. Non si sa quando sia nato ne che fu di lui... La sua storia, o forse leggenda, affonda in secoli nei quali non esisteva scrittura, forse nemmeno la parola. Si sa poco. Si sa solamente che egli compariva dove serviva aiuto. Bastava che un cuore puro pensasse a lui e lui giungeva a porgere l'aiuto di cui realmente si aveva necessità. Molti lo temevano per questo. Ricordi cosa hai letto hel foglio nel medaglione?
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Non l'avevo mai sentito ma tutto ora mi è chiaro. L'occhio sviato è colui che ha intrapreso un sentiero non retto. Valore, timore e speranza sono in nostro possesso. Spada è il valore, Scudo il timore, Medaglione la Speranza. Nessuno è mai stato in grado di usare questi oggetti. Erano per tutti troppo pesanti, ingestibili. Il diamante, la purezza, non era evidentemente nel loro cuore. Tanti sono quelli che nel desiderio di usarli sono scomparsi inspiegabilmente... Così come è scomparso l'unico che fu in grado di usarlo. Nessuno sa che fine fece il Santo. C'è chi dice che un giorno posò le armi e scomparve, ma non sappiamo esattamente. Una cosa è certa. Non esiste una sola persona in grado di usare i 3 oggetti assieme. Io sapevo di poter usare lo scudo..." Raphael disse:"Io posso usare il ciondolo...io SO come usarlo"...La ragazza riprese:" Ma non sapevamo chi fosse in grado di brandire la spada. I tre oggetti non possono esistere separatamente perciò cercavamo il terzo uomo... o donna" disse sorridendo. Raphael disse:"Ma ora è giusto che ti parliamo dei Cavalieri del Drago Nero, Nahel". "Forza Raphael," disse Bikiharuot, "ora tocca a te". "Mi chiedi di rinnovare un dolore indicibile, ma lo farò". "Il possessore dei tre oggetti, forse perché già sapeva quando e perché doveva andarsene dalla vista dei mortali, scelse con cura tre amici. I loro nomi erano, secondo la leggenda, Menadel, Lehaiah e Nashira. Non si sa con quali criteri questi furono scelti; non si conosce quanti anni avessero nè da dove venissero. Ma sappiamo che il Possessore li istruì forse per prendere un giorno il suo posto. E così avvenne. I tre giovani passeggiavano sulla riva di un lago quando videro luccicare qualcosa in mezzo all'erba; Menadel, il più coraggioso e il più forte dei tre, si avvicinò per primo. A terra c'erano le vesti del loro Maestro, e una cassa, con dentro i tre oggetti disposti in fila. Menadel si voltò verso i suoi compagni e gridò loro di avvicinarsi, e questi corsero da lui. " - Cosa significa tutto ciò? - disse Nashira, la ragazza del gruppo. - Guardate, c'è un incisione sul legno della cassa - disse Lehaiah, l'unico che tra i tre era in grado di leggere - tutto scorre, chi sta fermo è perduto. Tieni alto il tuo cuore ed apri le tue mani, afferra ciò che resterà e brillerà il sole tra le tue mani -. Menadel si chinò, respirò il profumo rimasto tra le vesti del Possessore, ed afferrò con decisione la spada. Nashira prese lo scudo. Lehaiah il medaglione. Ed ecco, una grande Luce li avvolse, e al centro del lago s'innalzò un magnifico esemplare di uccello, simile ad un colombo... QUESTO" disse Raphael indicando il colombo appollaiato sulla sua spalla. "Si chiama Auros... Alcuni sostengono che questo colombo contenga lo spirito del Possessore degli Oggetti, ma le leggende non sono mai chiare e le antiche profezie sul suo conto sono altrettanto infarcite di stupidaggini di poco conto... Quel che è certo è che questo colombo che noi chiamiamo Auros vi segue da quando avete intrapreso il vostro viaggio in Brasile, quando l'avete scambiato per un cavallo volante... La forma di Auors infatti non è mai chiara e solitamente è visibile solo all'alba, come oggi ad esempio..." Auors fece schioccare il becco con una velocità tale che Raphael s'interruppe. "Il canto di Auros - quello che avete sentito poco fa - può essere udito solo dai tre Possessori degli oggetti... Auors è sicuramente il Diamante di cui parlava la pergamena contenuta dentro il medaglione, quella di cui mi avete parlato prima... Auros è il Diamante contenuto nel cuore di ciascuno, perciò il suo aiuto è indispensabile per concludere il viaggio." "Ma perchè vi conoscevate?" domandò Nahel. "Perchè non mi avete detto niente... Perchè TU non mi hai mai detto niente!? Mi hai portato qui apposta...!" disse indicando Bkiharout. "Non ti ho detto niente perchè il Magister - un Sinedrio di Cavalieri Bianchi - protegge i segreti riguardo ai tre Oggetti. Gli Oggetti sono stati conservati nella cassa per secoli dai membri del Magister. Io - Bkiharout - sono stata assoldata dal Magister per trovare gli altri due Possessori. Ho trovato Raphael qualche mese fa e gli ho promesso di tornare con te. Auors - infatti - volava d'innanzi a me posandosi su coloro che erano Predestinati. Per questo sono riuscita a trovare anche te, quando hai alzato la spada: Auros mi aveva annunciato la tua presenza! Purtroppo durante una tempesta - voluta certamente dal Re del Drago Nero - è affondato il vascello sui cui avevo seguito Nahel e su cui avevo imbarcato i tre Oggetti. Il destino ha voluto che Nahel fosse stato il primo a trovare la cassa e ad impugnare la spada. Ho preso giusto in tempo lo scudo quando - d'un tratto - il Medaglione si è aperto e siamo venuti qui per compiere il nostro destino..."
"Ma quale destino!?" urlò Nahel. "Nahel, ora acoltami", disse Bkiharuot, "a ragione sei arrabbiato con me; sei finito nel bel mezzo di un vortice, e non puoi uscirne. E io non ti ho spiegato, non potevo spiegarti nulla! Siamo legati al Magister, Nahel. Non possiamo rivelare a nessuno il segreto di questi oggetti. Ma l'anno scorso il portatore della spada ci tradì; Kayel, si chiamava. Rubò, mentre io e Raphael dormivamo, gli Oggetti, e lì portò al Sinedrio dei Cavalieri Neri. Da quel giorno infausto, non potemmo avere pace. Tutto il Sinedrio dei Cavalieri Bianchi si mobilitò, ma senza successo. Non c'era traccia di quegli Oggetti. Vedi, Nahel, la Spada, lo Scudo e il Medaglione, rappresentano tutto quanto c'è di buono e bello a questo mondo: la Spada è la forza, il coraggio, l'ardore; lo Scudo è l'altruismo, la prudenza, la pazienza; il Medaglione è la speranza, la fede, la gioia, la libertà. Non possono esistere se non insieme, e non possono morire se non insieme. Il Male, i Cavalieri Neri, se ne impossessarono...E se questi Oggetti fossero stati distrutti, sarebbe arrivato il Consilium Ultimum; il Male avrebbe trionfato su quanto c'era di buono al mondo, e il mondo si sarebbe autodistrutto. Guarda questa città, Nahel; ormai non è che una landa desolata. E' segno che i Cavalieri Neri cercano gli Oggetti, e cercano noi. E visto che non possiamo più contare sull'aiuto dei Cavalieri Binachi, perché abbiamo rivelato il Segreto a te, siamo solo noi tre, i Prescelti, che dovranno lottare per far trionfare il Bene, per far vincere l'Amore". "Non puoi tirarti indietro, Nahel", disse Raphael, "Se ci lasci adesso, ogni speranza sarà perduta. Noi crediamo in te. C'è un Disegno, tracciato a fili d'oro sulla nostra vita; a te ora la scelta se seguire questo Disegno... o scegliere di andare per la tua via. Sei libero; ma una delle due strade, è la vera libertà. La libertà non pensa solo a sè, non cerca il proprio tornaconto. Libertà, Nahel, ci sta chiamando!". Tese la mano, e Bkiharout mise la sua mano sopra quella levata a mezz'aria di Raphael. Nahel attese, in silenzio; troppe cose gli erano piombate addosso insieme; lui era un ragazzo normale... e chissà dov'erano i suoi amici adesso. Forse anche loro erano stati rapiti... Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni? Delle sue speranze? Nahel sollevò piano la mano e la posò su quella dei due amici. "Mio padre mi voleva commerciante. Mia madre mi voleva contadino. Io avevo solo sogni. Ma la vita non è niente se non hai un ideale che ti guida. Ci sono tante cose che non capisco... ma io sono con voi". I tre sorrisero, e Auros si posò sulle loro mani. Il Disegno si andava tracciando.
CAPITOLO X
Lo sguardo si sposta rapidamente dalla cima dei monti verso la vallata boscosa. La luna sale lentamente dalla cima più alta del sistema montuoso che protegge questa conca naturale. Tra gli alberi fitti si apre uno spazio disboscato difficilmente raggiungibile per chi si avventurasse per la prima volta nell'ambiente selvaggio. La luna illumina li dei triliti posizionati a semi cerchio. Nella zona centrale di questa un'enorme pietra, posizionata come un altare, funge anche da architrave di una scala di roccia che scende nel ventre di questo strano spazio. Un uomo, in armatura, scende queste scale, passa sotto l'altare e scompare alla vista di altre quattro persone che aspettano all'ingresso di quest'area. Due di essi reggevano due torce mentre gli altri due, all'inizio di questa scala attendevano che il primo di loro tornasse tra loro. Una piccola scossa di terremoto li sorprese. Subito dopo, il loro amico sceso nella terra, tornò in superficie mentre una lastra di pietra usciva da sotto l'altare e andava a chiudere l'ingresso della scala. L'uomo in armatura fece in tempo a fare l'ultimo passo che la scala alle sue spalle fu sigillata da una roccia nera. Vhinmor ì, il cavaliere disse: "So cosa devo fare". Detto questo si allontanò con gli altri 4. "Allora? Che cosa ti è stato detto?" domandò uno dei 4. "L'Oracolo è stato molto chiaro" tagliò corto Vhinmor. "Non c'è nient'altro da dire..." "Oho, insomma, basta!" irrupe il più giovane dei cavalieri. "Sono tre notti che veniamo qui e ancora non ci hai informato di NIENTE!" "Gli ordini dell'Oracolo sono sempre stati molto chiari" rispose Vhinmor con pacatezza, "sarebbe sciocco non seguirli alla lettera" "Gli ORDINI DELL'ORACOLO!?" canzonò l'altro cavaliere. "E da quando l'Oracolo osa darci degli ORDINI!?" "Pazienta ancora un pò, Aspide" sussurrò Vhinmor al cavaliere più giovane. "Finora i suoi suggerimenti sono sempre stati molto chiari e... non hanno mancato di essere corretti, col tempo..." "Sì!" tuonò Aspide con impazienza. "Ma finora sei soltanto TU a sapere che COSA ti ha detto!!!" "È solo questione di... TEMPO..." disse Vhinmor con un ghigno compiaciuto. "Tutto a suo tempo verrà rivelato... E ora, sbrighiamoci a cercare quello che serve...! L'Oracolo... ha FAME!" L'Oracolo ha parlato: "Se vogliamo che il male trionfi, che il nostro capo torni alla vita per regnare in eterno su questa terra, dobbiamo creare degli oggetti magici, che ci permettano di sconfiggere i Prescelti della luce....e mi ha spiegato come fare". Detto questo, indicò ai suoi compagni la città che si stendeva ai piedi della montagna su cui si trovavano e che avevano raggiunto dulle groppe di quattro agili destrieri. "Il sangue di un cuore puro darà potenza alla spada nera, la paura di un cuore puro darà forza allo scudo nero, la reclusione di un cuore puro darà forza al medaglione nero. Violenza, paura, reclusione, daranno vita al Male".
CAPITOLO XI
La luna piena è a perpendicolo sulla vallata agitata da mille fiammelle. Ogni fiamma è la luce di una torcia tra le mani di un uomo. Sono tanti gli uomini che tra i rami della foresta oscillano all'unisono pronunciando parole, o meglio suoni, che verranno presto dimenticati. Le fiamme, viste dall'alto, formano cerchi concentrici in cui, il più interno, incornicia di una luce arancione l'altare in pietra, al centro dell'area delimitata da dei triliti, terminati di costruire poche ore prima. Tutti attendono qualcosa, invocando e cantando... La valle trema sotto un'unica enorme voce. E' allora che una luce fortissima cade dal cielo sino all'altare e scomparendo nelle viscere della terra. Subito, in uno schianto, la scalinata scavata nella roccia, viene sigillata da una pesante lastra nera e sull'altare resta una cassa in legno. Tutto questo avviene in un lampo con un tuono assordante. E' allora che Nahel si sveglia di soprassalto dal suo sogno. Nahel si guardò intorno; la casa in rovina cigolava terribilmente sotto la potenza del vento che soffiava forte sulla terra, e la pioggia entrava nella stanza da un'apertura nel tetto e picchiettava furiosa sul pavimento ora fangoso. Bkiharuot dormiva accanto a lui, raggomitolata per evitare che il suo corpo disperdesse troppo calore nel freddo della notte. La sua pelle color avorio brillava sotto la luce fioca della luna che le nuvole benignamente lasciavano passare. Nahel le sfiorò piano una guancia e sorrise. Raphael era di poco distante; riposava su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro. Nahel ascoltava il suo respiro lento. Poi ad un trattò ripensò al suo sogno; una foresta, una lunga processione di uomini che portavano delle torcie nelle loro mani... antichi carmina mormorati all'unisono... una antica costruzione di pietra. Un forte rombo, una luce intensa, una cassa di legno. E poi più nulla. Si prese la testa fra le mani; l'umidità, il freddo, il brusco risveglio e il repentino cambiamento che la sua vita aveva subito nel giro di poche ore lo avevano annientato. Sospirò. Si sentiva solo e abbandonato; era facile parlare per Bkiharout e Raphael, ma lui? Un macigno gli era piombato addosso, e andare via era come nuotare contro la corrente di un fiume in piena; inutile, oltre che impossibile. Provò un senso di rancore nei loro confronti. Cosa voleva mai dire quello strano sogno? O... forse non era un sogno. Forse era una visione. Aveva studiato, e sapeva che nell'antichità i popoli erano soliti fare dei riti religiosi simili. Senza rendersene conto aveva esposto ad alta voce le sue riflessioni interiori. Quando si voltò vide Bkiharout che lo osservava con aria preoccupata e allo stesso tempo curiosa. "Nahel.... tutto bene?". "Benissimo" rispose gelido, "non potrebbe andare meglio". Si girò dall'altra parte, dandole le spalle e simulò un sonno pesante e sereno. Bkiharout, ferita, rimase accanto a lui e continuò a fissarlo; si tolse il mantello di lana leggera che portava e glielo mise addosso. Si distese vicino a Raphael, e si riaddormentò. Nahel sapeva di averla ferita, ma non poteva farci nulla. Il tradimento, quella sensazione di essere stato usato per i loro scopi. Poteva forse dimenticarli in un istante solo perchè la situazione lo richiedeva? Era un essere umano, e come tale non poteva certo sottrarsi alle emozioni degli esseri umani. E poi....c'era quel sogno...o visione, chi lo sa. Continuava a chiedersi che cosa significasse! Sospirò e decise di tentare di dormire. Probabilmente Bkiharuot avrebbe capito, e la luce del sole del giorno seguente avrebbe riscaldato i loro animi afflitti e tormentati. Stava per prendere sonno quando un lampo illuminò di una luce fortissima tutto il luogo in cui si trovavano; tutti e tre si destarono bruscamente. "O Gesù..." mormorò Raphael. La porta era stata scardinata, e una figura oscura e incappucciata, a tratti illuminata dagli stralci di luce dei lampi, incombeva su di loro. "Chi sei!" urlò Nahel impugnando velocemente la spada al suo fianco. La figura incapucciata non rispose, si levò il cappuccio che le ricopriva il capo e svelò il volto di una giovane ragazza mora, dalla carnagione pallida. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse meditando; una benda nera le copriva la fronte e raccolgieva i capelli in una treccia dietro la testa. Con una voce noncurante per situazione che le si presentava davanti, disse: "Sono l'Oracolo. Vi stavo cercando... e sapevo dove trovarvi..."
CAPITOLO XII
L'Oracolo si precipitò nella stanza e prese al collo il piccolo Raphael che si svegliò di soprassalto e inizio ad agitarsi. L'Oracolo minacciò gli altri :"Se non mi darete tutte le armi in vostro possesso il piccolo Raphael se la vedrà brutta!". I due giovani furono molto scossi dalle sue parole e gli chiesero cosa volesse, intimarono di lasciar andare il giovane, ma non ottennero risposta. Nahel fece per scagliarsi contro la figura femminile che disse"Fermati eroe! O ti fermi e mi dai la tua spada" e Nahel urlò subito "NO!". La giovane donna proseguì..."O mi dai l'arma o il piccolo Raphael... inizierà a ridere da non poterne più...sino alle lacrime!". Tutti furono perplessi ma Nahel decise di scagliarsi sulla ragazza che evitò il colpo distorcendosi come fosse di gomma. "Avete molto da imparare", disse la donna che iniziava a cambiare d'aspetto e diventava sempre più simile ad un grande coniglio bianco. Tutti continuarono a guardare inorriditi. "Non sempre ciò che vedete è la realtà delle cose". La ragazza-coniglio lasciò andare il ragazzo e cominciò a saltellare ridendo. Ogni salto si rimpiccioliva sino a diventare un coniglietto bianco. L'ultimo salto la porto a diventare una colomba che volò verso il centro della stanza e esplose in mille colori come un fuoco d'artificio. Sentirono bussare alle loro spalle e girandosi videro un vecchio sorridente, dallo sguardo bonario che disse..."Piacere, sono il Mago Balhil e sono qui per aiutarvi. Tutto bene piccolo?". Raphael, che era rimasto in volo non sorretto da nessuno, fu calato lentamente a terra. Tutti non sapevano che dire. "Ohohoh, bene bene, vediamo cosa abbiamo qui...", soggiunse Balhil dopo averli osservati silenziosamente,"tre ragazzini, un piccione spennacchiato... E che possa diventare una fata se mi sbaglio, ci sono anche gli Oggetti... E io che credevo fosse solo una assurda leggenda...". Nahel non aveva mai smesso di tenere in pugno la spada da quando quella strana figura aveva aggredito Raphael. Teneva in mano così saldamente l'impugnatura della favolosa arma che il sangue nella mano non circolava più. Era madido di sudore e rabbioso. "Chi sei tu che sei penetrato con la violenza in questo luogo? Che cosa..." "Taci, ragazzo" disse il mago, diventato improvvisamente serio. "Ora vi chiedo solo una cosa: fidatevi di me. Dobbiamo andarcene da questa capanna lurida, e in fretta". "Come sarebbe?" disse Bkiharuot. "Si, penso che tu ci debba almeno delle spiegazioni, soprattutto circa..." "...circa quella specie di COSA che prima mi stava per ammazzare!" completò Raphael ancora terrorizzato. "Ah, ragazzo mio... se hai avuto così tanta paura di quello non andrai lontano. Era solo un piccolo espediente per vedere se veramente avevo trovato ciò che cercavo. Si tratta di una ridicola creatura che prende la forma degli ultimi sogni che una persona ha fatto. Qualcuno di voi ha sognato un coniglio bianco - penso fosse il tuo sogno, ragazza -, un altro ha sognato una colomba - penso tu abbia sognato il tuo piccione spennacchiato, ragazzino - ma mi chiedo... io non avevo previsto l'Oracolo...". Tutti si volsero verso Nahel.
CAPITOLO XIII
Nel frattempo, nel paese di Molto Molto Lontano... succedeva una storia che non stiamo qui a raccontare... Il mago Balhil disse: "Va bene, va bene, non è questo il momento di parlare di queste tristi faccende...questo è il momendo di spostarci di qua! "Ma dove potremmo andare" disse il piccolo Raphael "non abbiamo un luogo sicuro...". Ed il Mago "Abbiate fiducia in me..." e detto questo si girò e si incamminò sperando gli altri lo seguissero. Bkiharuot fu la prima a seguirlo; prese il suo mantello, la sua borsa di cuoio e il magico Scudo, e uscì dalla lurida abitazione pericolante che forse per miracolo aveva resistito alle intemperie per proteggerli in quella notte. A seguito anche Nahel e Raphael si mossero e raggiunsero il mago sulla via che conduceva fuori dal villaggio, verso la foresta del Grampiah. Il mago si appoggiava sul suo bastone di biancospino, finemente lavorato, che sosteneva tutto il peso della sua anzianità. Nahel seguiva la fila che si era venuta a creare e bisbigliò tra se e se una domanda che era probabilmente sulla bocca di tutti: "Ma dove vogliamo andare con questo vecchietto che stenta a reggersi in piedi?". Fu in quel momento che il vecchio Balhil scomparve alla vista della strana carovana. Tutti si bloccarono immediatamente per la sorpresa e sobbalzarono quando alle spalle di Nahel il vecchio mago disse "Le cose non sono mai come appaiono". Si voltarono tutti per guardare da dove provenisse questa voce e si sorpresero di trovare il vecchio alle loro spalle, con uno sguardo divertito, col nodoso bastone sospeso sulla testa del giovane Nahel col quale gli diede prontamente un colpetto sulla testa. "Segui il cuore, non gli altri sensi". Detto questo scomparve nuovamente per portarsi alla testa della carovana che stentò a seguirlo. "Volete seguirmi o no? Forza" fu ciò che l'arzillo mago disse voltandosi divertito.
Camminarono per lungo tempo fino a che la stanchezza concesse loro di spostarsi nell'intricata foresta. Sul calar della sera, si sedettero tutti ai piedi di un vecchio albero, e mentre Bkiharuot e Raphael andavano a caccia di qualche coniglio per cenare, Nahel tentava disperatamente e senza successo di accendere un focolare sul terreno fradicio, mentre il vecchio mago lo guardava da sotto il suo cappuccio ridacchiando. "Certo che potresti anche renderti utile, visto che sei un mago", disse acido. Il vecchio continuò a ridacchiareper un po' incurante della frecciatina di Nahel, poi la sua mente cominciò a vagare per altri pensieri.
CAPITOLO XIV
Era ormai notte inoltrata; il freddo e l'umido penetravano nelle ossa della compagnia mentre il vento sopra le loro teste si agitava gagliardo non riuscendo a penetrare davvero le fronde degli alberi dalla millenaria foresta. Tutto ad un tratto, Bahlil si svegliò con un sussulto e gridò:"VIA DI QUA, ADESSO!".
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Apr 2 2009, 04:42 PM
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CAPITOLO I
C'era una volta, un ragazzo molto silenzioso, che viveva in un paese non lontano da Madrid. Era povero ed aveva solo due grandissimi amici con cui passava il tutto il suo tempo. Erano molto uniti perché avevano in comune grandi sogni e grandi passioni, oltre ad un amore senza limiti per il il loro Dio. Un giorno, mentre passeggiavano insieme verso il mercato, incontrarono uno schiavo che veniva frustato dal suo padrone; era una scena comune in quei tempi, ma quell'istante, anche se allora non lo sapevano, avrebbe cambiato la loro vita. Presero tutto quello che avevano e andarono in giro per il mondo e arrivarono sino in Brasile. Qui trovarono una situazione terribile: la dignità umana veniva costantemente calpestata. Decisero così di creare un ordine che aveva come carisma e motto "LIBERI PER LIBERARE", il cui scopo era restituire la libertà sino a donare la propria vita in cambio di altre persone meno fortunate. Molti intorno a loro non riuscivano a capire quel sacrificio e si chiedevano: "Come si può dare la propria vita per persone che non si conoscono e non rappresentano nulla per noi?". Uno dei tre disse: "Amar come Gesù amò, pensar come Gesù pensò, soffrir come Gesù soffriva, gioir come Gesù gioiva... e quando arriverà la sera tu ti senti pazzo di felicità...". Qualcuno che pensò che erano davvero dei pazzi. Altri invece, toccati dalle loro parole, compresero il significato di ciò che facevano, il loro amare senza riserve. Molti si unirono a loro, ma c'era un ricco signore spagnolo che li odiava perché ciò che predicavano lo impoveriva di molto denaro; allora questo nobile un giorno li accusò di averlo derubato ed i loro capi andarono in prigione. Sembrava non ci fossero più speranze; coloro che tanto avevano decantato la libertà si trovavano in prigione. Ma ciò che importava era che i loro cuori fossero ancora liberi, perché continuavano a confidare nell'aiuto di quel Dio che mai li aveva delusi. E, dopo una notte di preghiere videro volare sull'alba un gabbiano, e in quel momento, furono abbagliati da una luce. Non credevano ai loro occhi, ma in un battito di ciglia compresero... Quello che si stagliava dietro il gabbiano era un UFO! Cioè un piccione mangiapane a UFO. Ed il piccione sembrò gufo... poi civetta poi pony express (il pegaso volante)... era invece lo Spirito Santo. Si posa su tutti i giovani che lo accolgono e lo accoglieranno e l'hanno accolto: liberamente, senza imposizioni.
CAPITOLO II
Una volta che i carcerieri ebbero capito l'errore che compivano nel tenere imprigionati questi Santi uomini, decisero di rendere loro la libertà. Il nostro protagonista e fondatore decise allora di mettersi da solo in viaggio per annunciare le sue Verità. Questo ragazzo, non molto lontano da Madrid, aveva un suo prossimo, un suo simile, nel carattere, nell'intemperanza e nella testardaggine. I due fecero una grande amicizia, assieme al Padre di tutti.
Fecero molte cose assieme, compirono i loro studi, conobbero il mondo. Scoprendosi l'un l'altro compresero che la loro Amicizia era importante, che assieme avrebbero potuto fare grandi cose, ma che se si fossero divisi avrebbero potuto fare il doppio del bene... Perciò, l'amico del nostro protagonista prese una nave che salpava verso terre lontane. Ma all'improvviso, a circa metà viaggio, ci fu una violenta tempesta... E i marinai furono costretti a gettare in mare tutto il carico. Ma quando una cassa di legno molto pesante venne gettata in mare... la tempesta si placò. Tutti erano curiosi di vedere cosa vi fosse dentro... Seguirono quindi la cassa fino a che questa non approdò su una spiaggia. Nessuno riusciva ad aprirla così la gente andò a chiamare i padri vestiti di bianco perché così era stato gridato dalla voce di un bambino che non aveva mai parlato prima di allora. I frati aprirono la pesante cassa e dentro trovarono, ben protetti, una spada, uno scudo ed un medaglione. Nessuno dei marinai imbarcati sulla nave sapeva di chi fossero questi antichi oggetti, ne dove questa cassa fosse destinata ad arrivare. Incise sopra lo scudo c'erano poche parole... Una frase che così diceva: "Liberi per Liberare!"
CAPITOLO III
La spada era un oggetto che trasmetteva semplicità ma al tempo stesso una grande ricercatezza e ricchezza. La sua elsa vedeva un impugnatura di color rosso intenso. Il pomolo era argenteo, rilucente, e il rilievo in oro, di forma sinuosa, recava una chiara e bellissima lettera M. La guardia crociata era formata da due rami in argento, che nascevano dall'impugnatura, e che si aprivano in una serie di ramoscelli a formare una piccola cupola a protezione della mano che la impugnasse. Dal ramoscello spuntavano piccole foglie e roselline d'oro. La coccia era di un materiale nero, con riflessi che al sole potevano essere di un blu o verde molto intenso ma cupo, che sembravano nascere al suo interno. La lama era argentata e recava un'incisione che sul fondo appariva scura, nera, e che faceva così esaltare maggiormente la scritta
"Noli vinci a malo, sed vince in bono malum".
Tutti provavano a prendere in mano quegli oggetti, ma erano talmente pesanti che nessuno riusciva a sollevarli nemmeno di un millimetro. Ma quel ragazzo, imbarcatosi lasciando tutto nel suo passato e puntando ad annunciare ciò che aveva imparato al suo prossimo, benchè fosse così gracile riuscì ad afferrare gli oggetti come se fossero fatti di aria, e in quel momento disse: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi». In quel momento i suoi nuovi amici imbarcati, così distanti da lui furono abbagliati da una luce immensa fuoriuscita dalla punta della spada alzata verso il cielo. Alcuni di questi caddero al suolo, altri rimasero confusi e barcollanti, mentre il giovane con indosso gli oggetti trovati nella cassa, e avvolto nella luce immacolata, sembrava non essere più lui ma un angelo. La luce andò calando sinché non fu possibile per tutti riaprire gli occhi e guadare verso il giovane che aveva riacquistato le sue sembianze e gli oggetti erano tornati al loro posto nella cassa. Anche il giovane sembrò ridestarsi da un sogno; i suoi occhi, azzurri come il mare, brillavano di una luce nuova; brillavano di gioia, ardore, coraggio, forza. Il giovane aprì le sue braccia e disse rivolto ai suoi compagni: "Oggi è un nuovo giorno. Questo nuovo sole che splende sulla nostra vita ci farà aprire una strada nuova. Non abbiate paura; abbiate fede". Un amico disse: "Ma cosa significano questi oggetti? Apparterranno a qualche ricco signore. E a te, cosa è accaduto?". Il giovane rispose: "Ora sono forte dello Spirito del mio Dio, che ci conduce verso nuovi sentieri. Partiamo insieme e capiremo cosa Dio vuole dirci con questa spada, con questo scudo, e con questo medaglione". E nel suo sguardo videro riflesso l'ardore, l'amore di Cristo, e tutt'intorno si respirava LIBERTA'.
CAPITOLO IV
L'orizzonte del pensiero si annuvolò in un istante quando, aggrottando la fronte, il più anziano del gruppo manifestò la decisione di non più seguirli in questo ulteriore viaggio che, nelle sue previsioni, appariva funesto. Nessuno dei presenti azzardò giudizi sulla decisione imprevista che dava agli iniziali entusiasmi un repentino stop. E mentre la mandria dei perché si affannava a voler entrare nell'ovile della ragione, in lontananza un tintinnio leggero obbligò lo sguardo degli impensieriti amici a volgersi verso la brulla radura dalla quale una giovane donna avanzava decisa verso di loro, sguardo fiero e allegro, occhi che brillavano di una strana luce. Non portava addosso campanelli, e nessuno si spiegava da dove potesse venire il rumore. avvicinandosi al giovane, disse di volerlo accompagnare nel viaggio che intendeva intraprendere con i suoi amici. I presenti rimasero colpiti dalla fermezza della decisione della ragazza, che allungando la mano verso gli oggetti sollevò senza fatica il pesante scudo, dicendo loro: "Io sarò la vostra protettrice".
La giovane donna aveva la pelle del colore dell'ambra, gli occhi scuri e fieri, e i suoi lunghi capelli si scompigliavano dolcemente al vento del mattino. "Chi sei tu, dunque?" disse il più anziano tra quelli li giunti "Non ti ho mai vista camminare per le vie di questo paese. Dunque quale è il tuo nome? Da dove vieni?". La giovane parlò, e la sua voce era simile ad un soffio di brezza leggera. "Il mio nome è Bkiharuot, e vengo da una terra lontana. Io ti ho visto sempre mentre prendevi il largo con la tua barca in cerca di qualcosa che nemmeno tu sai, ma tu mai mi hai voluto vedere, così chiuso e asserragliato nei tuoi pensieri". "Cosa significa dunque il tuo nome?" chiese un altro. "Il mio nome, nell'antica lingua del mio paese, significa LIBERTA'".
Bkiharout afferrò da terra il vecchio medaglione trovato dentro la cassa insieme alla spada e allo scudo, lo rigirò fra le mani contemplandolo come se fosse un diamante... Il vecchio ciondolo era tutto d'oro zecchino: sul davanti aveva inciso una piccola croce bianca e sotto di essa quattro bande di corallo. Improvvisamente, con uno scatto repentino, il medaglione si aprì, lasciando cadere per terra un piccolo foglio di pergamena avvolto in un nastro... Bkiharout lo raccolse da terra e lo consegnò tra le mani del ragazzo che aveva impugnato poco prima la spada lucente... Il ragazzo aprì il foglio di pergamena e un pò titubante lesse ad alta voce il titolo che stava a capo pagina:
TESTAMENTO DE PEDRO NOLASCO PARA L'ORDEN DE LA MADRE DE DIOS DE LA MERCED
Il foglio diceva:
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Queste parole risultarono incomprensibili a coloro che ascoltavano. Maggiore fu la sorpresa quando la scritta scomparve agli occhi di tutti ed il foglio ritornò intonso. Una sola era la certezza per tutti. Qualcosa si stava costruendo sul loro percorso... Vite diverse e distanti si erano incontrate presso il mare che tutto cambia. Oggetti strani e con proprietà speciali... Il gruppo si stava formando.
CAPITOLO V
"Cosa mai possono significare queste parole che abbiamo appena ascoltato?" domandò uno del gruppo. Bkiharout rispose: "È ancora troppo presto perchè possiate capirle appieno... Guardate là..." e dicendo questo, con l'indice indicò un punto poco preciso nell'orizzonte che si parava davanti ai loro occhi... "Che cosa dobbiamo guardare?" chiese il più giovane del gruppo. Bkiarout non rispose; rimase immobile con il braccio proteso davanti a sè, come impugnando un arco. Fu allora che, dall'orizzonte, comparve un gruppo di cavalieri provenienti dalla vicina città. Questa era assediata da degli uomini armati il cui unico interesse era razziare il suo castello. Questa era una delle tante città assediate, una delle tante guerre che si combattevano in tutta la terra allora conosciuta. Sembrava che l'uomo non sapesse far altro che combattere contro il suo fratello. Fu in quel momento che tutti fuggirono come era possibile per mettersi al riparo. Del gruppo assiepatosi attorno alla cassa non rimase che un piccolo gruppo di persone. Bkiharout tenne in mano lo scudo mentre il giovane Nahel la spada, ponendo il medaglione nella sua tasca. Così assieme iniziarono a correre nella foresta li vicina perdendo di vista tutte le altre persone che erano state con loro sino a poco prima. Si trovarono così soli a girare nel bosco senza sapere dove andare, cosa fare, e sperando di non capitare presso una guerra, in mano a dei banditi o chissà cos'altro.
CAPITOLO VI
La loro corsa si fermò dopo quello che a loro parve un lunghissimo tempo, tanto era affannato il loro respiro e stanco il loro passo. Si sedettero, stremati, ai piedi di un albero secolare ed immenso, che superava di molto tutti gli alberi di quella ombrosa foresta. Tutt'intorno era calma e silenzio; solo il loro cuore che batteva forte ricordò loro ciò che avevano appena vissuto; qualcosa era cominciato, e ormai nessuno poteva più tirarsi indietro. Nahel mise le mani in tasca, nella speranza di trovare del cibo, ma si trovò di nuovo in mano il medaglione che ardeva tra le sue mani come se dentro di esso vi fosse celata una forza vitale, un soffio di vento, una brezza leggera che alleviò per un attimo le pene e la fatica dei due giovani stanchi e preoccupati per il loro domani che gravava sulle loro spalle come un pesante zaino da portare con amore lungo un duro viaggio. Il silenzio della foresta fu improvvisamente interrotto dal bando che passava ai suoi confini, che annunciava che gli abitanti della loro città, catturati dai cavalieri del drago nero, sarebbero stati giustiziati all'alba del giorno dopo per non aver voluto rinnegare la loro fede e non aver voluto collaborare alla cattura di quanti erano fuggiti. i due giovani si guardarono per un attimo. il dubbio e la paura attanagliavano i loro cuori. casa fare? come comportarsi? quale era la cosa giusta da fare? il medaglione sembrò più caldo e più luminoso nelle loro mani, sembrò quasi dare al risposta al giovane uomo: "devo andare!" disse alla ragazza. "la spada che mi è stata donata mi porterà alla vittoria contro i miei nemici, e i miei amici saranno liberi!". Bkiharout lo fissò intensamente. Il suo sguardo fermo, puro e sincero lo colpì profondamente. "Io verrò con te", disse con voce dolce e allo stesso tempo decisa. "No", disse Nahel, "potrebbe essere pericoloso, e tu..." "E io cosa?" disse in risposta Bkiharout, "forse perché sono una ragazza devo essere debole e timorosa? Imparerai a conoscermi, Nahel. Quando la voce di Dio ti chiama per nome, quando una brezza leggera ti sussurra al cuore, quando capisci dopo anni di domande quale è il progetto disegnato sulla tua vita, non puoi più tirarti indietro. Quando la libertà ti chiama, tu devi rispondere. Ma se non prendi sulle spalle la tua croce per seguire i suoi sentieri, sarai per sempre schiavo di te stesso". Nahel la fissò, in silenzio, senza sapere cosa dire. Una lacrima uscì dai suoi occhi, e una sola sola parola dalle sue labbra, mentre le prendeva la mano: "Partiamo".
CAPITOLO VII
La città che si parò davanti a loro era cupa e desolata... Ad alcune finestre erano state martellate le imposte con delle travi di legno e le insegne delle locande pendevano dai battenti come se fossero sospinte da un soffio di vento... In lontananza si potevano addirtittura sentire delle grida riecheggiare nelle vie desolate... Nahel e Bkiharout si guardarono intorno, come aspettandosi di trovare qualcuno, quando - ad un certo punto - sussultarono all'udire un suono misterioso... Era come il suono di un flauto, ma sembrava emesso da una voce umana... Era come un canto... Bello, maestoso, che faceva vibrare il silenzio circostante con un palpabile senso di serenità... Nahel e Bkiharout si voltarono a destra e sinistra per cercare la fonte del suono... e fu allora che notarono una COSA nella foresta che avevano lasciato alle loro spalle... Su un roveto senza spine, splendente come un raggio di sole, stava appollaiato un piccolo colombo che cinguettava questo bellissimo inno... Nahel e Bkiharout lo fissarono stupefatti... E ad un certo punto la canzone cominciò ad assumere un significato, come se delle parole stessero parlando ai cuori di chi ascoltava quella VOCE (anche se non era una voce)... E questo meraviglioso canto diceva:
"Canto a te, o Sole. Canto al tuo calore che ci da vita. Tu, che rinnovi ogni giorno la mia essenza solleva la mia anima, guarisci la ferita. Tu, Eterna Luce, che dai ad ogni creatura la forza di giungere fino al Cielo, riguarda la mia anima coperta da un triste velo, rivesti con la tua luce questa immensa sciagura.
Canto a te, o Luna, amica dei sogni e dei lamenti, risplendi su questa desolata duna rapite furon le coraggiose genti.
Canto per te, o Signore del Cielo, Tu che sei Padre e sei Madre; scalda Tu questo triste gelo, Signore delle eterne terre leggiadre. Porta sul mondo la Luce infinita, rischiara la notte di chi s'è perduto; accendi la fede, riporta la vita Padre e Signore, accorri in nostro aiuto.
donaci la forza di portare libertà, donaci il coraggio che solo la fede immensa dà, portaci o Padre sulla tua forte mano, guidaci Madre con la tua infinita dolcezza.
La vita che scorre dentro alle vene ora non è che un fiume lasciato a metà; ascolta tu, o Sole, le nostre pene: rischiara la notte per la la libertà".
Il dolce canto terminò.
Era l'alba, il sole sorgeva illuminando piano le strade, mentre la luna e la sua pallida luce si spegnevano alle loro spalle. La città non era deserta come era sembrato al loro arrivo. La gente stava chiusa nelle case, nascosta, a guardare i due stranieri, due giovani, maschio e femmina. Lui portava una spada luminosa ed estremamente rifinita. Si vedeva da lontano che mani esperte l'avevano forgiata. Lei portava uno scudo, che sembrava enorme sul suo corpo esile, ma che portava con tanta naturalezza da far quasi pensare che fossero nati insieme. In fondo al villaggio vi era una grande abitazione, tutta in legno e con le rifiniture color sangue. "E' in quella grande casa che hanno portato i prigionieri" gridò la voce di un bambino da dietro un vicolo. "Ed è proprio li che il nostro destino si compirà", disse Bkiharout, e preso per mano il suo compagno, si incamminarono verso la casa. Fatti pochi passi sentirono ancora la voce del bambino che gridava "Venite da questa parte!". Senza riflettere Nahel decise di voltare l'angolo ed entrare nella piccola casa nella quale si era rintanato il ragazzino. Una volta dentro trovarono una casa cadente, con porte e finestre smontate, parte del soffitto era ceduto e si poteva vedere il cielo. Una volta seduti su degli oggetti sparsi sul pavimento, il ragazzino iniziò a parlare: "Vi seguo sin dal momento in cui vi siete fermati ad ascoltare il mio colombo. Era volato fuori da questa casa in cui vive con me. Non l'aveva mai fatto sino a stanotte. L'ho seguito e ho visto che eravate li davanti a lui e lui cantava per voi. Non so che significhi ma deve avere una grande importanza perchè non aveva cantato per nessun'altro che per me. Vi ho seguiti e ho visto che stavate per compiere una pazzia. Non potevo permettervi di compiere un gesto così folle. Mi presento. Sono Raphael". I due giovani rimasero perplessi e si accorsero con stupore che il piccolo colombo era posato dietro la spalla destra del nostro giovane amico. Nel mettersi comodo Nahel tirò fuori il medaglione dalla tasca, che stranamente parve risplendere. Il viso del giovane Raphael parve risplendere della stessa luce con un espressione di gioia e sorpresa. Disse solo "Pensavo non l'avrei visto mai più"...
CAPITOLO VIII
"Conosci questo medaglione?" domandò Nahel al ragazzino. "Certo" rispose lui, "non sapete? È il medaglione di un antichissimo ordine di cavalieri spagnoli. Guardate l'emblema..." Bkiahrout e Nahel fissarono lo stemma a bande rosse, bianche e oro incise sul fronte del ciondolo. "Avete trovato un foglio di carta al suo interno?" domandò Raphael concitato. "Si" rispose Nahel "ma non abbiamo compreso le parole..." "Impugna la spada e guarda la scritta incisa sulla lama..." continuò il ragazzino. Nahle estrasse la spada... Nonostante il buio della stanza, la lama splendette luminosa e le lettere incise lungo di essa si proiettarono nel muro di fronte, brillanti come carboni ardenti:
Noli vinci a malo, sed vince in bono malum
"Sai cosa significano queste parole?" chiese Raphael. "Significano: - non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene - Ora riesci a collegare queste parole con la lettera incisa sull'impugnatura?" Nahel controllò il pomo dell'elsa e vide incisa la lettera "M"... "No" rispose Nahel a malincuore. "Neanche con la scritta incisa sulla cassa dentro cui avete trovato questi oggetti?" continuò il ragazzino. "E tu come fai a sapere della cassa!?" esclamò Nahel. "Ora basta!" irrumpe improvvisamente Bkiharout alzandodsi in piedi. La sua voce rimbombò nella sala come se l'avessero gridata molte voci. "Dobbiamo dirgli la verità, Raphael! Non possiamo nascondergli tutto quanto... È inutile giocare con questi rompicapi... Nahel ha il diritto di sapere la verità su me, te e sui Cavalieri del Drago Nero..." "La verità!?" domandò Nahel. "Quale verità!?" Ci furono alcuni secondi di silenzio. Nahel fissava i due, fremente per l'attesa e ansioso. Cosa succedeva? "Lo abbiamo giurato, Bkiharout! Lo abbiamo giurato al Magister! Conosci la leggenda! Il segreto non può essere rivelato!" "Raphael, non c'è più spazio per i segreti ormai!" replicò Bkiharout, "Lui, e lui soltanto al momento della tempesta è riuscito a prendere in mano la spada, e questo non può essere che un segno! Il tempo del consilium ultimum è vicino, e se non facciamo qualcosa non esisterà più nessuna leggenda, nessun segreto da mantenere! Capisci questo?". Raphael si fece piccolo piccolo di fronte all'ombra minacciosa di Bkiharout che sembrava riempire tutto la stanza in cui si trovavano. "E sia, Bkiharout. Ma sarai tu a iniziare il racconto". Nahel era sempre più sbigottito. "Insomma! Di cosa state parlando?!"
CAPITOLO IX
Bkiharout si sedette sul pavimento polveroso e invitò i due a fare lo stesso. Poi cominciò a raccontare: "Devi sapere Nahel, che questi 3 oggetti sono appartenuti in antichità ad una sola persona. Per molti questo era un Santo, per altri un Cavaliere, altri lo chiamavano Arcangelo, altri non gli davano un nome ma temevano la sua fama. Non si sa quando sia nato ne che fu di lui... La sua storia, o forse leggenda, affonda in secoli nei quali non esisteva scrittura, forse nemmeno la parola. Si sa poco. Si sa solamente che egli compariva dove serviva aiuto. Bastava che un cuore puro pensasse a lui e lui giungeva a porgere l'aiuto di cui realmente si aveva necessità. Molti lo temevano per questo. Ricordi cosa hai letto hel foglio nel medaglione?
Se l'occhio è sviato non è in grado di vedere. Col valore, il timore e la speranza tutto è possibile. Ma se il diamante non è nel tuo cuore... guai a te.
Non l'avevo mai sentito ma tutto ora mi è chiaro. L'occhio sviato è colui che ha intrapreso un sentiero non retto. Valore, timore e speranza sono in nostro possesso. Spada è il valore, Scudo il timore, Medaglione la Speranza. Nessuno è mai stato in grado di usare questi oggetti. Erano per tutti troppo pesanti, ingestibili. Il diamante, la purezza, non era evidentemente nel loro cuore. Tanti sono quelli che nel desiderio di usarli sono scomparsi inspiegabilmente... Così come è scomparso l'unico che fu in grado di usarlo. Nessuno sa che fine fece il Santo. C'è chi dice che un giorno posò le armi e scomparve, ma non sappiamo esattamente. Una cosa è certa. Non esiste una sola persona in grado di usare i 3 oggetti assieme. Io sapevo di poter usare lo scudo..." Raphael disse:"Io posso usare il ciondolo...io SO come usarlo"...La ragazza riprese:" Ma non sapevamo chi fosse in grado di brandire la spada. I tre oggetti non possono esistere separatamente perciò cercavamo il terzo uomo... o donna" disse sorridendo. Raphael disse:"Ma ora è giusto che ti parliamo dei Cavalieri del Drago Nero, Nahel". "Forza Raphael," disse Bikiharuot, "ora tocca a te". "Mi chiedi di rinnovare un dolore indicibile, ma lo farò". "Il possessore dei tre oggetti, forse perché già sapeva quando e perché doveva andarsene dalla vista dei mortali, scelse con cura tre amici. I loro nomi erano, secondo la leggenda, Menadel, Lehaiah e Nashira. Non si sa con quali criteri questi furono scelti; non si conosce quanti anni avessero nè da dove venissero. Ma sappiamo che il Possessore li istruì forse per prendere un giorno il suo posto. E così avvenne. I tre giovani passeggiavano sulla riva di un lago quando videro luccicare qualcosa in mezzo all'erba; Menadel, il più coraggioso e il più forte dei tre, si avvicinò per primo. A terra c'erano le vesti del loro Maestro, e una cassa, con dentro i tre oggetti disposti in fila. Menadel si voltò verso i suoi compagni e gridò loro di avvicinarsi, e questi corsero da lui. " - Cosa significa tutto ciò? - disse Nashira, la ragazza del gruppo. - Guardate, c'è un incisione sul legno della cassa - disse Lehaiah, l'unico che tra i tre era in grado di leggere - tutto scorre, chi sta fermo è perduto. Tieni alto il tuo cuore ed apri le tue mani, afferra ciò che resterà e brillerà il sole tra le tue mani -. Menadel si chinò, respirò il profumo rimasto tra le vesti del Possessore, ed afferrò con decisione la spada. Nashira prese lo scudo. Lehaiah il medaglione. Ed ecco, una grande Luce li avvolse, e al centro del lago s'innalzò un magnifico esemplare di uccello, simile ad un colombo... QUESTO" disse Raphael indicando il colombo appollaiato sulla sua spalla. "Si chiama Auros... Alcuni sostengono che questo colombo contenga lo spirito del Possessore degli Oggetti, ma le leggende non sono mai chiare e le antiche profezie sul suo conto sono altrettanto infarcite di stupidaggini di poco conto... Quel che è certo è che questo colombo che noi chiamiamo Auros vi segue da quando avete intrapreso il vostro viaggio in Brasile, quando l'avete scambiato per un cavallo volante... La forma di Auors infatti non è mai chiara e solitamente è visibile solo all'alba, come oggi ad esempio..." Auors fece schioccare il becco con una velocità tale che Raphael s'interruppe. "Il canto di Auros - quello che avete sentito poco fa - può essere udito solo dai tre Possessori degli oggetti... Auors è sicuramente il Diamante di cui parlava la pergamena contenuta dentro il medaglione, quella di cui mi avete parlato prima... Auros è il Diamante contenuto nel cuore di ciascuno, perciò il suo aiuto è indispensabile per concludere il viaggio." "Ma perchè vi conoscevate?" domandò Nahel. "Perchè non mi avete detto niente... Perchè TU non mi hai mai detto niente!? Mi hai portato qui apposta...!" disse indicando Bkiharout. "Non ti ho detto niente perchè il Magister - un Sinedrio di Cavalieri Bianchi - protegge i segreti riguardo ai tre Oggetti. Gli Oggetti sono stati conservati nella cassa per secoli dai membri del Magister. Io - Bkiharout - sono stata assoldata dal Magister per trovare gli altri due Possessori. Ho trovato Raphael qualche mese fa e gli ho promesso di tornare con te. Auors - infatti - volava d'innanzi a me posandosi su coloro che erano Predestinati. Per questo sono riuscita a trovare anche te, quando hai alzato la spada: Auros mi aveva annunciato la tua presenza! Purtroppo durante una tempesta - voluta certamente dal Re del Drago Nero - è affondato il vascello sui cui avevo seguito Nahel e su cui avevo imbarcato i tre Oggetti. Il destino ha voluto che Nahel fosse stato il primo a trovare la cassa e ad impugnare la spada. Ho preso giusto in tempo lo scudo quando - d'un tratto - il Medaglione si è aperto e siamo venuti qui per compiere il nostro destino..."
"Ma quale destino!?" urlò Nahel. "Nahel, ora acoltami", disse Bkiharuot, "a ragione sei arrabbiato con me; sei finito nel bel mezzo di un vortice, e non puoi uscirne. E io non ti ho spiegato, non potevo spiegarti nulla! Siamo legati al Magister, Nahel. Non possiamo rivelare a nessuno il segreto di questi oggetti. Ma l'anno scorso il portatore della spada ci tradì; Kayel, si chiamava. Rubò, mentre io e Raphael dormivamo, gli Oggetti, e lì portò al Sinedrio dei Cavalieri Neri. Da quel giorno infausto, non potemmo avere pace. Tutto il Sinedrio dei Cavalieri Bianchi si mobilitò, ma senza successo. Non c'era traccia di quegli Oggetti. Vedi, Nahel, la Spada, lo Scudo e il Medaglione, rappresentano tutto quanto c'è di buono e bello a questo mondo: la Spada è la forza, il coraggio, l'ardore; lo Scudo è l'altruismo, la prudenza, la pazienza; il Medaglione è la speranza, la fede, la gioia, la libertà. Non possono esistere se non insieme, e non possono morire se non insieme. Il Male, i Cavalieri Neri, se ne impossessarono...E se questi Oggetti fossero stati distrutti, sarebbe arrivato il Consilium Ultimum; il Male avrebbe trionfato su quanto c'era di buono al mondo, e il mondo si sarebbe autodistrutto. Guarda questa città, Nahel; ormai non è che una landa desolata. E' segno che i Cavalieri Neri cercano gli Oggetti, e cercano noi. E visto che non possiamo più contare sull'aiuto dei Cavalieri Binachi, perché abbiamo rivelato il Segreto a te, siamo solo noi tre, i Prescelti, che dovranno lottare per far trionfare il Bene, per far vincere l'Amore". "Non puoi tirarti indietro, Nahel", disse Raphael, "Se ci lasci adesso, ogni speranza sarà perduta. Noi crediamo in te. C'è un Disegno, tracciato a fili d'oro sulla nostra vita; a te ora la scelta se seguire questo Disegno... o scegliere di andare per la tua via. Sei libero; ma una delle due strade, è la vera libertà. La libertà non pensa solo a sè, non cerca il proprio tornaconto. Libertà, Nahel, ci sta chiamando!". Tese la mano, e Bkiharout mise la sua mano sopra quella levata a mezz'aria di Raphael. Nahel attese, in silenzio; troppe cose gli erano piombate addosso insieme; lui era un ragazzo normale... e chissà dov'erano i suoi amici adesso. Forse anche loro erano stati rapiti... Cosa ne sarebbe stato dei suoi sogni? Delle sue speranze? Nahel sollevò piano la mano e la posò su quella dei due amici. "Mio padre mi voleva commerciante. Mia madre mi voleva contadino. Io avevo solo sogni. Ma la vita non è niente se non hai un ideale che ti guida. Ci sono tante cose che non capisco... ma io sono con voi". I tre sorrisero, e Auros si posò sulle loro mani. Il Disegno si andava tracciando.
CAPITOLO X
Lo sguardo si sposta rapidamente dalla cima dei monti verso la vallata boscosa. La luna sale lentamente dalla cima più alta del sistema montuoso che protegge questa conca naturale. Tra gli alberi fitti si apre uno spazio disboscato difficilmente raggiungibile per chi si avventurasse per la prima volta nell'ambiente selvaggio. La luna illumina li dei triliti posizionati a semi cerchio. Nella zona centrale di questa un'enorme pietra, posizionata come un altare, funge anche da architrave di una scala di roccia che scende nel ventre di questo strano spazio. Un uomo, in armatura, scende queste scale, passa sotto l'altare e scompare alla vista di altre quattro persone che aspettano all'ingresso di quest'area. Due di essi reggevano due torce mentre gli altri due, all'inizio di questa scala attendevano che il primo di loro tornasse tra loro. Una piccola scossa di terremoto li sorprese. Subito dopo, il loro amico sceso nella terra, tornò in superficie mentre una lastra di pietra usciva da sotto l'altare e andava a chiudere l'ingresso della scala. L'uomo in armatura fece in tempo a fare l'ultimo passo che la scala alle sue spalle fu sigillata da una roccia nera. Vhinmor ì, il cavaliere disse: "So cosa devo fare". Detto questo si allontanò con gli altri 4. "Allora? Che cosa ti è stato detto?" domandò uno dei 4. "L'Oracolo è stato molto chiaro" tagliò corto Vhinmor. "Non c'è nient'altro da dire..." "Oho, insomma, basta!" irrupe il più giovane dei cavalieri. "Sono tre notti che veniamo qui e ancora non ci hai informato di NIENTE!" "Gli ordini dell'Oracolo sono sempre stati molto chiari" rispose Vhinmor con pacatezza, "sarebbe sciocco non seguirli alla lettera" "Gli ORDINI DELL'ORACOLO!?" canzonò l'altro cavaliere. "E da quando l'Oracolo osa darci degli ORDINI!?" "Pazienta ancora un pò, Aspide" sussurrò Vhinmor al cavaliere più giovane. "Finora i suoi suggerimenti sono sempre stati molto chiari e... non hanno mancato di essere corretti, col tempo..." "Sì!" tuonò Aspide con impazienza. "Ma finora sei soltanto TU a sapere che COSA ti ha detto!!!" "È solo questione di... TEMPO..." disse Vhinmor con un ghigno compiaciuto. "Tutto a suo tempo verrà rivelato... E ora, sbrighiamoci a cercare quello che serve...! L'Oracolo... ha FAME!" L'Oracolo ha parlato: "Se vogliamo che il male trionfi, che il nostro capo torni alla vita per regnare in eterno su questa terra, dobbiamo creare degli oggetti magici, che ci permettano di sconfiggere i Prescelti della luce....e mi ha spiegato come fare". Detto questo, indicò ai suoi compagni la città che si stendeva ai piedi della montagna su cui si trovavano e che avevano raggiunto dulle groppe di quattro agili destrieri. "Il sangue di un cuore puro darà potenza alla spada nera, la paura di un cuore puro darà forza allo scudo nero, la reclusione di un cuore puro darà forza al medaglione nero. Violenza, paura, reclusione, daranno vita al Male".
CAPITOLO XI
La luna piena è a perpendicolo sulla vallata agitata da mille fiammelle. Ogni fiamma è la luce di una torcia tra le mani di un uomo. Sono tanti gli uomini che tra i rami della foresta oscillano all'unisono pronunciando parole, o meglio suoni, che verranno presto dimenticati. Le fiamme, viste dall'alto, formano cerchi concentrici in cui, il più interno, incornicia di una luce arancione l'altare in pietra, al centro dell'area delimitata da dei triliti, terminati di costruire poche ore prima. Tutti attendono qualcosa, invocando e cantando... La valle trema sotto un'unica enorme voce. E' allora che una luce fortissima cade dal cielo sino all'altare e scomparendo nelle viscere della terra. Subito, in uno schianto, la scalinata scavata nella roccia, viene sigillata da una pesante lastra nera e sull'altare resta una cassa in legno. Tutto questo avviene in un lampo con un tuono assordante. E' allora che Nahel si sveglia di soprassalto dal suo sogno. Nahel si guardò intorno; la casa in rovina cigolava terribilmente sotto la potenza del vento che soffiava forte sulla terra, e la pioggia entrava nella stanza da un'apertura nel tetto e picchiettava furiosa sul pavimento ora fangoso. Bkiharuot dormiva accanto a lui, raggomitolata per evitare che il suo corpo disperdesse troppo calore nel freddo della notte. La sua pelle color avorio brillava sotto la luce fioca della luna che le nuvole benignamente lasciavano passare. Nahel le sfiorò piano una guancia e sorrise. Raphael era di poco distante; riposava su un fianco, con la faccia rivolta verso il muro. Nahel ascoltava il suo respiro lento. Poi ad un trattò ripensò al suo sogno; una foresta, una lunga processione di uomini che portavano delle torcie nelle loro mani... antichi carmina mormorati all'unisono... una antica costruzione di pietra. Un forte rombo, una luce intensa, una cassa di legno. E poi più nulla. Si prese la testa fra le mani; l'umidità, il freddo, il brusco risveglio e il repentino cambiamento che la sua vita aveva subito nel giro di poche ore lo avevano annientato. Sospirò. Si sentiva solo e abbandonato; era facile parlare per Bkiharout e Raphael, ma lui? Un macigno gli era piombato addosso, e andare via era come nuotare contro la corrente di un fiume in piena; inutile, oltre che impossibile. Provò un senso di rancore nei loro confronti. Cosa voleva mai dire quello strano sogno? O... forse non era un sogno. Forse era una visione. Aveva studiato, e sapeva che nell'antichità i popoli erano soliti fare dei riti religiosi simili. Senza rendersene conto aveva esposto ad alta voce le sue riflessioni interiori. Quando si voltò vide Bkiharout che lo osservava con aria preoccupata e allo stesso tempo curiosa. "Nahel.... tutto bene?". "Benissimo" rispose gelido, "non potrebbe andare meglio". Si girò dall'altra parte, dandole le spalle e simulò un sonno pesante e sereno. Bkiharout, ferita, rimase accanto a lui e continuò a fissarlo; si tolse il mantello di lana leggera che portava e glielo mise addosso. Si distese vicino a Raphael, e si riaddormentò. Nahel sapeva di averla ferita, ma non poteva farci nulla. Il tradimento, quella sensazione di essere stato usato per i loro scopi. Poteva forse dimenticarli in un istante solo perchè la situazione lo richiedeva? Era un essere umano, e come tale non poteva certo sottrarsi alle emozioni degli esseri umani. E poi....c'era quel sogno...o visione, chi lo sa. Continuava a chiedersi che cosa significasse! Sospirò e decise di tentare di dormire. Probabilmente Bkiharuot avrebbe capito, e la luce del sole del giorno seguente avrebbe riscaldato i loro animi afflitti e tormentati. Stava per prendere sonno quando un lampo illuminò di una luce fortissima tutto il luogo in cui si trovavano; tutti e tre si destarono bruscamente. "O Gesù..." mormorò Raphael. La porta era stata scardinata, e una figura oscura e incappucciata, a tratti illuminata dagli stralci di luce dei lampi, incombeva su di loro. "Chi sei!" urlò Nahel impugnando velocemente la spada al suo fianco. La figura incapucciata non rispose, si levò il cappuccio che le ricopriva il capo e svelò il volto di una giovane ragazza mora, dalla carnagione pallida. Aveva gli occhi chiusi, come se stesse meditando; una benda nera le copriva la fronte e raccolgieva i capelli in una treccia dietro la testa. Con una voce noncurante per situazione che le si presentava davanti, disse: "Sono l'Oracolo. Vi stavo cercando... e sapevo dove trovarvi..."
CAPITOLO XII
L'Oracolo si precipitò nella stanza e prese al collo il piccolo Raphael che si svegliò di soprassalto e inizio ad agitarsi. L'Oracolo minacciò gli altri :"Se non mi darete tutte le armi in vostro possesso il piccolo Raphael se la vedrà brutta!". I due giovani furono molto scossi dalle sue parole e gli chiesero cosa volesse, intimarono di lasciar andare il giovane, ma non ottennero risposta. Nahel fece per scagliarsi contro la figura femminile che disse"Fermati eroe! O ti fermi e mi dai la tua spada" e Nahel urlò subito "NO!". La giovane donna proseguì..."O mi dai l'arma o il piccolo Raphael... inizierà a ridere da non poterne più...sino alle lacrime!". Tutti furono perplessi ma Nahel decise di scagliarsi sulla ragazza che evitò il colpo distorcendosi come fosse di gomma. "Avete molto da imparare", disse la donna che iniziava a cambiare d'aspetto e diventava sempre più simile ad un grande coniglio bianco. Tutti continuarono a guardare inorriditi. "Non sempre ciò che vedete è la realtà delle cose". La ragazza-coniglio lasciò andare il ragazzo e cominciò a saltellare ridendo. Ogni salto si rimpiccioliva sino a diventare un coniglietto bianco. L'ultimo salto la porto a diventare una colomba che volò verso il centro della stanza e esplose in mille colori come un fuoco d'artificio. Sentirono bussare alle loro spalle e girandosi videro un vecchio sorridente, dallo sguardo bonario che disse..."Piacere, sono il Mago Balhil e sono qui per aiutarvi. Tutto bene piccolo?". Raphael, che era rimasto in volo non sorretto da nessuno, fu calato lentamente a terra. Tutti non sapevano che dire. "Ohohoh, bene bene, vediamo cosa abbiamo qui...", soggiunse Balhil dopo averli osservati silenziosamente,"tre ragazzini, un piccione spennacchiato... E che possa diventare una fata se mi sbaglio, ci sono anche gli Oggetti... E io che credevo fosse solo una assurda leggenda...". Nahel non aveva mai smesso di tenere in pugno la spada da quando quella strana figura aveva aggredito Raphael. Teneva in mano così saldamente l'impugnatura della favolosa arma che il sangue nella mano non circolava più. Era madido di sudore e rabbioso. "Chi sei tu che sei penetrato con la violenza in questo luogo? Che cosa..." "Taci, ragazzo" disse il mago, diventato improvvisamente serio. "Ora vi chiedo solo una cosa: fidatevi di me. Dobbiamo andarcene da questa capanna lurida, e in fretta". "Come sarebbe?" disse Bkiharuot. "Si, penso che tu ci debba almeno delle spiegazioni, soprattutto circa..." "...circa quella specie di COSA che prima mi stava per ammazzare!" completò Raphael ancora terrorizzato. "Ah, ragazzo mio... se hai avuto così tanta paura di quello non andrai lontano. Era solo un piccolo espediente per vedere se veramente avevo trovato ciò che cercavo. Si tratta di una ridicola creatura che prende la forma degli ultimi sogni che una persona ha fatto. Qualcuno di voi ha sognato un coniglio bianco - penso fosse il tuo sogno, ragazza -, un altro ha sognato una colomba - penso tu abbia sognato il tuo piccione spennacchiato, ragazzino - ma mi chiedo... io non avevo previsto l'Oracolo...". Tutti si volsero verso Nahel.
CAPITOLO XIII
Nel frattempo, nel paese di Molto Molto Lontano... succedeva una storia che non stiamo qui a raccontare... Il mago Balhil disse: "Va bene, va bene, non è questo il momento di parlare di queste tristi faccende...questo è il momendo di spostarci di qua! "Ma dove potremmo andare" disse il piccolo Raphael "non abbiamo un luogo sicuro...". Ed il Mago "Abbiate fiducia in me..." e detto questo si girò e si incamminò sperando gli altri lo seguissero. Bkiharuot fu la prima a seguirlo; prese il suo mantello, la sua borsa di cuoio e il magico Scudo, e uscì dalla lurida abitazione pericolante che forse per miracolo aveva resistito alle intemperie per proteggerli in quella notte. A seguito anche Nahel e Raphael si mossero e raggiunsero il mago sulla via che conduceva fuori dal villaggio, verso la foresta del Grampiah. Il mago si appoggiava sul suo bastone di biancospino, finemente lavorato, che sosteneva tutto il peso della sua anzianità. Nahel seguiva la fila che si era venuta a creare e bisbigliò tra se e se una domanda che era probabilmente sulla bocca di tutti: "Ma dove vogliamo andare con questo vecchietto che stenta a reggersi in piedi?". Fu in quel momento che il vecchio Balhil scomparve alla vista della strana carovana. Tutti si bloccarono immediatamente per la sorpresa e sobbalzarono quando alle spalle di Nahel il vecchio mago disse "Le cose non sono mai come appaiono". Si voltarono tutti per guardare da dove provenisse questa voce e si sorpresero di trovare il vecchio alle loro spalle, con uno sguardo divertito, col nodoso bastone sospeso sulla testa del giovane Nahel col quale gli diede prontamente un colpetto sulla testa. "Segui il cuore, non gli altri sensi". Detto questo scomparve nuovamente per portarsi alla testa della carovana che stentò a seguirlo. "Volete seguirmi o no? Forza" fu ciò che l'arzillo mago disse voltandosi divertito.
Camminarono per lungo tempo fino a che la stanchezza concesse loro di spostarsi nell'intricata foresta. Sul calar della sera, si sedettero tutti ai piedi di un vecchio albero, e mentre Bkiharuot e Raphael andavano a caccia di qualche coniglio per cenare, Nahel tentava disperatamente e senza successo di accendere un focolare sul terreno fradicio, mentre il vecchio mago lo guardava da sotto il suo cappuccio ridacchiando. "Certo che potresti anche renderti utile, visto che sei un mago", disse acido. Il vecchio continuò a ridacchiareper un po' incurante della frecciatina di Nahel, poi la sua mente cominciò a vagare per altri pensieri.
CAPITOLO XIV
Era ormai notte inoltrata; il freddo e l'umido penetravano nelle ossa della compagnia mentre il vento sopra le loro teste si agitava gagliardo non riuscendo a penetrare davvero le fronde degli alberi dalla millenaria foresta. Tutto ad un tratto, Bahlil si svegliò con un sussulto e gridò:"VIA DI QUA, ADESSO!". Tutti si svegliarono di soprassalto cercando di capire quale fosse il motivo di tanto spavento. La giovane ragazza, ancora temante, si era messa a sedere con i capelli che le coprivano disordinatamente le spalle e gli occhi sgranati. Guardava dietro di loro ma non un punto preciso. Gli occhi sembravano più grandi di quanto potessero esserlo nella realtà, il loro colore era interamente perlaceo e rilucevano di un colore simile a quello della luna. Solo il mago si rese conto che la mano sinistra della ragazza posava sullo scudo. Il viso della ragazza era impassibile, quasi cupo. Nahel chiese: "Che succede?". Il mago prontamente rispose "Zitto, ascoltiamo quello che tramite lei ci viene detto. Dobbiamo capire da chi vengono queste parole... ma soprattutto da quando". I due ragazzi si guardarono perplessi ma stettero in silenzio ed in attesa che la ragazzao chi attraverso di lei, parlasse di nuovo.
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Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo, quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare; quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro; quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento; quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare; quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare; quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi; quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona. Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati. Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano, e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
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Jun 2 2009, 04:39 PM
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E PATABUUUUMMMMM.... Un'esplosione atomica distrusse tutto.... The End
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Signore, quando ho fame, dammi qualcuno che ha bisogno di cibo, quando ho un dispiacere, offrimi qualcuno da consolare; quando la mia croce diventa pesante, fammi condividere la croce di un altro; quando non ho tempo, dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento; quando sono umiliato, fa che io abbia qualcuno da lodare; quando sono scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare; quando ho bisogno della comprensione degli altri, dammi qualcuno che ha bisogno della mia; quando ho bisogno che ci si occupi di me, mandami qualcuno di cui occuparmi; quando penso solo a me stesso, attira la mia attenzione su un’altra persona. Rendici degni, Signore, di servire i nostri fratelli Che in tutto il mondo vivono e muoiono poveri ed affamati. Dà loro oggi, usando le nostre mani, il loro pane quotidiano, e dà loro, per mezzo del nostro amore comprensivo, pace e gioia.
Madre Teresa di Calcutta
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